Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30296 del 30/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 30/12/2011, (ud. 02/12/2011, dep. 30/12/2011), n.30296

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GOLDONI Umberto – Presidente –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

Dott. PROTO Cesare Antonio – rel. Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

G.P. (OMISSIS), G.L.

(OMISSIS), elettivamente domiciliate in ROMA, VIA EABIO

MASSIMO 60, presso lo studio dell’avvocato MASTROBUONO SEBASTIANO,

che le rappresenta e difende unitamente all’avvocato MOZE SERGIO,

giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

P.S. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA DI VEROLI MANLIO 2/4, presso lo studio dell’avvocato GENTILE

RUGGERO M., che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati

PISTACCHIO LORENZO, MUSCOLO GIUSEPPE, giusta procura speciale alle

liti a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 558/2009 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE del

9.11.09, depositata il 13/11/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

02/12/2011 dal Consigliere Relatore Dott. CESARE ANTONIO PROTO;

udito per le ricorrenti l’Avvocato Sergio Moze che si riporta agli

scritti e insiste per l’accoglimento del ricorso;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. IMMACOLATA

ZENO che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. il relatore nominato per l’esame del ricorso ha depositato la seguente relazione:

OSSERVA IN FATTO:

Le odierne ricorrenti chiesero al Tribunale di Trieste, con atto notificato il 10/3/2001, lo scioglimento della comunione su di un terreno (costituente un cortile antistante un immobile) con l’attribuzione, in loro favore, della quota minoritaria intestata alla convenuta P.S..

La convenuta si costituì chiedendo il rigetto della domanda trattandosi di porzioni immobiliari divisibili.

Il Tribunale di Trieste, dopo l’espletamento di CTU, respinse la domanda ritenendo la divisibilità del bene.

La attrici proposero appello, produssero una C.T. di parte lamentando che nella sentenza appellata non si era tenuto conto che le servitù di passaggio esistenti non rendevano divisibile la proprietà comune e che, in particolare, diversamente da quanto ritenuto dal CTU, un quinto parcheggio non poteva essere realizzato nel luogo indicato dal consulente perchè gravata da una servitù di passaggio.

La Corte di Appello con sentenza del 13/11/2009 respinse il gravame osservando che nel giudizio sulla divisibilità dell’area occorreva fare riferimento alla situazione in natura dell’area indipendentemente dal numero dei parcheggi che vi si potessero realizzare e, sotto tale profilo, l’area risultava comodamente divisibile.

Per la Cassazione di tale sentenza G.L. e G. P. hanno proposto ricorso fondato su due motivi.

L’intimata ha resistito con controricorso.

RILEVA IN DIRITTO:

Con il primo motivo, testualmente, le ricorrenti dichiarano: “si denuncia la violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3″; tuttavia l’art. 360 c.p.c., n. 3 non è una norma precettiva, ma una norma che individua il motivo di ricorso rappresentato dalla violazione o falsa applicazione di norme di diritto, che, invece, non vengono indicate.

Nel merito, si censura la decisione di non ammettere in appello la produzione di una consulenza tecnica di parte.

Il ricorso per cassazione è ammissibile anche se non indica gli articoli di legge che si assumono violati, purchè, nel chiedere la cassazione per il motivo di violazione di norma di diritto, il ricorrente indichi per quale aspetto la decisione è in contrasto con una norma di legge ed avrebbe perciò potuto essere diversa, spettando poi alla Corte di verificare la conformità della decisione della questione alla norma che avrebbe dovuto esservi applicata” (Cass. sez. un. n. 9652 del 2001).

Nella fattispecie si evince che i ricorrenti lamentano che il giudice di appello ha applicato una preclusione alla produzione della consulenza tecnica in realtà non prevista dalle norme.

