Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30281 del 22/11/2018

Cassazione civile sez. lav., 22/11/2018, (ud. 11/10/2018, dep. 22/11/2018), n.30281

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17254/2017 proposto da:

G.G., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato PIETRO GORGOGLIONE, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

BONATTI S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LAZIO 20/C, presso lo studio

dell’avvocato CLAUDIO COGGIATTI, che la rappresenta e difende

unitamente agli avvocati ANTONIO BELLI, MICHELE BELLI, giusta delega

in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 824/2016 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 23/12/2016 R.G.N. 882/2015.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di Appello di Bologna, con sentenza del 23 dicembre 2016, ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva respinto le domande proposte da G.G. nei confronti della Bonatti Spa volte a far dichiarare l’illegittimità del licenziamento intimato in data 19 aprile 2011 per giustificato motivo oggettivo, la condanna della datrice di lavoro al pagamento di differenze retributive per le mansioni superiori di Quadro asseritamente svolte nonchè il rimborso del pagamento di biglietti aerei.

La Corte territoriale ha ritenuto innanzitutto che il licenziamento era stato intimato nella sussistenza di un giustificato motivo oggettivo rappresentato dalla guerra civile scoppiata in Libia che aveva determinato “la chiusura di tutti gli impianti” della Bonatti, anche quello ove operava l’ing. G., mentre non ricorreva la natura disciplinare prospettata dal ricorrente.

Ha confermato la valutazione delle risultanze istruttorie già effettuata dal primo giudice circa il mancato espletamento di mansioni superiori, anche “alla luce delle declaratorie contrattuali del livello di inquadramento e della qualifica rivendicata”.

Infine, in merito al motivo di appello concernente il “rimborso delle spese sostenute per l’acquisto del biglietto aereo del 23 settembre 2010”, la Corte lo ha disatteso argomentando che il contratto individuale intercorso tra le parti prevedeva il diritto ad un “biglietto aereo in classe turistica da o per l’aeroporto più vicino all’abituale luogo di residenza” (nella specie (OMISSIS)) mentre il luogo di destinazione del biglietto in questione era (OMISSIS).

2. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso il G. con 4 motivi, cui ha resistito la Bonatti Spa con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo del ricorso denuncia “violazione o falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 7”, sostenendo che, contrariamente a quanto ritenuto dai giudici di merito, “dalla lettera di licenziamento emerge con chiarezza come la vera causa dello stesso sia di natura disciplinare e concerna il rifiuto da parte del ricorrente di accettare la proposta formulata dall’azienda in data 14.3.2011”.

Con il secondo mezzo si denuncia “violazione e falsa applicazione di norme di diritto riferita alla L. n. 604 del 1966, art. 3,in relazione all’obbligo di ripescaggio”, criticando la sentenza impugnata per avere ritenuto che la proposta del 14 marzo 2011 non costituisse, come prospettato dal G., “la proposta di nuovo contratto fra le parti, bensì semplicemente una proposta di prosecuzione del rapporto di lavoro con trasferimento al Ruolo Italia alla luce dell’impossibilità di mantenere il lavoratore nel Ruolo Estero Libia in cui era stato assunto e con il mantenimento dell’inquadramento nel settimo livello nonchè nel rispetto del contenuto delle mansioni svolte dal lavoratore”.

I motivi possono essere trattati congiuntamente in quanto investono il capo di sentenza relativo all’impugnativa di licenziamento e sono inammissibili.

Entrambi, infatti, nonostante l’invocazione solo formale dell’errore di diritto di cui dell’art. 360 c.p.c., n. 3, nella sostanza tendono a provocare una diversa valutazione della vicenda storica rispetto a quella effettuata dai giudici cui spetta la competenza esclusiva sul merito; si insiste, infatti, nella tesi secondo cui il licenziamento sarebbe stato determinato dal motivo disciplinare rappresentato dal rifiuto di aderire alla proposta del 14 marzo 2011, mentre la Corte, anche attraverso l’interpretazione della lettera di licenziamento, è giunta a diversa conclusione, ravvisando la sussistenza di un giustificato motivo oggettivo di licenziamento rappresentato dalla chiusura degli impianti per la crisi libica.

Si tratta di un accertamento, che attiene tipicamente ad una quaestio facti, certamente sottratto al sindacato di legittimità, tanto più nel vigore dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, novellato, così come rigorosamente interpretato da Cass. SS.UU. nn. 8053 e 8054 del 2014, di cui parte istante non tiene alcun conto.

2. Parimenti inammissibile il terzo motivo, con cui si denuncia “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 116 c.p.c., in relazione alle risultanze istruttorie concernenti le mansioni realmente svolte dal ricorrente”.

La stessa formulazione del motivo con il riferimento alle risultanze istruttorie rende palese come il ricorrente, anche attraverso il riferimento a deposizioni testimoniali estesamente riprodotte, critichi la valutazione del materiale probatorio che ha indotto entrambi i gradi di merito ad escludere che il G. abbia in concreto svolto le mansioni di Quadro.

Non di errore di diritto si tratta, bensì di diversa ricostruzione dei fatti inibita a questa Corte, anche perchè, per i giudizi di appello instaurati dopo il trentesimo giorno successivo alla entrata in vigore della L. 7 agosto 2012, n. 134 (pubblicata sulla G.U. n. 187 dell’11.8.2012), di conversione del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, rispetto ad un appello promosso come nella specie dopo la data sopra indicata (del richiamato D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 2), opera la preclusione per il ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello che conferma la decisione di primo grado, qualora il fatto sia stato ricostruito nei medesimi termini dai giudici di primo e di secondo grado (art. 348 ter c.p.c., u.c., in base al quale il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non è deducibile in caso di impugnativa di pronuncia c.d. doppia conforme; v. Cass. n. 23021 del 2014).

3. Con l’ultimo motivo si denuncia “violazione e falsa applicazione dell’art. 4 contratto di lavoro in relazione al rimborso del biglietto aereo del settembre 2010”; si lamenta che il G. aveva richiesto il rimborso del biglietto relativo alla tratta (OMISSIS) e non, come erroneamente ritenuto dalla Corte territoriale, della tratta (OMISSIS).

La censura è palesemente inammissibile perchè denuncia la violazione e la falsa applicazione di una disposizione di un contratto individuale e non un errore di diritto concernente una norma di legge o di contratto collettivo nazionale, per cui esorbita dal catalogo dei vizi denunciabili in cassazione ex art. 360 c.p.c..

4. Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile; le spese seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo.

Occorre dare atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro 4.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, rimborso spese forfettario al 15% ed accessori secondo legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 22 novembre 2018

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