Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30305 del 20/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 20/11/2019, (ud. 19/06/2019, dep. 20/11/2019), n.30305

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2042-2018 proposto da:

G.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI VALERI 1,

presso lo studio dell’avvocato MAURO GERMANI, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante in proprio e quale procuratore

speciale della SOCIETA’ DI CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI I.N.P.S.

(S.C.C.I.) S.p.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto

medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati CARLA D’ALOISIO,

ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE, GIUSEPPE MATANO,

ESTER ADA VITA SCIPLINO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1250/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 03/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. CAVALLARO

LUIGI.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza depositata il 3.7.2017, la Corte d’appello di Roma ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva rigettato l’opposizione proposta da G.A. avverso tre cartelle esattoriali con le quali gli era stato richiesto di pagare all’INPS contributi dovuti alla Gestione commercianti;

che avverso tale pronuncia G.A. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un motivo di censura;

che l’INPS ha resistito con controricorso;

che è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con l’unico motivo di censura, il ricorrente denuncia violazione della L. n. 662 del 1996, art. 1, commi 203 e 208, per avere la Corte di merito deciso la causa disattendendo i principi formulati in tema di doppia iscrizione dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 3240 del 2010;

che, al riguardo, la Corte di merito ha dato atto della sopravvenienza della norma di interpretazione autentica contenuta nel D.L. n. 78 del 2010, art. 12, comma 11 (conv. con L. n. 122 del 2010), e della sua necessaria applicazione retroattiva anche ai contributi maturati prima della sua entrata in vigore, per come parimenti affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte con sentenza n. 17076 del 2011;

che, non misurandosi in alcun modo il ricorso con l’anzidetta motivazione, l’impugnazione va dichiarata inammissibile, essendosi consolidato il principio di diritto secondo cui, nel ricorso per cassazione, il vizio della violazione e falsa applicazione della legge di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deve essere, a pena d’inammissibilità, dedotto non solo con l’indicazione delle norme di diritto asseritamente violate ma anche mediante la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità, così da prospettare criticamente una valutazione comparativa fra opposte soluzioni, non risultando altrimenti consentito a questa Corte di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione (Cass. nn. 16038 del 2013, 287 del 2016, 18557 del 2019);

che le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo;

che, in considerazione della declaratoria d’inammissibilità del ricorso, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 2.200,00, di cui Euro: 2.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 19 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 novembre 2019

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