Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30292 del 15/12/2017


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 30292 Anno 2017
Presidente: AMENDOLA ADELAIDE
Relatore: VINCENTI ENZO

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2070-2017 R.G. proposto da:
GHIA LUCIO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLE
QUATTRO FONTANE n. 10, presso lo studio degli avvocati
ANDREA PIVANTI, e ALESSANDRO GIORGETTA che
disgiuntamente lo rappresentano e difendono;

– ricorrente contro
DOBANK S.P.A. (C.F.00390840239), in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
GARIGLIANO n.11, presso lo studio dell’avvocato NICOLA
MAIONE, che lo rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente
all’avvocato GABRIELE GIAN ESE;

– controricorrente –

Data pubblicazione: 15/12/2017

per regolamento di competenza avverso l’ordinanza di incompetenza
del TRIBUNALE di ROMA del 16/12/2016, emessa sul
procedimento iscritto al n°149/2013 R.G.;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 30/10/2017 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI;

Sostituto Procuratore Generale T. BASILE, che ha chiesto il rigetto
del ricorso.

Ritenuto che, nel giudizio instaurato dall’avvocato Lucio Ghia per
ottenere la condanna della convenuta UniCredit Credit Management
Bank S.p.A. al pagamento della somma di curo 6.824.522,97, oltre
accessori, a titolo di compenso, determinato in base alla tariffa
professionale di avvocato (di cui al d.m. n. 127 del 2004), per lo
svolgimento di attività professionali [“costituzione ex novo

di 395

nuovi fascicoli informatico/digitali … nel sistema operativo
denominato Ex parte creditoris (“EPC”), predisposto dalla Unicredit”]
non previste nella convenzione stipulata con la medesima UniCredit
nel gennaio 2008, l’adito Tribunale di Roma, con ordinanza in data 16
dicembre 2016, ha dichiarato la propria incompetenza territoriale in
favore del Tribunale di Verona;
che, con istanza notificata il 17 gennaio 2017 ed affidata a
cinque motivi, l’avv. Lucio Ghia ha proposto regolamento di
competenza avverso detta ordinanza, cui resiste con memoria la
doBank S.p.A. (già UniCredit Credit Management Bank S.p.A.);
che il regolamento di competenza è stato avviato alla trattazione
camerale sulla base delle conclusioni scritte del pubblico ministero, ai
sensi dell’art. 380-ter cod. proc. civ., il quale ha concluso per il rigetto
del ricorso;
che entrambe le parti hanno depositato memoria.
Ric. 2017 n. 02070 sez. M3 – ud. 30-10-2017
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lette le conclusioni scritte dal Pubblico Ministero, in persona del

Considerato che:
a) con il primo motivo si deduce la violazione degli artt. 279,
187, 189, 281-bis, 281- quater, 281- quinquies, c.p.c. e 111 Cost., in quanto
il Tribunale, nel decidere sulla propria incompetenza territoriale
all’esito della riserva assunta all’udienza del 18 ottobre 2016, lo avrebbe

(mancando il relativo svolgimento e la rimessione della causa in
decisione) e della concessione di termini per deposito di comparse
conclusionali e memorie di replica, con eventuale fissazione e
svolgimento dell’udienza di discussione orale, così da impedire ad esso
attore l’esercizio pieno del proprio diritto di difesa e, segnatamente, di
poter argomentare in ordine alla avvenuta formazione di un giudicato
sulla competenza;
a.1) il motivo — anche a prescindere da ogni rilievo sulla portata
dell’ordinanza di rinvio del 14 aprile 2016 “per consentire alle parti di
precisare le proprie difese in merito alle eccezioni preliminari
sollevate” (cfr. doc,. n. 25 di parte ricorrente) – è comunque infondato,
giacché — come da orientamento consolidato (cfr. già Cass. n.
15019/2008) e non incrinato dal precedente indicato nella memoria del
ricorrente (Cass. n. 17650/2015), che, del resto, è stato
successivamente superato da ulteriore pronuncia (Cass. n.
14245/2016), la quale ribadisce l’approdo più risalente e stabile – col
regolamento necessario di competenza può essere fatta valere la
violazione delle sole norme sulla competenza, e non quella di norme
sul procedimento, a meno che quest’ultima violazione non abbia avuto
l’effetto di impedire alla parte di apportare al giudice elementi utili
(come ad es. deduzioni probatorie decisive) al fine di statuire sulla
propria competenza.

