Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30267 del 15/12/2017


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 30267 Anno 2017
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: ORILIA LORENZO

ORDINANZA
sul ricorso 19916-2016 proposto da:
IMMOBILIARE DI PELLEGRINI DI DAVIDE DI PELLEGRINI
SRL, elettivamente domiciliata in Tempio Pausania via Roma 106
presso l’avv. DOMENICO PUTZOLU;
– ricorrentecontro
TAMPONI BATTISTA PETROCCIA DOMENICO, CAMPUS
NOEMI, MOLINAS MARIA LAURA, elettivamente domiciliati in
Sassarior via Roma 95 presso l’avv. STEFANO PILO;
– controricorrend avverso la sentenza n. 303/2015 della CORTE D’APPELLO
SEZ.DIST. DI di SASSARI, depositata il 26/06/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
16/11/2017 dal Consigliere Dott. LORENZO) ORILLA;

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Data pubblicazione: 15/12/2017

RICORSO N. 19916/2016

RAGIONI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE
1 Con sentenza 26.6.2015 la Corte d’Appello di Cagliari – sez. dist.

Sassari – ha respinto il gravame proposto dalla Immobiliare Di Pellegrini di
Davide Di Pellegrini srl contro la sentenza di primo grado (Tribunale di Tempio
Pausania n. 2/2010) con cui era stata accolta la domanda di risarcimento
danni contro di essa proposta da Domenico Petroccia, Maria Laura Molinas,

immobili di loro proprietà e costruiti dalla predetta società.
Per giungere a tale conclusione la Corte di merito, per quanto ancora
interessa, ha osservato che la responsabilità dell’appaltatore prevista dall’art.
1669 cc si estende anche al costruttore-venditore e che la società appellante
non aveva censurato la qualificazione giuridica ritenuta nella sentenza di primo
grado.
2 Contro tale pronuncia la società immobiliare ricorre per cassazione

sulla base di tre motivi a cui resistono con controricorso Petroccia e gli altri
proprietari attori-appellati.
Il relatore ha formulato proposta di inammissibilità del ricorso e le parti
hanno depositato memorie.
3.1 Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione del principio

dell’onere della prova di cui all’art. 2697 cc, criticando la decisione della Corte
d’Appello per avere applicato la regola dell’art. 1669 cc senza che gli attori
avessero dimostrato che la società ricorrente fosse, oltre che venditrice, anche
costruttrice degli immobili interessati dai vizi. Osserva di aver ribadito tale
eccezione anche nelle note di replica e nella memoria conclusionale e di avere
formulato un espresso motivo di gravame sulla errata qualificazione della
domanda proposta in primo grado.
3.2

Con un secondo motivo si denunzia omessa, insufficiente o

contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio
(art. 360 n. 5) in relazione alla prova della qualifica di venditore-costruttore
attribuita all’odierna ricorrente.
3.3 Col terzo motivo, infine, si deduce violazione degli artt. 1490, 1495 e

1669 cc in relazione alla attribuita figura di venditore-costruttore ribadendosi
che in mancanza di prova della qualità di costruttore non potevano applicarsi le

Noemi Campus e Battista Temponi per una serie di vizi riscontrati negli

RICORSO N. 19916/2016

norme sull’appalto ma solo quelle relative ai vizi della cosa venduta.
4 Ritiene il Collegio che la proposta del relatore sia meritevole di
accoglimento.
Il primo e terzo motivo, che ben si prestano ad esame congiunto sono
inammissibili per difetto di specificità (art. 366 n. 4 e 6 cpc).
Dalla narrativa della sentenza impugnata risulta che con la domanda

sugli immobili di loro proprietà e “costruiti” dalla stessa società Immobiliare Di
Pellegrini “in veste di costruttore committente”.

Risulta altresì che il primo

giudice aveva accolto la domanda risarcitoria facendo applicazione dell’art. 1669
cc. La Corte d’Appello, a sua volta, nel respingere la seconda censura, ha
ritenuto corretta la decisione di primo grado osservando che l’art. 1669 cc
disciplina una responsabilità di tipo extracontrattuale applicabile anche nei casi in
cui il venditore sia stato anche costruttore e che la società Immobiliare “non ha
proposto specifica censura in ordine alla qualificazione giuridica ritenuta in
sentenza, limitandosi ad insistere sulla applicabilità del disposto dell’art. 1490
cc..” (v. pag. 6).
A fronte di tali nette affermazioni del giudice di merito la società ricorrente
aveva lo specifico onere, imposto dall’art. 366 n. 4 e 6 cpc, di dimostrare di aver
tempestivamente contestato il ruolo di costruttrice dell’edificio (dato per scontato
dagli attori e riconosciuto dai giudici di merito), trascrivendo i relativi passaggi
della comparsa di costituzione nel giudizio di primo grado o della eventuale
memoria ex art. 180 cpc (nel testo applicabile ratione temporis, trattandosi di
giudizio iniziato con citazione 3.5.2005, come riporta il ricorso a pag. 4) in cui
avrebbe sollevato l’eccezione, perché solo in tal caso poteva trovare applicazione
la regola dell’onere probatorio sancita dall’art. 2697 cc ed oggi invocata a base
del primo motivo di ricorso). Ancora, avrebbe dovuto trascrivere il motivo di
appello con cui censurava la decisione di primo grado per averla considerata
anche “costruttrice”.
A tale onere la ricorrente non ha adempiuto e quindi le doglianze in esame
non riescono a smontare la

ratio decidendi

fondata appunto sulla non

contestazione della qualità di costruttrice-venditrice, sulla applicabilità del

introduttiva del giudizio gli attori avevano chiesto il ristoro dei danni riscontrati

RICORSO N. 19916/2016

principio che estende anche in tal caso la garanzia dell’art. 1669 cc in tema
di appalto e sulla mancanza di una specifica censura in ordine alla qualificazione
giuridica ritenuta in sentenza.
Il secondo motivo è invece inammissibile perché ha ad oggetto un vizio (la
omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e
decisivo per il giudizio) la cui deduzione non è più compresa tra i motivi di
ricorso, come chiaramente emerge dal nuovo testo dell’art. 360 n. 5 cpc. La

l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di
discussione tra le parti, ipotesi non ricorrente (perché il fatto decisivo, cioè la
qualità di costruttore-venditore è stato oggetto di esame) e neppure dedotta in
ricorso neppure implicitamente (contrariamente a quanto oggi si sostiene in
memoria).
Consegue il rigetto del ricorso con addebito di ulteriori spese alla parte
soccombente e considerato che trattasi di ricorso proposto successivamente al
30 gennaio 2013, sussistono le condizioni per dare atto — ai sensi dell’art. 1,
comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato-Legge di stabilità
2013), che ha aggiunto il comma 1 –quater all’art. 13 del testo unico di cui al
D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 — della sussistenza dell’obbligo di versamento,
da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del
presente grado di giudizio che liquida in C. 2.800,00 per compensi oltre alle
spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in C. 200,00 ed agli
accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 – quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito
dall’art.1,comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei
presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del
comma 1 -bis dello stesso art. 13.
Roma, 16.11.2017.

iis CANCELLERIA

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1.5 -DICT2e1T

scelta del legislatore è precisa in tal senso sicché oggi è possibile dedurre solo

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