Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30298 del 30/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 30/12/2011, (ud. 02/12/2011, dep. 30/12/2011), n.30298

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GOLDONI Umberto – Presidente –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

Dott. PROTO Cesare Antonio – rel. Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

P.A.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIALE GIULIO CESARE 14, interno 4, presso lo studio

dell’avvocato PAFUNDI GABRIELE, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato DOTTA MARCO, giusta mandato a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI GAGLIANICO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 196/2010 del TRIBUNALE di BIELLA del 3.3.2010,

depositata il 04/03/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

02/12/2011 dal Consigliere Relatore Dott. CESARE ANTONIO PROTO;

udito per la ricorrente l’Avvocato Gabriele Pafundi che si riporta

agli scritti;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. IMMACOLATA

ZENO che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. il relatore nominato per l’esame del ricorso ha depositato la seguente relazione:

Osserva in fatto:

P.A.M. proponeva ricorso, davanti al GdP di Biella avverso un verbale di accertamento di infrazione della Polizia Municipale di Gaglianico per violazione dell’art. 41 C.d.S., comma 11 (Superamento del limite di arresto all’accensione della luce semaforica rossa) e dell’art. 146 C.d.S., commi 3 (sanzioni per la prosecuzione della marcia nonostante la segnalazione semaforica di divieto) e 3 bis (reiterazione della violazione nel biennio).

Il GdP annullava il verbale di accertamento per vizi della notifica del verbale e il Comune di Gaglianico proponeva appello che, nella resistenza di parte appellata, era accolto dal Tribunale di Biella con sentenza depositata il 4/3/2010.

P.A.M. propone ricorso per Cassazione fondato su sei motivi.

Osserva in diritto:

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce il vizio di omessa o carente motivazione e la violazione della L. n. 689 del 1981, art. 23 degli artt. 320, 342 e 112 c.p.c., in relazione alla declaratoria di inammissibilità dei motivi sub 2), 3), 6), 8), 9), 10), e 11) del ricorso introduttivo, proposti in appello, ma ritenuti solo astrattamente e genericamente enunciati in primo grado, in violazione del principio di specificità del motivi di opposizione.

Nella censura si richiama l’art. 342 c.p.c. che riguarda la forma dell’appello e non riguarda la norma applicata dal giudice di appello, che è l’art. 345 c.p.c. (relativa alle domande ed eccezioni nuove in appello), che invece non viene indicata tra le norme violate.

Nella censura si assume che sarebbe stato violato l’art. 112 c.p.c. per la violazione del principio della corrispondenza tra la domanda e la pronuncia, ma la censura è infondata perchè la domanda è stata esaminata e, proprio perchè esaminata, ritenuta inammissibile in quanto domanda nuova.

Si assume che la motivazione con la quale il giudice di appello ha dichiarato inammissibili i suddetti motivi di opposizione sarebbe illogica perchè “la difesa della P.A. ben conoscendo il contenuto delle censure svolte nei vari ricorsi in opposizione, non ha mai ritenuto che le predette omissioni potessero costituire una violazione del proprio diritto al legittimo contraddittorio” e che la difesa del Comune aveva preso posizione sui motivi di opposizione ritenuti inammissibili in quanto generici.

Il motivo è inammissibile: il giudice di appello ha rilevato che i motivi di opposizione sub 2), 3), 6), 8, 9), 10) e 11, in primo grado erano stati enunciati astrattamente e genericamente e che pertanto il ricorrente non aveva assolto l’onere di specificare i motivi di opposizione.

Il giudice di appello ha infatti rilevato che i motivi di opposizione suddetti erano stati esposti nei seguenti termini:

2) violazione e falsa ed erronea applicazione dell’art. 384 disp. att. C.d.S., lett. b) in combinato con il disposto dell’art. 201 ter C.d.S. come novellato dal D.L. n. 151 del 2003. Difetto di motivazione;

3) violazione e falsa applicazione del Decreto del Direttore Generale Motorizzazione n. 3458 del 15.12.2005 omologante i documentatoti fotografici di infrazione T-RED;

6) violazione e falsa applicazione della L. n. 241 del 1990, come integrata e modificata dalla L. n. 15 del 2005, in combinato disposto con gli artt. 11 e 12 C.d.S.. Illegittimità della procedura di acquisizione dei dati. Violazione e falsa applicazione del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 – Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, nonchè del D.Lgs. 07 marzo 2005, n. 82 – Codice dell’amministrazione digitale;

6) violazione e falsa applicazione dell’art. 41 C.d.S., commi 10 e 11 in relazione all’art. 146 C.d.S., comma 3.