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fatto in assenza di una previa udienza di precisazione delle conclusioni

Tanto non è dato apprezzare nel caso di specie, essendo già
presenti in atti gli elementi utili per la decisione sulla competenza e ciò
anche tenuto conto della questione — peraltro, rilevabile officiosarnente
— della asserita esistenza di un giudicato sulla competenza stessa, con
l’ulteriore precisazione (di per sé assorbente) che detta questione (del

diretta indagine da parte di questa Corte quale giudice regolatore della
competenza, senza incontrare limiti nel contenuto della sentenza
impugnata e nelle difese delle parti (tra le tante, Cass. n. 18040/2007,
Cass. n. 25232/2014, Cass. n. 21422/2016);
b) con il secondo motivo si prospetta la “violazione del
giudicato interno fotmatosi sulla competenza del Tribunale di Roma” e
la “violazione della disciplina processuale inerente alla risoluzione della
questione di competenza”, per aver il Tribunale adito – riconoscendo,
con ordinanza del 13 ottobre 2014, l’inesistenza di una convenzione
arbitrale e al contempo demandando le parti all’espletamento del
tentativo di mediazione ai sensi dell’art. 5 del d.lgs. n. 28 del 2010 -, da
un lato, “esplicitamente risolto una questione di competenza”, con
conseguente giudicato interno esplicito in assenza di impugnazione
dell’ordinanza con regolamento di competenza, e, dall’altro, risolto una
questione di procedibilità ritenendosi in concreto competente, con
conseguente giudicato interno implicito sulla questione di competenza
logicamente preliminare a quella di procedibilità;
b.1) il motivo è inammissibile.
A tal fine occorre osservare che la decisione di cui all’ordinanza
del 13 ottobre 2014 è stata resa a scioglimento della riserva assunta
all’udienza del 10 ottobre 2014 (cfr. doc. n. 10 di parte ricorrente) in
riferimento alle richieste istruttorie ex art. 183 c.p.c. (e all’esito di
precedenti rinvii per il medesimo incombente: cfr. docc. nn. 8 e 9 di
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resto veicolata con il secondo motivo di ricorso) rimane oggetto di

parte ricorrente), là dove, peraltro, lo stesso attore insisteva (nel caso in
cui il giudice istruttore avesse ritenuto “di non potersi pronunciare
sulle istanze istruttorie”) perché fosse disposto “l’esperimento del
procedimento di mediazione, ai sensi dell’art. 5, c. 2 del D.Lgs n.
28/2010″: la decisione sulla riserva era, quindi, imperniata unicamente

conciliazione della controversia” ai sensi del citato art. 5 (cfr. doc. n. 11
di parte ricorrente). Ne consegue che nessuna decisione esplicita si è
avuta in ordine alla interpretazione della clausola compromissoria e alla
affermazione di competenza dell’a.g.o. rispetto agli arbitri, ma soltanto
un mero rinvio interlocutorio per dar luogo alle parti di procedere alla
mediazione (richiesta dallo stesso attore), quale condizione di
procedibilità che, in quanto tale, è solo preliminare alla decisione sulla
competenza del giudice adito (cfr. in tale prospettiva già il remoto
precedente di cui a Cass. n. 201/1958).
In ogni caso — e in via comunque assorbente — anche volendo,
in ipotesi, accedere alla prospettazione di parte ricorrente, nessun
giudicato sulla competenza si sarebbe formato nel caso di specie, posto
che l’ordinanza del 13 ottobre 2014 costituirebbe una decisione,
intervenuta senza rimessione della causa in decisione e previo invito
alle parti a precisare le rispettive integrali conclusioni anche di merito,
solo implicitamente affermativa di competenza del giudice adito, il
quale – come chiaramente emerge dalla stessa portata, innanzi
evidenziata, della adottata pronuncia – non l’ha affatto assunta
conclamando, in termini di assoluta e oggettiva inequivocità ed
incontrovertibilità, l’idoneità della propria determinazione a risolvere
definitivamente, davanti a sé, la suddetta questione” (così Cass., S.U.,
n. 20449/2014); sicché, la decisione stessa non costituirebbe una
valutazione definitiva sulla competenza e sarebbe, come tale,
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sulla “opportunità dell’esperimento di una mediazione finalizzata alla

insuscettibile di impugnazione con il regolamento ex art. 42 cod. proc.
civ. (così ancora la citata Cass., S.U., n. 20449/2014).
c) con il terzo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione
degli artt. 111, secondo comma, Cost., 6, par. 1, CEDU e 88 c.p.c., per
aver il Tribunale pronunciato l’ordinanza di incompetenza territoriale a

costanza di un atteggiamento dilatorio della controparte, mentre
avrebbe dovuto ritenere preclusa l’eccezione di incompetenza;
c.1.) il motivo è inammissibile, giacché con esso non si prospetta
alcuna violazione delle norme sulla competenza, né si deduce un vulnus
all’esercizio dei poteri difensivi di essa parte attrice nel giudizio di
merito (cfr. la giurisprudenza citata al precedente § a.1);
d) con il quarto motivo è dedotta la violazione e falsa
applicazione degli artt. 18 e 20 c.p.c., 1327 c.c., anche in relazione
all’art. 115 c.p.c., nonché nullità dell’ordinanza impugnata per
motivazione omessa e apparante, in violazione degli artt. 111 Cost. e
132, n. 4, c.p.c., giacché il Tribunale – pur essendo incontestato il
perfezionamento degli incarichi professionali in Roma per l’immediata
esecuzione data agli stessi, ai sensi dell’art. 1327 c.c., nonché,
trattandosi di obbligazione di pagamento, essendo il luogo di
adempimento in Roma presso il domicilio del creditore avv. Ghia —
avrebbe motivato in modo solo apparente in ordine alla ritenuta
ricollegabilità delle prestazioni rese alla convenzione a suo tempo
sottoscritta tra le parti;
d.1) il motivo è in parte inammissibile e in parte infondato.
E’ inammissibile là dove si duole della carenza di motivazione
dell’ordinanza impugnata, in quanto — come in parte già evidenziato in
precedenza — l’istanza di regolamento di competenza ha la funzione di
investire la S.C. del potere di individuare definitivamente il giudice
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ben quattro anni di distanza dall’instaurazione del processo e in

