Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30293 del 30/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 30/12/2011, (ud. 02/12/2011, dep. 30/12/2011), n.30293

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GOLDONI Umberto – Presidente –

Dott. MATERA Lina – rel. Consigliere –

Dott. PROTO Cesare Antonio – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

C.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIALE REGINA MARGHERITA 294, presso lo studio dell’avvocato

VALLEFUOCO ANGELO, che lo rappresenta e difende giusta procura in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

PREFETTURA DI ROMA – UFFICIO TERRITORIALE del GOVERNO di ROMA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 21447/2009 del TRIBUNALE di ROMA del 20/10/09,

depositata il 20/10/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

02/12/2011 dal Consigliere Relatore Dott. LINA MATERA;

udito l’Avvocato Loria Filippo (delega avvocato Angelo Vallefuoco)

difensore del ricorrente che si riporto agli scritti e chiede

l’accoglimento del ricorso e in subordine la trattazione di primo e

di secondo motivo alle SS.UU.;

è presente il P.G. in persona del Dott. ZENO Immacolata che nulla

osserva.

Fatto

PREMESSO IN FATTO

Il relatore della Sezione ha depositato in Cancelleria la seguente relazione, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.:

” C.G. proponeva opposizione avverso l’ordinanza ingiunzione emessa in data 30-5-2005 dalla Prefettura di Roma in relazione alla violazione dell’art. 7 C.d.S., comma 1.

Tale opposizione veniva rigettata dal Giudice di Pace di Roma con sentenza n. 19645/2006.

Il Tribunale di Roma, con sentenza depositata il 20-10-2009, rigettava l’appello proposto dal C. avverso la predetta decisione.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre il C., sulla base di tre motivi.

La Prefettura di Roma non ha svolto attività difensiva.

Diritto

RILEVA IN DIRITTO

1) Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione della L. n. 890 del 1982, art. 137, art. 201, commi 3 e 5, art. 204, comma 2, art. 12 nonchè l’omessa e insufficiente motivazione in ordine alla eccepita inesistenza della notifica dell’ordinanza impugnata. Deduce che tale notifica non è stata effettuata ad iniziativa della Prefettura-UTG di Roma, soggetto che aveva emesso l’ordinanza ingiunzione, bensì a cura del Comune di Roma, soggetto del tutto incompetente a richiedere la notificazione di tale provvedimento. Sostiene che, trattandosi di incompetenza assoluta, nella specie, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, non si versa in un’ipotesi di nullità, ma di inesistenza della notificazione.

Il motivo è infondato, anche se, a norma dell’art. 384 c.p.c., deve correggersi la motivazione della sentenza impugnata.

Deve premettersi che l’art. 201 C.d.S., comma 3, rinvia alle regole generali della notificazione previste dal codice di rito e dalla legge sulle notifiche a mezzo posta, osserva.

Ciò posto, si osserva che la più recente giurisprudenza di questa S.C. è ferma nel ritenere che l’attività di impulso del procedimento notificatorio, consistente essenzialmente nella consegna dell’atto da notificare all’ufficiale giudiziario, può dal soggetto legittimato, cioè dalla parte o dal suo procuratore in giudizio (art. 137 c.p.c.), essere affidata anche con semplice delega orale ad altra persona; e che in tal caso l’omessa menzione nella relazione di notifica della persona che ha materialmente eseguito l’attività suddetta, ovvero la menzione dell’intervento di un soggetto diverso dal legittimato, senza indicare la sua veste di incaricato dal legittimato, sono irrilevanti ai fini della validità della notificazione se, alla stregua dell’atto da notificare, risulti ugualmente certa la parte ad istanza della quale essa deve ritenersi effettuata (tra le tante v. Cass. Sez. Un. 6-9-1990 n. 9213; Sez. 2, 6-8-1999 n. 8485; Sez. 3, 3-7-2001 n. 8991; Sez. 3, 5-1-2005 n. 164;

Sez. 3, 22-6-2006 n. 14449).

