Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30267 del 30/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 30/12/2011, (ud. 12/12/2011, dep. 30/12/2011), n.30267

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. AMENDOLA Adelaide – rel. Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

D.L.B. (OMISSIS), B.A.

(OMISSIS), D.L.S. (OMISSIS), elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA GERMANICO 107, presso lo studio

dell’avvocato GELERA’ GIORGIO, che li rappresenta e difende

unitamente agli avvocati DAL LAGO UGO, SPILLARE CARLO giusta mandato

in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

GESTIONE LIQUIDATORIA della disciolta ULSS n. (OMISSIS) “ALTO

VICENTINO”

(OMISSIS), in persona del proprio Commissario liquidatore e

legale rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

ALBERICO II 11, presso lo studio dell’avvocato SCARPA ANGELO, che la

rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del

controricorso;

L.R. (OMISSIS), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA L. BISSOLATI 76, presso lo studio dell’avvocato GARGANI

BENEDETTO, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati

MASSIGNANI ARMANDO, MASSIGNANI LUCA giusta procura speciale a margine

del controricorso;

– controricorrenti –

contro

ASSICURAZIONI GENERALI SPA, in persona dei legali rappresentanti pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA C. COLOMBO 440,

presso lo studio dell’avvocato TASSONI FRANCO, che lo rappresenta e

difende unitamente agli avvocati TASSONI FRANCESCO, DE SORTOLI

GIOVANNI giusta mandato in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

C.G.S. (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA BISSOLATI 76, presso lo studio dell’avvocato

GARGANI BENEDETTO, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato FANCHIN GIUSEPPE giusta procura a margine della seconda

pagina del controricorso;

– controricorrente –

e contro

ENTE OSPEDALIERO BOLDRINI di (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 1273/2010 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA del

7/04/2010, depositata il 09/06/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/12/2011 dal Consigliere Relatore Dott. GIOVANNI GIACALONE;

udito l’Avvocato Dal Lago Ugo difensore dei ricorrenti che si riporta

agli scritti;

udito l’Avvocato Antonio Ielo (delega avvocato Scarpa) difensore

della controricorrente (Gestione Liquidatoria) che si riporta agli

scritti;

udito l’Avvocato Tassoni Francesco difensore della controricorrente

(Assicurazioni Generali) che si riporta agli scritti;

udito l’Avvocato Catalano Roberto (delega avvocato Gargani) difensore

dei controricorrenti ( C. e L.) che si riporta agli

scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. CARLO DESTRO che nulla

osserva.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

Nella causa indicata in premessa, è stata depositata la seguente relazione:

1 – La sentenza impugnata (App. Venezia 9.6.2010, notificata il 19.10.2010), confermando quella di primo grado, ha, per quanto qui rileva, affermato che non era possibile pervenire all’individuazione, in capo agli ortopedici che ebbero in cura D.L.S. (la menomazione da lei patita era da ricondurre alla lesione provocata dalla caduta, coma da CTU in primo grado), di una responsabilità che neppure il consulente incaricato dagli odierni ricorrenti era riuscito ad individuare e che, in primo grado, il consulente di parte attrice aveva ravvisato sulla base di dati risultati non veritieri.

2 – Ricorrono per cassazione i D.L. e la B., con quattro motivi, Resistono con rispettivi controricorsi il L., il C., la Gestione liquidatoria dell’ULSS (OMISSIS) Alto Vicentino e la Assicurazioni Generali. L’altro intimato (Ente Ospedaliero Boldrini (OMISSIS)) non ha svolto attività difensiva.

3. Il ricorso denuncia: 1) vizio di motivazione e violazione artt. 1218, 1223, 2236, 2697, 2727 c.c. artt. 115 e 116 c.p.c. per avere la Corte territoriale violato il principio della vicinanza della prova, nonchè le regole sul riparto dell’onere probatorio in tema di responsabilità professionale del medico; 2) ulteriore vizio di motivazione e violazione delle predette norme per violazione del principio del “più probabile che non” che dovrebbe guidare la decisione in caso d’incertezza sul rapporto di causalità; 3) vizio di motivazione e violazione degli artt. 2697, 2702 e 2730 c.c. artt. 115 e 116 c.c. circa la valenza probatoria per un verso riconosciuta e per un verso negata alla relazione del Prof. R. prodotta dagli odierni ricorrenti; 4) omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5) perchè la Corte territoriale non avrebbe speso neppure una parola sul punto della responsabilità contrattuale della struttura ospedaliera invocata dagli odierni ricorrenti in appello.