9) violazione e falsa applicazione del D.L. 20 giugno 2002, n. 121, art. 4 convertito dalla L. n. 168 del 2002, in combinato disposto con l’art. 201 C.d.S., commi 1 bis e ter. Violazione e falsa applicazione del D.L. 20 giugno 2002, n. 121 anche sotto altro profilo.

10) inidoneità nonchè illiceità della cartellonistica stradale e in particolare sull’eccesso di potere per la violazione dei principi generali di imparzialità correttezza e trasparenza dell’azione amministrativa. Violazione e falsa applicazione del combinato disposto normativo di cui all’art. 39 C.d.S. e art. 131 disp. att. C.d.S..

11) violazione e falsa ed errata applicazione della L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 3, comma 149. Violazione e falsa ed errata applicazione del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 63, illegittimità del verbale anche sotto altro profilo.

La ricorrente, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso trascura di indicare come sarebbero stati precisati e integrati i motivi che, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di appello dovrebbero essere ritenuti ammissibili, così che questa Corte non è neppure in grado di comprendere l’oggetto dell’opposizione fermo restando che i motivi indicati in ricorso e come sopra ritrascritti dal giudice di appello, non sono idonei a far comprendere come, in concreto, la P.A. sarebbe incorsa nelle suddette violazioni e quale sarebbe la loro rilevanza rispetto alla violazione contestata. Per il resto, il giudice di appello si è conformato, con decisione immune da censura, al principio ripetutamente affermato da questa Corte, per il quale il giudizio d’accertamento della pretesa sanzionatoria dell’amministrazione, introdotto col ricorso in opposizione, ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 22, è delimitato, infatti, per l’opponente, dalla causa petendi (che resta individuata dai motivi di opposizione), fatta valere con quel ricorso, e, per l’amministrazione, dal divieto di dedurre motivi o circostanze, diversi da quelli enunciati con l’ingiunzione, a fondamento della pretesa sanzionatoria (v. Cass. n. 17625/07, n. 6519/05, n. 6013/03 e n. 14320/01). In conclusione deve ritenersi l’inammissibilità del motivo.

2. Con il secondo motivo si censura il vizio di motivazione laddove il giudice ha posto fondamento della propria decisione la descrizione dell’iter di notifica descritto dal Comune di Gagliano in quanto non contestata; si assume che mai parte ricorrente avrebbe esplicitamente ammesso che la descrizione da parte del Comune di Gagliano dell’iter procedimentale di notifica corrispondesse al vero.

Con riferimento alla contestazione della ritualità della notifica, il giudice di appello ha rilevato, in fatto, che:

la controversia s’incentra tutta sulla validità o meno della procedura in concreto adottata, in ragione del fatto che il funzionario accertatore si è limitato a redigere la relazione di notificazione, dichiarando di notificare l’atto a mezzo del servizio postale tramite raccomandata con avviso di ricevimento alla data risultante dal timbro postale, ma poi non ha compiuto direttamente l’attività descritta dalla L. n. 890 del 1982, art. 3, commi 2 e 3 cui pure rinvia l’art. 201 C.d.S., ma ha inviato ad una società privata per via telematica copia del verbale di contestazione e dell’allegata relazione di notificazione, lasciando che quest’ultima procedesse alla stampa, all’imbustamento e alla presentazione degli atti presso gli uffici postali per la notificazione a mezzo posta…

ha particolarità è data dal fatto che, come sopra evidenziato, il funzionario accertatore, pur redigendo la relazione di notificazione, si è tuttavia avvalso di un ausiliario privato per presentare all’ufficio postale l’atto da notificare e per compiere gli adempimenti preliminari alla presentazione (pagg. 7 e 8 della sentenza)… l’ufficio postale ha provveduto ad eseguire la notificazione nelle forme di legge e, per quanto riguarda l’interesse dell’agente notificatore, è documentalmente provato (e incontestato) che la presentazione dell’atto all’ufficio postale per la notifica è stata effettuata, con la conseguenza che l’agente accertatore può in questo modo dare prova dell’avvenuta spedizione (pag. 9). Su questa premessa in fatto il giudice di appello ha fondato la propria decisione ritenendo che la notifica non fosse nulla e che, comunque, l’ipotetica nullità sarebbe stata sanata dal raggiungimento dello scopo. Il giudice di appello ha dunque verificato che la notifica non venne effettuata tramite un’ agenzia privata di recapito (il che ne avrebbe comportato la nullità: v. Cass. 11095/08), ma dall’Ufficio postale, ossia dal fornitore del servizio universale (v. D.Lgs. n. 261 del 1999), al quale la legge ha riservato gli invii raccomandata attenenti alle procedure amministrative e giudiziarie e ha rilevato che la notifica fu correttamente eseguita tramite raccomandata con avviso di ricevimento.

