Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30285 del 22/11/2018

Cassazione civile sez. VI, 22/11/2018, (ud. 18/07/2018, dep. 22/11/2018), n.30285

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso 15106-2017 preposto da:

S.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CRESCENZIO 2,

presso lo studio dell’avvocato EZIO BONANNI, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato STEFANO COLALELLI;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA

dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati

GIUSEPPINA GIANNICO, ANTONELLA PATTERI, SERGIO PREDEN, LUIGI

CALIULO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 42/2017 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 08/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 18/07/2018 dal Consigliere Dott. LUIGI CAVALLARO.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza depositata il 8.3.2017, la Corte d’appello dell’Aquila ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva dichiarato prescritto il diritto di S.G. alla rivalutazione contributiva della L. n. 257 del 1992, ex art. 13, per i periodi di lavoro in cui egli era stato esposto ad amianto;

che avverso tale pronuncia S.G. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo sedici motivi di censura; che l’INPS ha resistito con controricorso;

che è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;

che parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con il primo motivo, il ricorrente denuncia di nullità la sentenza di appello per non aver dichiarato la nullità della sentenza di primo grado che aveva omesso di pronunciarsi su parte della domanda;

che, con il secondo, il quarto, il quinto, il settimo, l’ottavo e il quindicesimo motivo, il ricorrente si duole sotto vari profili che la

Corte di merito, in assenza di alcun gravame incidentale da parte dell’INPS, abbia ritenuto che l’Istituto avesse eccepito in primo grado la prescrizione del diritto alla rivalutazione contributiva in quanto tale e non soltanto quella dei singoli ratei di pensione, senza peraltro pronunciarsi sul rilievo di genericità dell’eccezione (e di infondatezza della stessa, alla stregua della nuova disciplina dettata dalla L. n. 247 del 2007) e di mancato esercizio dei poteri istruttori, anche ufficiosi, da parte del primo giudice in punto di consapevolezza dell’avvenuta esposizione all’amianto;

che, con il terzo e il sesto motivo, il ricorrente lamenta che la Corte territoriale abbia ritenuto che la disciplina dettata dalla L. n. 247 del 2007, non avesse interferito sulla natura e la maturazione del diritto alla rivalutazione contributiva, diversamente da quanto opinato in fattispecie analoga da altra sentenza di merito pronunciata dal Tribunale di Ravenna e da questa stessa Corte, con la sentenza n. 25000 del 2014;

che, con il nono, il decimo, l’undicesimo e il quattordicesimo motivo, il ricorrente censura – anche sotto il profilo dell’omesso esame di fatti decisivi indicati a pagg. 67-68 del ricorso per cassazione e della apparenza della motivazione – che la Corte di merito abbia ritenuto raggiunta la prova della sua consapevolezza di essere stato esposto ad amianto fin dalla data della presentazione all’INAIL della richiesta di certificazione propedeutica al riconoscimento del beneficio oggetto del presente giudizio;

che, con il dodicesimo e il tredicesimo motivo, il ricorrente lamenta che la Corte territoriale non abbia pronunciato sul motivo di gravame secondo cui che la prescrizione del suo diritto alla rivalutazione contributiva avrebbe comunque dovuto ritenersi sospesa ex art. 2941 c.c., n. 8, per dolo del debitore, avendo l’INPS sempre sostenuto l’insussistenza del diritto in questione;

che, con il sedicesimo motivo, il ricorrente denuncia d’illegittimità costituzionale e lesività per l’affidamento dei cittadini il principio di diritto più volte enunciato da questa Corte circa l’assoggettabilità a prescrizione decennale del diritto alla rivalutazione in quanto tale, avuto riguardo all’orientamento precedente secondo cui la prescrizione doveva ritenersi afferire esclusivamente ai ratei di pensione;

che il primo motivo è manifestamente infondato, essendo consolidato il principio secondo cui, in considerazione della tassatività delle ipotesi di rimessione di cui agli artt. 353 e 354 c.p.c. e della conversione nei motivi di nullità in motivi di impugnazione (art. 161 c.p.c., comma 1), il giudice di appello, in caso di prospettata violazione dell’art. 112 c.p.c., nei motivi di gravame, non deve rimettere la causa al giudice di primo grado, nè limitarsi a dichiarare la nullità della sentenza, ma deve decidere la causa nel merito (cfr. da ult. Cass. n. 27516 del 2016), così come nel caso di specie ha fatto la Corte territoriale;

