Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30257 del 22/11/2018

Cassazione civile sez. lav., 22/11/2018, (ud. 10/05/2018, dep. 22/11/2018), n.30257

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – rel. Consigliere –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2084/2014 proposto da:

RAI RADIOTELEVISIONE ITALIANA S.P.A., C.F. (OMISSIS), elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 21/23, presso lo studio

dell’avvocato CARLO BOURSIER NIUTTA, che la rappresenta e difende,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

C.C., C.F (OMISSIS);

– intimato –

nonchè da:

C.C., C.F. (OMISSIS), domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso

LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dagli avvocati ALDO ARATRO, FRANCESCO FERRARO, giusta delega

in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

e contro

RAI RADIOTELEVISIONE ITALIANA S.P.A., C.F. (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 7864/2012 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 17/01/2013 R.G.N. 3638/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/05/2018 dal Consigliere Dott. LAURA CURCIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FRESA Mario, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e

dell’incidentale;

udito l’Avvocato PAOLA POTENZA per delega verbale Avvocato CARLO

BOURSIER NIUTTA;

udito l’Avvocato ALDO ARATRO.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1) La corte d’Appello di Napoli con sentenza del 13.1.2013 ha parzialmente riformato la decisione del tribunale della stessa città che, in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, aveva respinto la domanda di C.C. avente ad oggetto il pagamento di differenze retributive per Euro 45.083,80, a titolo risarcitorio, derivanti da quanto deciso in suo favore da altra sentenza della corte d’Appello di Napoli n. 191 del 2002, che aveva condannato la Rai a pagare al C. una somma pari a 50% della media delle “retribuzioni percepite” dal settembre 1992 al dicembre 1994, quale danno professionale per l’accertata dequalificazione.

2) In particolare la sentenza impugnata, diversamente da quella del giudice di prime cure, ha ritenuto che la quantificazione delle somme spettanti in base alla decisione passata in giudicato dovesse effettuarsi considerando la “retribuzione percepita” non come somma netta – in quanto variabile ed influenzata da molteplici fattori (malattia, straordinario, giorni non lavorati ecc..), bensì come somma corrispondente alla retribuzione contrattualmente spettante ed erogata in busta paga, considerata al lordo.

3) La corte distrettuale ha confermato invece la sentenza di primo grado in ordine all’esclusione della rivalutazione monetaria, ciò in quanto per la corte la sentenza del 2002, passata in giudicato, aveva riconosciuto soltanto gli interessi legali sull’importo genericamente indicato nella “misura della media delle retribuzioni percepite”, mentre era stata implicitamente negata la rivalutazione, senza che vi fosse stata impugnativa sul punto.

4) Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la RAI spa con un unico motivo, a cui ha opposto difese il C. con controricorso, svolgendo altresì ricorso incidentale affidato a due motivi.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

5) Con un unico articolato motivo la Rai deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1223 e 1226 c.c., D.P.R. n. 600 del 1973 e D.P.R. n. 917 del 1986, L. n. 153 del 1969 e degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la corte napoletana errato nel ritenere spettanti le retribuzioni lorde, atteso che il riferimento alla “retribuzione percepita” indicato dalla sentenza passata in giudicato andava interpretato solo come mero parametro per la determinazione della somma riconosciuta a titolo risarcitorio, senza che dovessero rientrare in detta somma gli oneri fiscali e contributivi costituenti il lordo della busta paga, senza considerare il diverso regime cui sono assoggettate le somme erogate a titolo retributivo e quelle erogate a titolo risarcitorio. Secondo la ricorrente, pertanto, il 50% della “media delle retribuzioni corrisposte” non potrebbe che riferirsi alle somme nette globalmente percepite nel periodo di riferimento, essendosi in presenza di somme erogate a titolo risarcitorio e quindi come ristoro del danno professionale, ancorchè di carattere anche patrimoniale;per la ricorrente la sentenza del 2002 della corte di appello passata in giudicato ha effettuato una determinazione equitativa paramentrando appunto il danno alle retribuzioni mediamente percepite.

6) Con il primo motivo di ricorso incidentale il C. deduce la violazione degli artt. 324 e 429 c.p.c., art. 2909 c.c., in relazione art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, oltre che un omesso esame di fatto decisivo. La corte avrebbe errato nel non considerare il fatto decisivo che la sentenza n. 191/2002 costituisce giudicato esterno solo in termini di an debeatur, trattandosi di una condanna generica, non avendo statuito quindi in ordine alle specifiche componenti del credito ex art. 429 c.p.c..

7) Con il secondo motivo incidentale si deduce un’omessa pronuncia sul motivo di gravame inerente alla liquidazione egli interessi legali in relazione all’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4: la corte territoriale avrebbe omesso di esaminare il secondo motivo di appello in cui si evidenziava che la sentenza n. 191 del 2002 era di condanna generica, rinviando ad un successivo giudizio la determinazione del quantum e che quindi la condanna generica non conteneva alcun effetto preclusivo sulla successiva, conseguente, liquidazione anche degli interessi legali e della rivalutazione ai sensi dell’art. 429 c.p.c., comma 3, domanda di condanna alla rivalutazione monetaria che sempre era stata proposta.