3.1. – La censure sono manifestamente prive di pregio. Il giudice di appello ha proceduto ad una completa e puntuale valutazione degli elementi probatori acquisiti agli atti dando conto del perchè riteneva adeguatamente valutate dal giudice di prime cure le risultanze della C.T.U. ed ha verificato che anche dalla relazione di parte prodotta dagli odierni ricorrenti in appello risultava che la causa della menomazione patita dalla D.L. era riportabile esclusivamente alla caduta e non all’opera degli ortopedici che l’avevano avuta in cura.

3.2. Il primo motivo, pertanto – non cogliendo correttamente il decisum – impugna un’asserita illegittima ripartizione dell’onere probatorio; mentre la Corte territoriale si è pronunciata sulla infondatezza della dedotta domanda d’inadempimento della prestazione professionale, in armonia con il consolidato indirizzo di questa S.C, secondo cui, in tema di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria e di responsabilità professionale da contatto sociale del medico, ai fini del riparto dell’onere probatorio l’attore, paziente danneggiato, deve limitarsi a provare l’esistenza del contratto (o il contatto sociale) e l’insorgenza o l’aggravamento della patologia ed allegare l’inadempimento del debitore, astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato, rimanendo a carico del debitore dimostrare o che tale inadempimento non vi è stato – come nella specie è risultato accertato fin dalla CTU in primo grado – ovvero che, pur esistendo, esso non è stato eziologicamente rilevante (Cass. S.U. n. 577/08; Cass. n. 20101/09; 1538/10). Lo stesso dicasi per il secondo motivo, che non coglie neanche esso il corretto ed effettivo decisum: nessuna incertezza sul nesso causale, ma anzi la pacifica sussistenza di elementi che inducevano a ricondurre la menomazione esclusivamente alla caduta (come rilevato dallo stesso consulente di parte in appello degli odierni ricorrenti). Quindi il 2^ motivo non è correttamente riferibile alla decisione impugnata.

3.3. Rispetto alla congrua e corretta ricostruzione della causa della menomazione operata dal giudice di appello, la censura di cui al terzo motivo implica accertamenti di fatto e valutazioni di merito.

Ripropone, in realtà, un’inammissibile “diversa lettura” delle risultanze probatorie, senza tenere presente il consolidato orientamento di questa S.C. che il sindacato di legittimità non può investire il risultato ricostruttivo in sè, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, (Cass. n. 12690/10, in motivazione; n. 5797/05; 15693/04). I vizi motivazionali denunciabili in Cassazione non possono consistere nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, spettando solo a detto giudice individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge in cui un valore legale è assegnato alla prova (Cass. n. 6064/08; nonchè Cass. n. 26886//08 e 21062/09, in motivazione). La sentenza impugnata, lungi dall’essere affetta dai lamentati vizi motivazionali, invece, ha congruamente impiegato, peraltro, le risultanze della relazione di parte a mero scopo rafforzativo dell’esclusione di responsabilità degli intimati.

3.4. La censura di cui al 4^ motivo, oltre che impropriamente formulata come vizio ex n. 5 anzichè art. 360 c.p.c., n. 4 è manifestamente priva di pregio, perchè la Corte territoriale, anche qui richiamando la relazione di parte in appello degli odierni ricorrenti, ha escluso responsabilità ospedaliera nella determinazione dell’artrite settica, così che non vi erano elementi per la sussistenza di una “scarsa sepsi” in ospedale, rispetto alla lamentata “infezione ospedaliera”.

4. – Il relatore propone la trattazione del ricorso in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375, 376, 380 bis c.p.c. ed il rigetto dello stesso”..

La relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti costituite.

La ricorrente D.L.S. e il resistente L.R. hanno presentato memorie.

Ritenuto che:

a seguito della discussione sul ricorso in camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione, che la memoria della ricorrente si limita a riproporre le argomentazioni di cui al ricorso e non inficia quanto osservato nella relazione, mentre quella del L. è semplicemente adesiva alle conclusioni della stessa, che il ricorso deve perciò essere rigettato, perchè manifestamente infondato.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo in favore delle parti costituite.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida, in favore di ciascuna parte costituita, in Euro 3.800,00, di cui Euro 3.600,00 per onorario, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 12 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2011

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