Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30293 del 20/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 20/11/2019, (ud. 18/06/2019, dep. 20/11/2019), n.30293

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 475-2018 proposto da:

V.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA EMANUELE

FILIBERTO 109, presso lo studio dell’avvocato SANTINA INTERSIMONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato MARIA CALDERONE;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA

dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati SERGIO

PREDEN, ANTONELLA PATTERI, LUIGI CALIULO, LIDIA CARCAVALLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 453/2017 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 08/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 18/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. LUIGI

CAVALLARO.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza depositata l’8.6.2017, la Corte d’appello di Messina ha confermato, con diversa motivazione, la pronuncia di primo grado che aveva rigettato la domanda proposta da V.P. volta a conseguire il beneficio della rivalutazione contributiva L. n. 257 del 1992, ex art. 13, per i periodi di lavoro in cui era stato esposto ad amianto; che avverso tale pronuncia V.P. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un motivo di censura;

che l’INPS ha resistito con controricorso;

che è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con l’unico motivo di censura, il ricorrente denuncia violazione della L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, e del D.M. n. 27 ottobre 2004, art. 1, comma 2, “in relazione alla violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per difetto di motivazione, per non avere (la Corte di merito, n.d.e.) considerato sussistenti i presupposti legittimanti la richiesta dei benefici contributivi amianto” (così il ricorso per cassazione, pag. 6), nonostante “la documentazione amministrativa prodotta (…) in entrambi i due gradi di giudizio”, consistente nel “libretto di lavoro”, nel “curriculum lavorativo rilasciato dall’Ispettorato Provinciale del Lavoro di Messina” e nella “domanda presentata all’INAIL” pag. 8);

che il motivo è inammissibile anzitutto per difetto di specificità, non essendo stati integralmente trascritti in ricorso i documenti dianzi menzionati, nè dicendosi in quale luogo del fascicolo processuale e/o di parte essi sarebbero attualmente reperibili, in spregio al principio secondo cui il ricorrente che, in sede di legittimità, denunci l’omessa o inesatta valutazione di atti o documenti prodotti in giudizio, anche ove intenda far valere un vizio di violazione o falsa applicazione di norma di diritto, è onerato, a pena di inammissibilità del ricorso, non solo della specifica indicazione del documento e della chiara indicazione del nesso eziologico tra l’errore denunciato e la pronuncia emessa in concreto, ma anche della completa trascrizione dell’integrale contenuto degli atti e dei documenti, così da rendere immediatamente apprezzabile dalla Suprema Corte il vizio dedotto (Cass. n. 14107 del 2017);

che ulteriore ragione d’inammissibilità va ravvisata nella circostanza che, a dispetto dell’enunciazione contenuta nella rubrica, il contenuto della doglianza non investe alcuna violazione o falsa applicazione di legge, ma ben diversamente il giudizio di fatto reso dalla Corte di merito in ordine alla sussistenza in concreto dei presupposti per la sua applicazione, ciò che è in contrasto con il principio secondo cui è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con cui si deduca una violazione di disposizioni di legge mirando, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, atteso che in tal modo si consentirebbe la surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, grado di merito (Cass. n. 8758 del 2017);

che il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, giusta il criterio della soccombenza;

che, pur sussistendo i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, in considerazione della declaratoria d’inammissibilità del ricorso medesimo, non si fa luogo, allo stato, a pronuncia in tal senso, in considerazione della sua ammissione al patrocinio a spese dello Stato (cfr. fra le tante Cass. nn. 18523 del 2014, 7368 del 2017).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 2.200,00, di cui Euro 2.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 18 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 novembre 2019

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