Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30298 del 20/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 20/11/2019, (ud. 11/07/2019, dep. 20/11/2019), n.30298

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3810-2018 proposto da:

B.I. in proprio e nella qualità di genitore esercente

la potestà genitoriale sul figlio minore A.M.,

A.N. nella qualità di genitore esercente la potestà genitoriale

sul figlio minore A.M., A.S., P.M.,

elettivamente domiciliati in ROMA’, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE

DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dagli avvocati MARIA TERESA

MOIANA, CARLO RUSCONI;

– ricorrenti –

contro

U.A. SPA, V.D.M. SRL, FALLIMENTO (OMISSIS)

SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 4623/2016 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 14/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 11/07/2019 dal Consigliere Relatore Dott. SCODITTI

ENRICO.

Fatto

RILEVATO

che:

secondo quanto risulta dalla sommaria esposizione dei fatti di causa in ricorso, B.I. e A.N., la prima in proprio ed entrambi nella qualità di esercenti la potestà genitoriale sui figli minori A.M. e A.S., nonchè P.M., convennero in giudizio innanzi al Tribunale di Como V.d.M. s.r.l. e (OMISSIS) s.p.a. chiedendo la condanna al risarcimento del danno non patrimoniale da vacanza rovinata da liquidarsi in via equitativa. Il Tribunale adito accolse la domanda nei confronti del Fallimento (OMISSIS) e di N.A., condannandoli in via solidale al pagamento della somma di Euro 2.400,00. Avverso detta sentenza propose appello U.A. s.p.a. (già N.A. s.p.a.). Con sentenza di data 14 dicembre 2016 la Corte d’appello di Milano accolse l’appello, dichiarando il difetto di legittimazione passiva dell’appellante.

Hanno proposto ricorso per cassazione B.I. e A.N., la prima in proprio ed entrambi nella qualità di esercenti la potestà genitoriale sul figlio minore A.M., nonchè A.S. e P.M., sulla base di un motivo. Il relatore ha ravvisato un’ipotesi d’inammissibilità del ricorso. Il Presidente ha fissato l’adunanza della Corte e sono seguite le comunicazioni di rito.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il motivo di ricorso si denuncia omesso esame del fatto decisivo e controverso. Osservano i ricorrenti che la corte territoriale ha omesso di prendere in considerazione il fatto che non vi era stata alcuna azione diretta promossa dai danneggiati o di surrogazione per omessa attività dell’assicurazione, ma solo la circostanza che il giudice, ritenuta l’opportunità, aveva autorizzato gli attori ai sensi dell’art. 107 c.p.c. a chiamare in causa l’impresa assicuratrice. Aggiungono che la chiamata del terzo in causa ai sensi dell’art. 107 c.p.c. è rimessa alla discrezionalità del giudice di primo grado ed è insindacabile sia da parte del giudice di appello che da parte di quello di legittimità.

Il ricorso è inammissibile. Esso non rispetta il requisito della esposizione sommaria dei fatti, prescritto a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione dall’art. 366 c.p.c., comma 1 n. 3, che, essendo considerato dalla norma come uno specifico requisito di contenuto-forma del ricorso, deve consistere in una esposizione che deve garantire alla Corte di cassazione, di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia e del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (Cass. sez. un. 11653 del 2006). La prescrizione del requisito risponde non ad un’esigenza di mero formalismo, ma a quella di consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e o processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato (Cass. sez. un. 2602 del 2003). Stante tale funzione, per soddisfare il requisito imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, è necessario che il ricorso per cassazione contenga, sia pure in modo non analitico o particolareggiato, l’indicazione sommaria delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello, ed in fine del tenore della sentenza impugnata.

Poichè il ricorso, nell’esposizione del fatto, non rispetta tali contenuti (nulla si dice in particolare sul contenuto della sentenza di primo grado e sul tenore dell’appello) è inammissibile.

Il motivo di censura è comunque inammissibile. Al di là della rubrica formulata in termini di vizio motivazionale, l’oggetto della censura riguarda una violazione di tipo processuale. Il giudice di appello non ha solo rilevato il difetto di legittimazione passiva dell’impresa assicuratrice, ma anche la violazione da parte del Tribunale del principio di corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato derivante dalla qualificazione in termini di azione surrogatoria della domanda proposta dagli attori nei confronti della medesima impresa assicuratrice. Quest’ultima ratio decidendi, idonea a costituire autonomo motivo portante della decisione, non è stata impugnata dalla parte ricorrente (la quale ha anzi affermato di non avere effettivamente proposto azione surrogatoria). La censura resta quindi priva di decisività.

E’ appena il caso di aggiungere che la questione della legittimazione passiva si pone su un piano diverso da quello dell’integrazione del contraddittorio ai sensi dell’art. 107 c.p.c., la cui funzione è quella di estendere gli effetti sostanziali del giudicato al terzo, qualora il rapporto controverso sia a lui comune ovvero sia connesso per il titolo o l’oggetto con un altro rapporto intercorrente con un’altra parte (come nel caso di specie, e cioè il rapporto fra la parte attrice ed il soggetto assicurato), ma non tocca il piano della legitimatio ad causam, relativa alla titolarità del potere di promuovere o subire un giudizio in ordine al rapporto sostanziale dedotto.

Nulla per le spese del giudizio di cassazione, in mancanza di partecipazione della parte intimata al giudizio.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma, il 11 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 novembre 2019

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