Nella specie, anche a voler ritenere che, così come affermato dal ricorrente, la notificazione dell’ordinanza ingiunzione sia stata effettuata dal Comune di Roma, Ufficio Contravvenzioni, deve senz’altro ritenersi che quest’ultimo abbia agito per delega della Prefettura: ciò è reso evidente dal fatto che, secondo le prescrizioni contenute nella predetta ordinanza, il pagamento della sanzione amministrativa comminata doveva avvenire mediante versamento su conto corrente intestato appunto al Comune di Roma, Servizio Contravvenzioni, al quale, a norma di legge, spettano i proventi per la violazione in questione.

Per le ragioni esposte, la notificazione dell’ordinanza prefettizia non può ritenersi affetta nè da inesistenza, come sostenuto dal ricorrente, nè da nullità sanata per effetto dell’impugnazione dell’atto ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 22 come affermato dal Tribunale.

E’ opportuno evidenziare che il precedente giurisprudenziale richiamato dal ricorrente (Cass. 21-9-2006 n. 20440) per sostenere la tesi della inesistenza della notificazione dell’ordinanza ingiunzione non si attaglia al caso di specie, riguardando l’ipotesi, del tutto diversa da quella oggetto del presente giudizio (nel quale è incontestato che la notifica è stata effettuata a mezzo dell’ufficio postale statale), in cui la notificazione dell’infrazione amministrativa a mezzo posta era stata affidata dall’ente cui appartiene l’agente accertatore a un’agenzia privata di recapito, e cioè a un soggetto non abilitato allo svolgimento del complesso procedimento notificatorio.

2) Con il secondo motivo il ricorrente, denunciando la violazione e falsa applicazione dell’art. 204 C.d.S. e D.P.R. n. 340 del 1982, art. 7 si duole dell’illegittimità dell’ordinanza prefettizia, in quanto non sottoscritta dal Prefetto di Roma, ma da un funzionario privo di delega. Con lo stesso motivo, il ricorrente lamenta l’omessa pronuncia in ordine all’istanza di ordine di esibizione della delega, da esso avanzata sia in primo che in secondo grado.

Entrambe le censure sono infondate.

Secondo il costante orientamento di questa Corte, l’ordinanza ingiunzione prefettizia di irrogazione delle sanzioni per infrazioni stradali, come tutti i provvedimenti riservati al prefetto, è legittima anche se emessa e sottoscritta dal vice prefetto vicario, senza necessità di espressa delega, in quanto l’investitura vicaria deriva direttamente dalla legge; al contrario, per la firma di altri funzionari o vice prefetti, vi è l’esigenza di espressa delega per iscritto (Cass. Sez. 1, 26-10-2005 n. 20686; Sez. 1, 12-7-2001 n. 9441), della quale, tuttavia, deve presumersi l’esistenza, salvo prova contraria dell’opponente (Cass. Sez. 1, 2-2-2005 n. 2085).

Alla luce degli enunciati principi, correttamente il Tribunale ha ritenuto legittimamente emessa l’ordinanza ingiunzione firmata dal funzionario L.G. con la dicitura “p. il Prefetto”, non avendo l’interessato dimostrato la mancanza della delega, di cui la detta indicazione lascia presumere l’esistenza.

Nè il ricorrente può dolersi dell’omessa pronuncia, da parte del Tribunale, in ordine all’istanza di esibizione della delega rilasciata dal Prefetto al funzionario firmatario dell’atto.

Secondo la giurisprudenza prevalente, infatti, il provvedimento di cui all’art. 210 c.p.c. è espressione di una facoltà discrezionale rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito, che non è tenuto ad indicare le ragioni per le quali ritiene di avvalersi, o meno, del relativo potere, il cui mancato esercizio non può, pertanto, formare oggetto di ricorso per cassazione, neppure sotto il profilo del difetto di motivazione (Cass. Sez. 2, 29-10-2010 n. 22196; Cass. 2-2-2006 n. 2262).

3) Con il terzo motivo il ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 200 e 201 C.d.S. e dell’insufficiente motivazione, in relazione alla mancata contestazione immediata dell’infrazione. Deduce che la violazione dell’art. 7 C.d.S. asseritamente commessa, non essendo compresa tra quelle previste dall’art. 201 C.d.S., comma 1 bis o dall’art. 384 s.p.r. 495 del 1992, avrebbe dovuto costituire oggetto di contestazione immediata, e che, pertanto, il verbale notificato deve ritenersi invalido. In ogni caso, rileva che nel verbale di accertamento non sono state indicate le reali ragioni della mancata contestazione immediata, e che il Tribunale non ha spiegato per quali ragioni ha ritenuto “intrinsecamente logica” la motivazione addotta dai verbalizzanti, secondo cui la violazione non era stata contestata per non intralciare il servizio pubblico di trasporto.