Tali modalità di notifica, poste a fondamento della decisione di appello non risultano mai contestate dal ricorrente che, invece, tardivamente contesta altri vizi (v., in particolare le censure di cui ai punti b e e del motivo) attinenti alla formazione del verbale di contravvenzione senza indicare con quali modalità nel giudizio di primo grado tali vizi sarebbero stati contestati (tanto che le ulteriori censure sono state considerate contestazioni nuove e quindi inammissibili in appello) così violando il principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione. Il motivo è pertanto infondato.

3. Con il terzo motivo si censura la sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 201 C.d.S., art. 385 re. Esec. C.d.S., artt. 148 e 149 c.p.c..

Il ricorrente lamenta che erroneamente il giudice di appello avrebbe ritenuta corretta la procedura notificatoria, mentre la notifica sarebbe inesistente perchè la formazione del verbale sarebbe avvenuta ad opera di altro soggetto diverso dall’agente accertatore e comunque sarebbe stata illegittima la trasmissione del verbale per flusso telematico alla società incaricata della notifica.

Il motivo è inammissibile per le stesse ragioni per le quali è inammissibile il motivo sub 2: vengono dedotte censure che attengono ai vizi non dedotti con l’opposizione.

4. Con il quarto motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 200 C.d.S., comma 1 e art. 201 C.d.S. in quanto il giudice di appello non avrebbe rilevato la nullità dell’accertamento per mancata contestazione immediata dell’infrazione e per la mancata presenza degli agenti accertatori presso l’apparecchio di rilevamento.

La censura è manifestamente infondata.

Questa Corte ha già chiarito che “l’indicazione nel verbale notificato di una delle ragioni tra quelle indicate dall’art. 384 reg. esec. C.d.S., che rendono ammissibile la contestazione differita dell’infrazione, rende “ipso facto” legittimo il verbale e la conseguente irrogazione della sanzione, senza che, in proposito, sussista alcun margine di apprezzamento, in sede giudiziaria, circa la possibilità concreta di contestazione immediata della violazione.

Ne consegue che, in riferimento al caso di infrazione riconducibile all’attraversamento di un incrocio con il semaforo indicante la luce rossa (ex art. 384, lett. b), a cui si aggiungono gli accertamenti delle violazioni per mezzo di apparecchi di rilevamento (ex art. 384, lett. c), il giudice dell’opposizione non può escludere l’impossibilità di contestazione immediata con il rilievo dell’astratta possibilità di una predisposizione del servizio con modalità in grado di permettere in ogni caso detta contestazione (Cass. 2/2/2011 n. 2436). Il testo dell’art. 201 C.d.S. prima delle modifiche apportate dal D.L. n. 151 del 2003, art. 4 non conteneva la tipizzazione delle situazioni che non richiedevano la motivazione della contestazione differita (e Cass. 8465/2006, insieme ad altre precedenti, richiamate dal ricorrente, si riferisce a infrazioni anteriori alla suddetta modifica) ma con l’introduzione dei commi 1 bis (che esclude l’obbligatorietà della contestazione immediata in caso di attraversamento con luce semaforica rossa) e 1 ter (che nella suddetta ipotesi esclude la necessità della presenza di organi di polizia quando l’accertamento avvenga mediante apparecchiature omologate) dell’art. 201, sono state tipizzate le ipotesi nelle quali è esclusa la necessità della contestazione immediata e della presenza di organi di polizia.

Ne discende che nel caso di specie non era necessaria la contestazione immediata, nè la presenza di organi di polizia e neppure l’indicazione del motivo per il quale non si era proceduto a contestazione immediata, nè ricorreva la necessità che gli strumenti fossero gestiti direttamente da organi di polizia stradale, posto che tale imposizione è stata introdotta solo successivamente, con legge 29/7/2010 n. 120 (art. 36).

