Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30270 del 30/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 30/12/2011, (ud. 15/12/2011, dep. 30/12/2011), n.30270

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

C.C. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA E. MANFREDI 17, presso il proprio studio, rappresentato e

difeso da sè stesso;

– ricorrente –

contro

CARISPAQ CASSA DI RISPARMIO DELLA PROVINCIA DEL L’AQUILA SPA

(OMISSIS), in persona del presidente e legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE G. MAZZINI 123,

presso lo studio dell’avvocato VOTANO STEFANIA, che la rappresenta e

difende giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2176/2010 della CORTE D’APPELLO di ROMA, del

3.2.2010 depositata il 18/05/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/12/2011 dal Consigliere Relatore Dott. MAURIZIO MASSERA;

udito l’Avvocato C.C. difensore di se stesso (ricorrente)

che si riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. ROSARIO GIOVANNI RUSSO che

nulla osserva.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, Letti gli atti depositati, osserva:

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 – Il fatto che ha originato la controversia è il seguente: la Carispaq chiese il risarcimento del danno arrecatole dal proprio legale C.C. nell’espletamento di attività professionale (omessa tutela nei confronti di tre conduttori di immobili di proprietà della Banca e mancata restituzione dei documenti ripetutamente sollecitati).

Con sentenza depositata in data 18 maggio 2010 la Corte d’Appello di Roma ha elevato ad Euro 44.838,66 la somma che il Tribunale aveva condannato il C. a pagare.

2 – Il relatore propone la trattazione del ricorso in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375, 376, 380 bis c.p.c..

3. – Il ricorso è inammissibile per violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, per la assolutamente inadeguata esposizione dei fatti di causa, con particolare riferimento allo svolgimento del processo di primo grado. Occorre al riguardo ribadire che (Cass. n. 4403 del 2006; Cass. n. 13550 del 2004), ai fini della sussistenza del requisito della “esposizione sommaria dei fatti di causa”, prescritto a pena di inammissibilità per il ricorso per cassazione è necessario, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso, che in esso si rinvengano tutti gli elementi indispensabili perchè il giudice di legittimità possa avere la completa cognizione dell’oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni in esso assunte dalle parti, senza dovere ricorrere ad altre fonti o atti del processo, ivi compresa la sentenza impugnata, onde acquisire un quadro degli elementi fondamentali in cui si collocano le decisioni censurate e i motivi delle doglianze prospettate.

Il ricorrente non ha soddisfatto il principio sopra ribadito poichè nel ricorso risultano omesse: la descrizione dei fatti che avevano ingenerato la controversia, la posizione delle parti e le difese spiegate in giudizio di primo grado dalle stesse, le statuizioni adottate dal primo giudice e le ragioni a esse sottese, avendo, per tali fondamentali notizie, il ricorrente riprodotto la sentenza di appello, che non menziona gli elementi indicati.

4. – Sotto diverso profilo, si osserva quanto segue.

Il primo motivo denuncia violazione di norma di diritto. Si assume che il diritto al risarcimento dei danni derivante dall’inadempimento dell’obbligo di restituire la cosa locata alla cessazione del contratto si prescrive nell’ordinario termine decennale.

La censura non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata, secondo cui il mandato conferito al C. comprendeva il recupero di canoni scaduti e mai pagati dal conduttore e tale diritto è soggetto al termine breve di prescrizione di cui all’art. 2948 c.c., n. 3.

Il secondo motivo denuncia ancora violazione di norme di diritto circa un punto essenziale, costituito dall’accoglimento dell’appello incidentale.

Anche questa censura – come del resto la precedente – è inammissibile per violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 4 poichè non indica quale sarebbe la norma violata. Inoltre essa adduce argomentazioni che implicano esame delle risultanze processuali e valutazioni di merito, attività inibite in sede di legittimità.

Il terzo motivo ipotizza violazione di norme di diritto con riferimento alla affermata inapplicabilità della compensazione tra rispettivi crediti.

La censura si limita a riprodurre articoli del c.c. senza addurre specifiche argomentazioni dimostrative dell’errore in cui sarebbe incorsa la Corte territoriale.

4.- La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;

Il ricorrente ha presentato memoria ed ha chiesto d’essere ascoltato in camera di consiglio;

5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione; che le argomentazioni addotte dal ricorrente con la memoria, che non può legittimamente integrare il ricorso, non superano i rilievi contenuti nella relazione e, quindi, non inducono a statuizione diversa; infatti anche molto recentemente (ordinanza pronunciata all’udienza dell’1 dicembre 2011) questa stessa sezione ha ribadito che, alla luce di un insegnamento giurisprudenziale pressochè consolidato, il ricorso per cassazione è inammissibile se il ricorrente, anzichè narrare i fatti di causa ed esporre l’oggetto della pretesa come prescritto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, si limiti a trascrivere integralmente gli atti dei precedenti gradi del giudizio ovvero si limiti ad allegare, mediante “spillatura”, tali atti al ricorso (cfr. ad esempio, Cass. 16 marzo 2011, n. 6279); la prescrizione contenuta nell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, secondo la quale il ricorso per cassazione deve contenere, a pena d’inammissibilità, l’esposizione sommaria dei fatti di causa – in particolare – non può ritenersi osservata quando il ricorrente non riproduca alcuna narrativa della vicenda processuale, nè accenni all’oggetto della pretesa, limitandosi ad allegare l’atto introduttivo del giudizio di primo grado e il testo integrale di tutti gli atti successivi, rendendo particolarmente indaginosa l’individuazione della materia del contendere e contravvenendo allo scopo della disposizione, preordinata ad agevolare la comprensione dell’oggetto della pretesa e del tenore della sentenza impugnata in immediato coordinamento con i motivi di censura (Cass., sez. un., 17 luglio 2009 n. 16628; sempre nella stessa ottica, altresì, Cass. 22 settembre 2009, n. 20393, tra le tantissime); che il ricorso deve, perciò, essere dichiarato inammissibile; le spese seguono la soccombenza;

visti gli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ..

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 2.700,00, di cui Euro 2.500,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione civile – 3, il 15 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2011

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