Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30261 del 15/12/2017


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 30261 Anno 2017
Presidente: SCHIRO’ STEFANO
Relatore: MOCCI MAURO

ORDINANZA

sul ricorso 20190-2016 proposto da:
AZIENDA AGRICOLA VALSO SRL, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 1, presso lo studio dell’avvocato
VITTORIO CIROTTI, che la rappresenta e difende unitamente
all’avvocato GIOVANNI BROCCOLINI;
– ricorrenti contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. 06363391001, in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
controricorrente –

Data pubblicazione: 15/12/2017

avverso la sentenza n. 1084/13/2016 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE dell’EMILIA ROMAGNA, depositata il
20/04/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
non partecipata del 18/10/2017 dal Consigliere Dott. MAURO

Rilevato:
che la Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla
relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c. delibera di procedere
con motivazione semplificata;
che la s.r.l. Azienda Agricola Valso propone ricorso per
cassazione nei confronti della sentenza della Commissione
tributaria regionale dell’Emilia Romagna che aveva accolto
l’appello dell’Agenzia delle Entrate contro la decisione della
Commissione tributaria provinciale di Piacenza. Quest’ultima, a
sua volta, aveva accolto l’impugnazione della società avverso
un avviso di liquidazione per imposta di registro, ipotecaria e
catastale, con riguardo all’anno 2006;
che, mediante la decisione impugnata, la CTR ha rilevato che
l’agevolazione, legata alla coltivazione diretta, avrebbe dovuto
riguardare il fondo nella sua interezza, mentre, nella specie,
era stata sottoposta a concessione cavicola quasi la metà del
terreno;
Considerato:
che il ricorso è affidato ad un unico motivo, col quale la società
assume la violazione e falsa applicazione dell’art. 7 I. n. 604
del 1954, ex art. 360 n. 3 c.p.c., giacché la contribuente mai
avrebbe cessato di coltivare il fondo acquistato con le
agevolazioni nel 2006, allorquando esso già risultava gravato
da servitù di escavazione in favore di terzi, concesso dai
precedenti proprietari;
Ric. 2016 n. 20190 sez. MT – ud. 18-10-2017
-2-

MOCCI.

che la decadenza dalle agevolazioni avrebbe, al più, potuto
ipotizzarsi per la parte di fondo interessata dal diritto di servitù
e non per l’intero;
che l’Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso;
che il motivo è infondato;

7, primo comma, della legge 6 agosto 1954, n. 60 – nel testo
ratione temporis vigente – che l’acquirente di un fondo rustico
che si sia avvalso delle agevolazioni fiscali relative all’acquisto
della piccola proprietà coltivatrice e che trasferisca la nuda
proprietà dello stesso, riservandosi l’usufrutto generale
vitalizio, decade dall’agevolazione, indipendentemente dalla
sua qualità di coltivatore diretto e pur provvedendo alla cura
del terreno in veste di usufruttuario, volendo la citata legge
favorire il mantenimento della piena proprietà del fondo in
capo al coltivatore diretto (Sez. 5, n. 16076 del 26/06/2013);
che tale principio deve essere esteso a tutte le ipotesi nelle
quali, indipendentemente dalla volontà del contribuente, il suo
diritto di proprietà venga compresso da un diritto reale di
godimento altrui, ancorché, in tesi, parziale, sicché, come del
resto inequivocabilmente previsto dalla L. n. 604 del 1954, art.
7, comma 1, dall’alienazione dei diritti parziali della
proprietà rurale la norma fa discendere, indipendentemente
dalla qualità di coltivatore diretto dell’alienante, oltreché dalla
coltivazione del terreno, la decadenza dall’agevolazione (Sez.
5, n. 6115 del 16/03/2011; Sez.5, n. 21671 del 09/10/2006);
che nessuna norma prevede una decadenza solo parziale dai
suddetti benefici;
che al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente alla
rifusione delle spese processuali in favore della
controricorrente, nella misura indicata in dispositivo;
I

Ric. 2016 n. 20190 sez. MT – ud. 18-10-2017
-3-

che, infatti, già questa Corte aveva affermato, ai sensi dell’art.

che, ai sensi dall’art. 13 comma 1 quater dei d.P.R. n. 115 dei
2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, va
dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da
parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di
legittimità, che liquida, a favore dell’Agenzia delle Entrate, in
euro 5.600, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dall’art. 13 comma 1 quater dei d.P.R. n. 115 dei 2002,
inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto
della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte
della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma
1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 18 ottobre 2017
in Presi

1-bis, dello stesso articolo 13.

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