E’ appena il caso di aggiungere che l’art. 200 C.d.S., richiamato dalla ricorrente per riaffermare la necessità di contestazione immediata, è richiamato a sproposito perchè la stessa norma fa salve le disposizioni derogatorie dell’art. 201 bis.

5. Con il quinto motivo si deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 241 del 1990 come integrata dalla L. n. 15 del 2005, in combinato disposto con il D.Lgs. n. 285 del 1992, artt. 11 e 12 l’illegittimità della procedura di acquisizione dati, la violazione e falsa applicazione della L. n. 445 del 2000 e del D.Lgs. n. 82 del 2005 codice dell’amministrazione digitale.

La ricorrente assume che in violazione delle previsioni normative il Comune di Gaglianico avrebbe affidato l’intero procedimento di acquisizione e elaborazione dati del documentatore fotografico ad una società privata (CITI. ESSE s.r.l.)priva della qualità di organo pubblico.

Il motivo è inammissibile in quanto non risulta che il presupposto in fatto della censura sia mai stato dedotto tra i motivi di opposizione e in ogni caso in quanto difetta il requisito dell’autosufficienza del ricorso non essendo indicato con quali modalità il presupposto di fatto dal quale discenderebbe la violazione, se dedotto, sia stato tempestivamente dedotto in primo grado.

6. Con il sesto motivo di ricorso si lamenta violazione e falsa applicazione del D.L. 20 giugno 2002, n. 121, art. 4 convertito dalla L. n. 168 del 2002, in combinato disposto con l’art. 201 C.d.S., commi 1 bis e ter; violazione e falsa applicazione del D.L. 20 giugno 2002, n. 121 anche sotto altro profilo.

Nella fattispecie regolata dal D.L. n. 121 del 2002, art. 4, è rimessa al prefetto, previa consultazione degli organi di polizia stradale competenti per territorio e su conforme parere dell’ente proprietario, l’individuazione delle strade (o di singoli tratti di esse), diverse dalle autostrade o dalle strade extraurbane principali, nelle quali non è possibile il fermo di un veicolo, ai fini della contestazione immediata delle infrazioni, senza recare pregiudizio alla sicurezza della circolazione, alla fluidità del traffico od all’incolumità degli agenti operanti o dei soggetti controllati, e ciò sulla base della valutazione del tasso d’incidentalità nonchè delle condizioni strutturali, piano- altimetriche e di traffico.

Si assume che, mancando (o non risultando) l’individuazione, da parte del Prefetto, del tratto di strada sul quale installare l’apparecchiatura di rilevamento, l’istallazione sarebbe illegittima con conseguente illegittimità del verbale; si aggiunge che un Prefetto di Lodi si sarebbe espresso nel senso che l’accertamento dell’infrazione semaforica deve sempre essere effettuato con la presenza di un agente del traffico. Quest’ultima parte del motivo è infondata per il motivo già esposto (esplicita previsione normativa – D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 201 ter – che esclude la necessità di tale presenza); altrettanto infondata è la prima parte del motivo perchè il citato art. 4 si riferisce al rilevamento delle violazioni degli artt. 142 (limite di velocità) e 148 (sorpasso) del C.d.S. e non agli apparecchi di rilevamento dei passaggi regolati da semaforo e, in ogni caso, l’art. 201 lett. f) richiama la natura del dispositivo e non le condizioni per la sua installazione.

7. In conclusione, il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 c.p.c. per essere rigettato in considerazione della manifesta infondatezza”.

Considerato che il ricorso è stato fissato per l’esame in camera di consiglio, che sono state effettuate le comunicazioni alle parti costituite e la comunicazione al P.G. Considerato che il collegio condivide e fa proprie le argomentazioni e la proposta del relatore osservando, a conferma del giudizio di infondatezza della censura relativa alla notificazione del verbale di accertamento, che la proposta opposizione al verbale di accertamento avrebbe comunque sanato l’ipotizzata nullità della notificazione (v.

Cass. 17/5/2007 a 11548).

Considerato che nulla va statuito in tema di spese in mancanza di costituzione del Comune intimato.

P.Q.M.

La Corte di cassazione rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione civile, il 2 Dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2011

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