Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30290 del 22/11/2018

Cassazione civile sez. VI, 22/11/2018, (ud. 11/09/2018, dep. 22/11/2018), n.30290

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – rel. Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17688-2017 proposto da:

G.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GOLAMETTO

4, presso lo studio dell’avvocato FRANCO ANTONAZZO, che lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati ADRIANO DEL BIANCO,

GIANFRANCESCO GARATTONI;

– ricorrente –

contro

CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA E ASSISTENZA A FAVORE DEI RAGIONIERI E

PERITI COMMERCIALI, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA ANTONIO BERTOLONI

44/46, presso lo studio dell’avvocato MATTIA PERSIANI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIOVANNI BERETTA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1527/2016 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 23/01/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 11/09/2018 dal Consigliere Dott. GIULIO FERNANDES.

Fatto

RILEVATO

che, con sentenza del 23 gennaio 2017, la Corte di Appello di Milano, in riforma della decisione del primo giudice, rigettava la domanda proposta da G.A. nei confronti della Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza a favore dei Ragionieri e Periti Commerciali ed intesa all’accertamento del diritto di esso istante titolare di pensione di vecchiaia dal 1 gennaio 2009 – a vedersi corrispondere il trattamento pensionistico erogato dalla Cassa in base ai criteri antecedenti alle delibere del Comitato dei Garanti del 7 giugno 2003, 20 dicembre 2003 e 25 giugno 2011 per i versamenti effettuati fino al 22 giugno 2002 e, dopo quest’ultima delibera, per i versamenti successivi, nel rispetto del principio del pro-rata, con condanna della convenuta alla riliquidazione della pensione; che per la cassazione di tale decisione propone ricorso il G. affidato a due motivi cui resiste la Cassa con controricorso; che è stata depositata la proposta del relatore ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;

che la Cassa ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che: con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione della L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 3, comma 12, della L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 763, nonchè della L. 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 488, (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) per avere la Corte di Appello riconosciuto efficacia retroattiva alla norma introdotta dalla L. n. 296 del 2006, senza tenere conto del fatto che la liquidazione della pensione del ricorrente era stata effettuata in forza delle delibere del Comitato dei Delegati della Cassa del 22 giugno 2002, del 7 giugno 2003 e del 20 dicembre 2003 nonchè del regolamento della Cassa del 2004; con il secondo motivo viene denunciata violazione e falsa applicazione della L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 488, cit. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) non potendo riconoscersi carattere interpretativo all’art. 1, comma 488, cit. che, se pure lo avesse, comunque non potrebbe produrre effetti per il periodo anteriore all’entrata in vigore della L. n. 296 del 2007, art. 1, comma 763; nel motivo, quindi, viene evidenziato che l’interpretazione della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 763, così come fornita dalla L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 488: il principio del giusto processo intervenendo nel processo dopo il 2007 per alterare le sorti del contenzioso in corso; l’art. 1 del prot. addizionale n. 1, provocando la perdita del maturato previdenziale; degli artt. 14 CEDU e 1, prot. 12, in quanto discrimina coloro che hanno presentato domanda di pensione dopo il 1.1.2007 riducendo la quota reddituale delle loro pensioni; degli artt. 6 e 13 CEDU costituendo una ingerenza nei giudizi in corso alfine di determinare la vittoria ad uno dei contendenti;

che entrambi i motivi, da trattare congiuntamente in quanto logicamente connessi, sono infondati alla luce dei principi affermati da questa Corte a composizione di un contrasto giurisprudenziale insorto nell’ambito della Sezione ordinaria (cfr.; Cass. n. 17742 del 08/09/2015; 18136 del 16/09/2015) secondo cui;

” A) Nel regime dettato dalla 1. 8.08.95 n. 335 (legge di riforma del regime pensionistico obbligatorio e complementare), gli enti di previdenza privatizzati di cui al D.Lgs. 30 gennaio 1994, n. 509, (tra cui rientra la Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore di ragionieri e periti commerciali) non possono adottare, in funzione dell’obiettivo di assicurare l’equilibrio di bilancio e la stabilità delle proprie gestioni, provvedimenti (quale la delibera 28 giugno 1997 del Comitato dei delegati della Cassa, approvata con D.M. lavoro e previdenza sociale 31 luglio 1997) che, lungi dall’incidere sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico, impongano un massimale allo stesso trattamento e, come tali, risultino incompatibili con il rispetto del principio del pro rata, previsto dalla stessa L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 3, comma 12, in relazione alle anzianità già maturate rispetto all’introduzione delle modifiche derivanti dagli stessi provvedimenti.

B) Nel regime previdenziale dettato dalla L. 88 agosto 1995, n. 335, (legge di riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare), per le prestazioni pensionistiche erogate dagli enti previdenziali privatizzati ai sensi del D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 509, (tra cui rientra la Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore di ragionieri e periti commerciali) ed in relazione alle anzianità già maturate rispetto all’introduzione delle modifiche imposte dalla legge di riforma, per i trattamenti pensionistici maturati prima del 1 gennaio 2007 trova applicazione la L. n. 335 del 1995, art. 3,comma 12, nella formulazione originaria, che prevedeva l’applicazione rigorosa del principio del pro rata.

C) Nel regime previdenziale e per gli enti indicati al capo che precede, per i trattamenti pensionistici maturati dal 1 gennaio 2007 in poi trova applicazione la L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 3, comma 12, nella formulazione introdotta dalla L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 763, che prevede che gli enti previdenziali suddetti emettano delibere che mirano alla salvaguardia dell’equilibrio finanziario di lungo termine, “avendo presente” – e non più rispettando in modo assoluto – il principio del pro rata, tenendo conto dei criteri di gradualità e di equità fra generazioni. Con riferimento agli stessi trattamenti pensionistici maturati dopo dal 10 gennaio 2007, sono fatti salvi gli atti e le deliberazioni in materia previdenziale già adottati dagli enti medesimi ed approvati dai Ministeri vigilanti prima della data di entrata in vigore della L. n. 296 del 2006, ai sensi dell’ultimo periodo della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 763, come interpretato dalla L. 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 488, il quale ha contenuto chiarificatore del dettato legislativo e non viola i canoni legittimanti l’intervento interpretativo del legislatore desumibili dalla Costituzione e dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo.”.

che, peraltro, le questioni sollevate nel secondo motivo di compatibilità della L. n. 147 del 2013 con i principi del giusto processo e della CEDU risultano essere state scrutinate nelle menzionate decisioni di questa Corte (vedi in particolare paragrafi da 13.2 a 15 cui si rimanda); nè gli argomenti prospettati nel ricorso possono indurre a disattendere l’orientamento segnato dalle sezioni unite, al quale va data continuità, poichè le ragioni indicate a fondamento dei principi affermati, da intendersi qui richiamate ex art. 118 disp. att. c.p.c., sono integralmente fatte proprie dal Collegio;

che, pertanto, in adesione alla proposta del relatore, il ricorso va rigettato;

che le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono poste a carico del ricorrente e vengono liquidate come da dispositivo;

che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1,comma 17, (legge di stabilità 2013) trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame.

PQM

La Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 2.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 11 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 22 novembre 2018

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