Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30292 del 20/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 20/11/2019, (ud. 18/06/2019, dep. 20/11/2019), n.30292

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22663-2018 proposto da:

M.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

ANTONIO CITTADINO;

– ricorrente –

contro

INPS – UNIONE NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA

dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati NICOLA

VALENTE, EMANUELA CAPANNOLO, CLEMENTINA PULLI, MANUELA MASSA;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di LAMEZIA TERME, depositata il

18/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 18/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. LUCIA

ESPOSITO.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Il Tribunale di Lamezia Terme dichiarava cessata la materia del contendere in procedimento per ATPO instaurato da M.G. ai fini del riconoscimento del requisito sanitario D.Lgs. n. 509 del 1988, ex art. 7 (essendo stata negata al predetto, in sede di visita di verifica, la permanenza del requisito sanitario già riconosciuto) e condannava l’Inps alle spese di lite, liquidate in Euro 350,00 oltre accessori, “tenuto conto della limitata attività svolta e della celerità con la quale l’Istituto ha rivisto la posizione assunta”;

2. Avverso il provvedimento ha proposto ricorso per cassazione M.G. sulla base di tre motivi;

3. l’INPS ha resistito con controricorso;

4. la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., stata notificata alla parte, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere il giudice di merito omesso l’individuazione del soccombente, dichiarando cessata la materia del contendere;

2. il ricorrente deduce ancora violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c., comma 2, come modificato dal D.L. n. 132 del 2014, convertito nella L. 162 del 201413 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere il giudice di merito erroneamente statuito in ordine alle spese di lite, non ravvisandosi alcuna ragione atta a giustificare la compensazione parziale delle spese in concreto operata;

3. con l’ultimo motivo deduce violazione dei minimi previsti dalla tariffa professionale fissati dal D.M. 10 marzo 2014 n. 55, come modificato dal D.M. 8 marzo 2018, n. 37, art. 1, comma 1, lett. a, avendo il difensore partecipato a tutte le fasi del procedimento (studio, fase introduttiva, fase istruttoria e/o trattazione), poichè all’interno dell’unica udienza prevista nel rito del lavoro si compiono tutte le attività che nel processo ordinario di cognizione si svolgono nella prima udienza di trattazione e in quelle successive;

4. il primo e il secondo motivo, da esaminare congiuntamente, sono infondati, poichè il giudice ha dichiarato cessata la materia del contendere valutando idoneo a determinare il soddisfacimento del diritto azionato l’accoglimento della pretesa in sede amministrativa (Cass. n. 2063 del 30/01/2014, Cass. n. 5188 del 16/03/2015) e liquidando le spese in base alla soccombenza virtuale, senza operare alcuna compensazione (la notazione “tenuto conto della limitata attività svolta e della celerità con la quale l’Istituto ha rivisto la posizione assunta”, infatti, non è significativa di un’avvenuta compensazione, ma si riferisce alla misura dei compensi liquidati);

5. fondato, invece, è l’ultimo motivo, poichè il giudice si sarebbe dovuto attenere agli onorari minimi di tariffa, come individuati in Cass. 2018 n. 4747, tenendo conto che alla presente fattispecie va applicato il D.M. n. 55 del 2014, in vigore dal 3.4.2014 e, ai fini della determinazione del valore della causa per la liquidazione delle spese di giudizio nelle controversie relative a prestazioni assistenziali, deve applicarsi il criterio previsto dall’art. 13 c.p.c., comma 1, in forza del quale, se il titolo è controverso, il valore si determina in base all’ammontare delle somme dovute per due anni (Cass. S.U. n. 10455 del 2015);

6. applicando tali principi al caso in esame, il valore della causa va individuato tra Euro 5.200,00 ed Euro 26.000,00, in tale scaglione rientrando l’ammontare di due annualità della prestazione richiesta, ed i parametri minimi stabiliti per tale scaglione, computando tre fasi per il procedimento di istruzione preventiva e quattro per la causa di merito, vanno individuati in Euro 911,00 per la fase di istruzione preventiva (risultanti dalla somma di Euro 270,00 per studio della controversia, Euro 337,50 per la fase introduttiva del giudizio ed Euro 303,00 per la fase istruttoria e/o di trattazione, dovendosi ridurre le prime due del 50% e la terza del 70%, ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, art. 4), dovendo così interpretarsi il disposto del D.M. n. 55 del 2014, art. 4, che testualmente prevede un riduzione “fino al 70 per cento” dell’importo liquidato per tale fase;

7. avuto riguardo all’importo dianzi delineato, balza evidente come la liquidazione delle spese contenuta nell’impugnato provvedimento sia inferiore a detti minimi, nè risulta alcuna motivazione in ordine alla non riconoscibilità, nel caso concreto, di alcuni compensi stabiliti dal citato D.M. n. 55 del 2014, in relazione alle singole fasi processuali;

8. pertanto, in accoglimento del ricorso, la sentenza va cassata per quanto di ragione e, non apparendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito liquidando le spese in complessivi Euro 911,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%;

9. le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo, con distrazione in favore del difensore anticipatario dell’istante che ne ha fatto richiesta.

PQM

La Corte accoglie l’ultimo motivo di ricorso, rigetta gli altri. Cassa il provvedimento impugnato e, decidendo nel merito, liquida -in favore di M.G. la somma di Euro 911,00, oltre spese generali nella misura del 15%, a titolo di spese sostenute dal predetto nella fase di merito.

Condanna l’Inps al pagamento in favore del predetto M. delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 2.000,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge, con distrazione.

Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2018.

Depositato in Cancelleria il 20 novembre 2019

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