Il motivo non è meritevole di accoglimento.

E’ pacifico, in giurisprudenza, che l’elencazione, contenuta nel D.P.R. n. 495 del 1992, art. 384 (regolamento di esecuzione del nuovo codice della strada), dei casi in cui deve ritenersi giustificata la mancata contestazione immediata della violazione, non può considerarsi esaustiva, ma, come espressamente previsto nella stessa disposizione, meramente esemplificativa; sicchè ben possono ricorrere casi ulteriori in cui una tale impossibilità sia ugualmente ravvisabile, e compete al giudice di merito valutare se la circostanza impeditiva addotta, purchè risulti dal verbale di accertamento, abbia una sua intrinseca logica e la valenza stabilita dalla norma regolamentare, senza che, però, al giudice stesso sia consentito, in tale esame, alcun sindacato sul “modus operandi” degli accertatori (Cass. Sez. 1, 31-8-2005 n. 17573).

Nel caso di specie, il Tribunale, nel dare atto che dal verbale di accertamento della violazione risulta che l’infrazione non è stata contestata immediatamente “per non intralciare il servizio pubblico di trasporto”, ha ritenuto la giustificazione addotta dai verbalizzanti non illogica e infondata, tenuto conto del fatto che il trasgressore si trovava appunto nella corsia riservata ai mezzi pubblici.

La valutazione espressa al riguardo si sottrae al sindacato di questa Corte, costituendo espressione di un apprezzamento in fatto riservato al giudice di merito ed essendo sorretta da una motivazione sufficiente a rendere conto della sussistenza di un’ipotesi concreta di impossibilità di contestazione immediata delta infrazione, ai sensi dell’art. 200 C.d.S., il quale dispone che la violazione deve essere “immediatamente” contestata al trasgressore “quando è possibile”, dovendosi altrimenti procedere alla notifica del verbale ex art. 201 C.d.S..

Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, per essere rigettato”.

La relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata alle parti costituite.

Non sono state depositate memorie ex art. 380 bis c.p.c., comma 2.

RITENUTO IN DIRITTO Il Collegio condivide le argomentazioni e la proposta di decisione contenute nella relazione di cui sopra, alle quali non sono stati mossi validi rilievi critici.

Deve solo aggiungersi, con riferimento al secondo motivo di ricorso, che l’opponente, sul quale (come di recente ribadito da questa Corte con sentenza 10-5-2010 n. 11283) incombeva l’onere di dimostrare l’insussistenza della delega in capo al funzionario che ha firmato per il Prefetto l’ordinanza-ingiunzione opposta, ben avrebbe potuto, a tal fine, avvalersi del diritto di accesso ai documenti amministrativi previsto dalla L. n. 241 del 1990, art. 22 e segg. ed ottenere dall’Amministrazione il rilascio di un’attestazione negativa circa l’esistenza di una simile delega. Non risulta, al contrario, che il C. si sia in qualche modo attivato in tal senso. Ne consegue, anche sotto tale profilo, la manifesta infondatezza delle censure mosse dal ricorrente in ordine all’omesso esame, da parte del Giudice di Pace, dell’istanza di esibizione della delega rilasciata dal Prefetto al funzionario firmatario dell’atto. Costituisce, infatti, principio consolidato in giurisprudenza quello secondo cui l’ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c. non può in alcun caso supplire al mancato assolvimento dell’onere della prova a carico della parte istante e non può, pertanto, essere adottato allorquando l’interessato, come nel caso in esame, possa di propria iniziativa acquisire una copia del documento richiesto e produrla in causa (Cass. 8-8-2006 n. 17948; Cass. 10-1-2003 n. 149; Cass. 8-9-1999 n. 8514).

Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.

Poichè il resistente non ha svolto alcuna attività difensiva, non vi è pronuncia sulle spese.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 2 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2011

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