Tuttavia, la mancata ammissione della consulenza si risolve in una omessa considerazione di allegazioni difensive; tale omissione non è di per se sufficiente a dimostrare che dalla valutazione delle allegazioni difensive sarebbe derivata una diversa decisione e i ricorrenti nulla deducono, nel motivo di ricorso, in merito alla specifica rilevanza della omessa considerazione della C.T.; il motivo è pertanto inammissibile per irrilevanza; le considerazioni del C.T. di parte sono invece sviluppate, per la critica alla decisione, nel secondo motivo, ma come si dirà, sono ininfluenti, dal che si trae conferma dell’irrilevanza della censura in esame.

2. Con il secondo motivo le ricorrenti deducono violazione di legge (non meglio indicata) e vizio di motivazione.

Nella sostanza si censura la decisione della Corte di Appello che ha ritenuto che l’area fosse divisibile e pertanto ha respinto la domanda di attribuzione dell’intera area alle attrici.

Tutta la censura è rivolta contro la valutazione di merito sulla comoda divisibilità sostenendosi anche che non si sarebbe adeguatamente considerata l’esistenza di servitù che limiterebbe il libero godimento di una delle parti.

Occorre premettere che l’oggetto del contendere è limitato alla valutazione della comoda divisibilità di un terreno costituente cortile antistante un immobile, di fatto in parte utilizzato per il parcheggio di autovetture.

Il concetto di comoda divisibilità di un immobile presupposto dall’art. 720 cod. civ. postula, sotto l’aspetto strutturale, che il frazionamento del bene sia attuabile mediante determinazione di quote concrete suscettibili di autonomo e libero godimento, che possano formarsi senza dover fronteggiare problemi tecnici eccessivamente costosi e, sotto l’aspetto economico-funzionale, che la divisione non incida sull’originaria destinazione del bene e non comporti un sensibile deprezzamento del valore delle singole quote rapportate proporzionalmente al valore dell’intero, tenuto conto dell’usuale destinazione e della pregressa utilizzazione del bene stesso (Cass. 29/5/2007 n. 12498).

La Corte territoriale ha rilevato che, sulla base delle risultanze fotografiche e sulla base dell’elaborato del consulente tecnico d’ufficio l’area è comodamente divisibile indipendentemente dal fatto che su di essa possano sostare quattro automobili o cinque e indipendentemente dall’esistenza di una servitù di passaggio (a favore di un fondo di proprietà di una delle parti in causa), che avrebbe inciso unicamente su un parcheggio.

In tema di scioglimento di una comunione l’accertamento del requisito della comoda divisibilità del bene, ai sensi dell’art. 720 cod. civ., è riservato all’apprezzamento di fatto del giudice del merito, incensurabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione congrua, coerente e completa (cfr. Cass. 21/5/2003 n. 7961). Il Giudice di Appello ha dunque rilevato che il bene oggetto di divisione è un semplice terreno e che come tale è divisibile senza che si comprometta la possibilità di parcheggio di alcune auto. La motivazione è sufficiente e congrua mentre la censura è diretta non tanto contro la ratio decidendi della sentenza quanto verso le ipotesi divisionali formulate dal CTU; tale censura, peraltro, non dimostra neppure che la divisione del terreno ne comporterebbe una significativa compromissione del godimento in relazione alla sua destinazione.

In conclusione, il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 c.p.c. per essere rigettato”.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il ricorso è stato fissato per l’esame in camera di consiglio, che sono state effettuate le comunicazioni alle parti costituite e la comunicazione al P.G..

Considerato che il collegio condivide e fa proprie le argomentazioni e la proposta del relatore, osservando che proprio la materiale ripartizione del bene consente la conservazione dell’uso più consono nel rispetto degli interessi di tutti i comproprietari.

Che le spese di questo giudizio di Cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza delle ricorrenti.

P.Q.M.

La Corte di cassazione rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti G.R. e G.P. a pagare a P.S. le spese di questo giudizio di Cassazione che si liquidano in Euro 1.500,00 per onorari ed Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione civile, il 2 Dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2011

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