Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30288 del 15/12/2017


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 30288 Anno 2017
Presidente: AMENDOLA ADELAIDE
Relatore: VINCENTI ENZO

ORDINANZA
sul ricorso 23225-2016 proposto da:
DE PAOLA MARCO, in qualità di unico erede del sig. Garofano
Domenico, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR
presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE,
rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE CECCARELLI;
– ricorrente contro
VITTORIA ASSICURAZIONI S.P.A., in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, P.LE
CLODIO 61, presso lo studio dell’avvocato CATERINA MAFFEY,
rappresentata e difesa dall’avvocato FERDINANDO FRASCA;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 15/12/2017

avverso la sentenza n. 1375/2016 del TRIBUNALE di AVELLINO,
depositata il 03/06/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 30/10/2017 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI.
Ritenuto che, con ricorso affidato a quattro motivi, Marco De

del Tribunale di Avellino, in data 3 giugno 2016, che, in totale riforma
della decisione del Giudice di pace di Cervinara, ha rigettato la
domanda di risarcimento danni avanzata dal Carofano a seguito del
sinistro stradale occorso il 17 gennaio 2011, allegando di essere stato
investito, quale pedone, dall’autovettura di proprietà di Giulio Abate e
Alfonso Tropeano, assicurata presso la Vittoria Assicurazioni S.p.A.,
riportando la frattura del femore della gamba destra;
che il giudice di appello, ritenuto ammissibile il gravame,
reputava non convincenti le risultanze istruttorie, escludendo che i testi
avessero “potuto assistere al sinistro così come narrato”, in quanto: 1)
avevano mancato di chiarire chi, nonostante l’arrivo
dell’autombulanza, avesse riaccompagnato presso l’abitazione “un
vecchietto di anni 77 con una frattura al femore”, “limitandosi a
riferire che preferiva il ricovero all’ospedale di Benevento e non a
quello di Avellino”, là dove, poi, lo stesso Carofano si era recato in
ospedale soltanto nel pomeriggio; 2) a tanto si aggiungeva “la stranezza
in ordine alla estrema precisione dei punti di urto e di contatto”, che
non poteva, invece, essere così circostanziata, “posto che il bar” (dove
erano collocati i testimoni) “si trovava all’intersezione tra via Napoli e
via Aldo Moro, mentre l’urto sarebbe avvenuto con lo specchietto
retrovisore destro che chiaramente non poteva essere visualizzato da
quella posizione”;

Ric. 2016 n. 23225 sez. M3 – ud. 30-10-2017
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Paola, quale erede di Domenico Carofano, ha impugnato la sentenza

che resiste con controricorso la Vittoria Assicurazioni S.p.A.,
mentre non hanno svolto attività difensiva in questa sede gli intimati
Giulio Abate e Alfonso Tropeano;
che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc.
civ., è stata comunicata ai difensori delle parti, unitamente al decreto di

che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione
semplificata.

Considerato che:
a) con il primo mezzo è denunciata violazione e falsa
applicazione dell’art. 342 c.p.c., per la mancata dichiarazione di
inammissibilità dell’appello della Vittoria Assicurazioni, redatto in
contrasto con la nuova formulazione della suindicata norma
processuale;
a.1) il motivo è inammissibile, giacché, per un verso, il giudice di
appello si è espressamente pronunciato sulla ammissibilità del gravame
per essere stato confezionato nel pieno rispetto del vigente art. 342
c.p.c., mentre, per altro verso, il ricorrente manca del tutto di dare
contezza, sia pure per sintesi, dei contenuti dell’atto di appello della
Vittoria Assicurazione, oltre che di fornirne idonea localizzazione
processuale ai sensi dell’art. 366, primo comma, n. 6, c.p.c.;
b) con il secondo mezzo è dedotta violazione e falsa
applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonché “vizio della
motivazione, omessa insufficiente e contraddittoria”, avendo il
Tribunale, nonostante non vi fosse contestazione sulla verificazione
del sinistro, negato l’accaduto come allegato dall’attore;
c) con il terzo mezzo è prospettata

violazione e falsa

applicazione degli artt. 115, 116 c.p.c. e 2697 c.c. “in relazione all’art.
360 c.p.c. n. 5”, quale “ipotesi di travisamento della prova”, avendo il
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fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;

Tribunale – nonostante che “l’evento (caduta del pedone)” si era
certamente verificato la mattina del 17 gennaio 2011, “cosa non
contestata dalle parti” – escluso che si fosse effettivamente verificato,
trascurando di valutare la comparsa di costituzione della Vittoria
Assicurazioni, la mancata risposta del convenuto Abate

quella del teste Stanzione);
d) con il quarto mezzo è denunciata “mancanza della
motivazione e contraddittorietà processuale della motivazione”, per
aver il Tribunale escluso la verificazione dell’evento lesivo in contrasto
con le risultanze processuali e la mancata contestazione delle parti;
b.c.d. 1) i motivi, da scrutinarsi congiuntamente, sono
inammissibili, giacché, nella loro effettiva sostanza e portata, sono volti
a criticare l’accertamento in fatto operato dal giudice del merito senza
dedurre in modo specifico e congruente, ai sensi del vigente art. 360,
primo comma, n. 5, c.p.c., l’omesso esame di fatti storici decisivi da
parte del giudice di appello, ma censurandone la motivazione in punto
di valutazione delle complessive risultanze di causa ed istruttorie, ciò
che non è più consentito dalla citata norma processuale, non
rientrando, di per sé, l’omessa valutazione di prove (nella specie, del
resto, non riscontrabile nella sentenza impugnata) nel concetto di
omesso esame di fatto storico (Cass., S.U., n. 8053/2014). Inoltre, le
stesse doglianze (salvo per quanto concerne i contenuti della prova
testimoniale, che, tuttavia, non solo è carente di idonea localizzazione
processuale, ma, in ogni caso, è stata oggetto di diretta valutazione da
parte del Tribunale) mancano di evidenziare, sia pure per sintesi, ma in
modo intelligibile e specifico, gli atti processuali di cui si assume la
carente considerazione (anche ai fini del, seppur generico, riferimento
al principio di non contestazione), altresì omettendo di fornirne idonea
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all’interrogatorio formale e le dichiarazioni testimoniali (segnatamente,

localizzazione processuale ai sensi dell’art. 366, primo comma, n. 6,
c.p.c.;
il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile e il ricorrente
condannato al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle
spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo in

che non occorre provvedere alla regolamentazione di dette
spese nei confronti degli intimati che non hanno svolto attività
difensiva in questa sede.
PER QUESTI MOTIVI
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, in favore
della parte controricorrente, in curo 2.300,00, per compensi, oltre alle
spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in
curo 200,00, e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002,
dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della VI-3
Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, in data 30 ottobre
2017.
Il Presidente

conformità ai parametri di cui al d.m. n. 55 del 2014;

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