competente, onde evitare che la designazione di quest’ultimo sia
ulteriormente posta in discussione nell’ambito della stessa
controversia, e le consente, pertanto, di estendere i propri poteri di
indagine e di valutazione, anche in fatto, ad ogni elemento utile
acquisito sino a quel momento al processo, senza incontrare limiti nel

esaminare le questioni di fatto non contestate nel giudizio di merito e
che non abbiano costituito oggetto del ricorso per regolamento di
competenza (tra le altre, Cass. n. 21422/2016).
E’ infondato là dove comunque deduce l’insorgenza
dell’obbligazione oggetto di causa in Roma, ai sensi dell’art. 1327 c.c.,
contestando la riconducibilità delle prestazioni all’accordo operativo”
del gennaio 2008, perfezionatosi in Verona, giacché una tale
riconducibilità risulta in modo piano da detto accordo (doc. n. 100,
“già doc 3”, di parte ricorrente), che – secondo uno schema che lo
stesso ricorrente richiama, seppur genericamente, a p. 4,

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6,

dell’istanza di regolamento – all’art. 2 fa riferimento proprio allo
svolgimento di incarichi professionali che UGC “deciderà di affidarmi
di volta in volta, mediante apposito incarico per il tramite del S.I.”
(Sistema Informativo), ciò essendo ribadito all’art. 3 (“L’attività di
gestione delle pratiche relative agli incarichi di volta in volta conferitimi
si svolgerà per mezzo dei canali informatici predisposti …”), nonché
nella descrizione delle attività contemplate dall’accordo (art. 3 e,
segnatamente, lettere A, B e C), che avevano riguardo sia alla “verifica
di tutte le posizioni conferite ad UGC con attività giudiziali in corso e
già affidatemi dalla mandante”, sia a “nuove pratiche”;
e) con il quinto mezzo è prospettata violazione e falsa
applicazione degli artt. 18 e 20 c.p.c. e 1182, commi terzo e quarto,
1374 e 2233 c.c., per aver il Tribunale errato a non considerare
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contenuto della sentenza impugnata e nelle difese delle parti, nonché di

facilmente determinabile, e quindi liquido, il credito per prestazioni
professionali dedotto in giudizio, avuto riguardo al parametro di
determinazione delle tariffe professionali di cui al d.m. n. 127 del 2004;
e.1) il motivo è infondato, in ragione del principio — affermato
da questa Corte successivamente all’approdo di cui a Cass., S.U., n.

oggetto il pagamento, in favore di un avvocato, del compenso
professionale che non sia stato determinato all’atto del conferimento
dell’incarico va adempiuta al domicilio del debitore, ai sensi dell’art.
1182, comma 4, c.c., trattandosi di credito non liquido, sicché, tanto
nel caso di azione volta all’accertamento ed alla liquidazione dei
compensi dovuti in favore del professionista, quanto di azione di

accertamento negativo circa l’esistenza stessa dell’obbligazione, la
competenza ex art. 20 c.p.c., in relazione al forum destinatae solutionis, va
radicata in capo al giudice del luogo ove il debitore ha il proprio
domicilio alla sua scadenza» (Cass. n. 118/2017);
che, pertanto, come correttamente statuito dall’ordinanza
impugnata, la competenza territoriale spetta al Tribunale di Verona in
base a tutti i criteri di collegamento(cui agli artt. 19 (giacché ivi è la
sede legale della società convenuta) e 20 c.p.c., con conseguente rigetto
del ricorso e condanna del ricorrente al pagamento delle spese del
presente procedimento, come liquidate in dispositivo in conformità ai
parametri di cui al d.m. n. 55 del 2014.
PER QUESTI MOTIVI
rigetta il ricorso e dichiara la competenza territoriale del
Tribunale di Verona;
condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del
giudizio di legittimità, che liquida in euro 10.000,00, per compensi,

Rtc. 2017 n. 02070 sez. M3 – ud. 30-10-2017
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17989/2016 e in armonia con esso — per cui «l’obbligazione avente ad

oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi
liquidati in euro 200,00, e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002,
dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della VI-3
Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, in data 30 ottobre
2017.

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