che, con riguardo alle doglianze di cui agli ulteriori motivi, questa Corte ha ormai consolidato il principio di diritto secondo cui, posto che il beneficio della rivalutazione contributiva della posizione assicurativa di cui alla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, è autonomo rispetto al diritto alla pensione e può essere fatto valere a prescindere dall’avvenuto pensionamento, traducendosi in una modalità più favorevole di calcolo della contribuzione per la determinazione della pensione medesima (cfr. fra le più recenti Cass. nn. 2351 del 2015, 17433 e 11903 del 2017), la prescrizione di esso, non incidendo sulla rivendicazione di una componente del credito previdenziale, decorre dal momento in cui il lavoratore abbia la consapevolezza della suddetta esposizione ed è riferita al diritto in quanto tale (cfr. tra le più recenti Cass. n. 2856 del 2017, sulla scorta di Cass. nn. 25000 e 25007 del 2014, 15965 e 16128 del 2015, 10882 e 10887 del 2016, che hanno tutte rimarcato come decisivo, ai fini della decorrenza della prescrizione, sia il fatto che il lavoratore abbia la consapevolezza dell’esposizione ad amianto, mentre non rileva la questione se sia o meno pensionato e da quando);

che non è validamente invocabile in contrario il principio di imprescrittibilità del diritto a pensione, non estendendosi tale principio a tutte le singole azioni relative alla costituzione della posizione contributiva e non potendosi dubitare del carattere sostanzialmente costitutivo del procedimento amministrativo e dell’azione in giudizio diretta al riconoscimento del beneficio contributivo per esposizione all’amianto, stanti i vincoli sostanziali, temporali e procedurali posti dalla legislazione in materia (così tra le tante Cass. n. 22948 del 2016);

che questa Corte ha già avuto modo di chiarire che i principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in materia di prospettive overruling non si applicano ad una scelta interpretativa di merito, necessariamente retroattiva, in ordine al contenuto di norme sostanziali, quali nella specie quelle concernenti la prescrizione (Cass. nn. 20172 del 2013, 6264 del 2014 e, più di recente, Cass. nn. 1824, 12977 e 15798 del 2018);

che, in tema di prescrizione estintiva, l’elemento costitutivo dell’eccezione è l’inerzia del titolare del diritto fatto valere in giudizio e la manifestazione della volontà di profittare dell’effetto ad essa ricollegato dall’ordinamento, mentre la determinazione della durata di questa configura una quaestio iuris sull’identificazione del diritto azionato e del regime prescrizionale applicabile, che, previa attivazione del contraddittorio, è rimessa al giudice (cfr. in tal senso Cass. n. 15337 del 2016 e più di recente, nello stesso senso, Cass. n. 13742 del 2018);

che, con riguardo al caso di specie, la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione di tali principi, atteso che, dopo aver esattamente attribuito rilievo alla proposizione dell’eccezione di prescrizione del diritto alla rivalutazione contributiva in quanto tale, siccome formulata dall’INPS a pag. 5 della memoria di costituzione in primo grado, al fine di escludere la ricorrenza della censura di extrapetizione formulata nel gravame, ha ancorato alla consapevolezza dell’avvenuta esposizione all’amianto il momento di decorrenza della prescrizione, confermando la pronuncia del primo giudice nella parte in cui aveva accertato in via presuntiva che essa doveva ritenersi nota all’interessato già all’epoca della presentazione della domanda amministrativa all’INAIL;

che, in ragione di quanto sopra, la sentenza risulta immune dalle critiche rivoltele in diritto (anche sotto il profilo della apparenza della motivazione, non ricorrendo alcuna delle ipotesi tipizzate da Cass. n. 20112 del 2009 e Cass. S.U. n. 8053 del 2014), e inattaccabile ex art. 348-ter c.p.c., u.c., per ciò che concerne l’accertamento di fatto concernente il momento della consapevolezza dell’avvenuta esposizione, trattandosi di c.d. doppia conforme di merito;

che analogamente è da dirsi con riguardo alle doglianze di cui al dodicesimo e tredicesimo motivo, essendosi consolidato l’orientamento secondo cui la causa di sospensione della prescrizione di cui all’art. 2941 c.c., n. 8, ricorre quando sia posto in essere dal debitore un comportamento intenzionalmente diretto ad occultare al creditore l’esistenza dell’obbligazione, consistente in una condotta ingannatrice e fraudolenta tale da comportare per il creditore una vera e propria impossibilità di agire, non una mera difficoltà di accertamento del credito (Cass. nn. 10592 del 1998, 291 del 2000, 9113 del 2007, 21567 del 2014), ciò che nella specie non è stato nemmeno dedotto (cfr. pagg. 69 ss. del ricorso per cassazione), e dovendosi per il resto dare continuità al principio di diritto secondo cui la Corte di cassazione, in ragione della funzione nomofilattica ad essa affidata dall’ordinamento nonchè dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo, di cui all’art. 111 Cost., comma 2, ha il potere, in una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 384 c.p.c., di correggere la motivazione anche a fronte di un error in procedendo, quale la motivazione omessa, mediante l’enunciazione delle ragioni che giustificano in diritto la decisione assunta, anche quando si tratti dell’implicito rigetto della domanda (cfr. da ult. Cass. S.U. n. 2731 del 2017);

che il ricorso, conclusivamente, va rigettato, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, che seguono la soccombenza;

che, in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 3.200,00, di cui Euro 3.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 18 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 22 novembre 2018

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