8) Con il terzo motivo di gravame si lamenta un omesso esame di fatto decisivo per il giudizio: non avrebbe considerato la corte di merito che se il primo giudice non avesse omesso di valutare la domanda del C. di liquidazione della rivalutazione e degli interessi nel procedimento monitorio, poi reiterata nei due procedimenti di primo e di secondo grado, avrebbe verificato che detta domanda non era stata proposta nel precedente giudizio che aveva riguardato solo l’an debeatur, senza riferimento all’ammontare delle retribuzioni agli accessori di legge.

9) Il ricorso principale non merita accoglimento. La ricorrente Rai spa ritiene che poichè le somme riconosciute dalla sentenza della corte d’appello di Napoli del 2002, passata in giudicato, erano state indicate con la locuzione “somme percepite”, per di più a titolo risarcitorio, dunque non assoggettabili a contribuzione previdenziale, non potevano che essere determinate al netto delle ritenute previdenziali e fiscali.

10) Il ragionamento non risulta corretto. Premesso che la somma riconosciuta dalla corte d’Appello di Napoli del 2002 è stata indicata nella misura del “50% della media delle retribuzioni percepite “, la sentenza impugnata, tenendo conto che trattasi di riconoscimento di danno professionale di matura patrimoniale, coerentemente ha ritenuto che si fosse inteso ancorare tale pregiudizio non già alla retribuzione netta (“variabile ed influenzata da molteplici fattori”), bensì a quella “contrattualmente spettante erogata dal datore di lavoro ed indicata nella intestazione della busta paga”, con parametro ” non influenzato da elementi estranei alla retribuzione”.

11) Ciò premesso e nel quadro di riferimento del detto parametro, deve peraltro ricordarsi che questa Corte ha ripetutamente affermato che l’accertamento e la liquidazione dei crediti pecuniari del lavoratore per differenze retributive debbono essere effettuati al lordo delle ritenute fiscali e contributive (cfr., Cass. SU n. 3105/1985; Cass. n. 9198/2000; Cass. n. 6337/2003, Cass. n. 1844/2015), mentre i problemi connessi alla detrazione di somme relative a trattenute previdenziali o fiscali riguardano il diverso e successivo momento del pagamento dei crediti medesimi, atteso che la determinazione delle ritenute fiscali non attiene al rapporto civilistico tra datore e lavoratore, mentre, quanto alle ritenute previdenziali, il datore di lavoro, ai sensi della L. n. 218 del 1952, art. 19, può procedere alle ritenute previdenziali a carico del lavoratore solo nel caso di tempestivo pagamento del relativo contributo.

12) Merita invece accoglimento il ricorso incidentale, essendo fondati i motivi che, in quanto connessi, possono esaminarsi congiuntamente. Deve infatti ritenersi fondata la doglianza del C. con riferimento all’inesistenza di un rigetto implicito della domanda relativa alla rivalutazione monetaria da parte della corte territoriale nella più volte citata sentenza n. 191 del 2002, passata in giudicato.

13) Deve premettersi che costituisce “credito di lavoro”, nella sua ampia accezione, con conseguente applicabilità dell’art. 429 c.p.c., in tema di rivalutazione monetaria ed interessi, non solo quello strettamente retributivo, ma ogni credito che sia in diretta relazione causale con il rapporto di lavoro e, quindi, anche il credito per il risarcimento dei danni cagionati al lavoratore dall’inadempimento della società datrice di lavoro (cfr. ex plurimis Cass. SU n. 3561/1991; Cass. n. 11354/2004), fra i quali deve essere ricompreso anche quello derivante dalla violazione degli obblighi di cui all’art. 2103 c.c. (cfr in termini Cass. n. 8893/2010).

14) Nel caso in esame poi la sentenza del 2002 – che risulta depositata con il fascicolo di primo grado della parte odierna contro ricorrente, doc. 3 – pur avendo effettuato una liquidazione equitativa del danno da dequalificazione, non ha incluso espressamente in detta determinazione anche gli accessori di legge, valutazione che pure avrebbe potuto effettuare inglobando in un’unica somma, insieme con la prestazione principale, gli interessi e rivalutazione monetaria, sempre che anche per tali voci ricorressero le condizioni di cui all’art. 1226 c.c., quindi necessità di specificare i singoli elementi della liquidazione (cfr in termini Cass. n. 8721/2017, Cass. n. 2771/2011). La sentenza ha invece effettuato una specifica determinazione del danno individuandolo esattamente ed esclusivamente nel 50% della retribuzione mensile percepita dal C., somma tuttavia lasciata ad un separato giudizio per l’esatta quantificazione, come espressamente indicato nel dispositivo di detta sentenza.

15) Ma ancora, tanto dal dispositivo quanto dalla parte motiva della più volte menzionata sentenza del 2002, risulta con chiarezza che solo per la condanna specifica al pagamento della somma già quantificata in Lire 8.640.000 a titolo di danno biologico, è stata prevista la maggiorazione degli interessi legali – peraltro “solo a decorrere dalla domanda giudiziaria”, mentre nessuna espressa statuizione è stata adottata in ordine agli accessori di cui all’art. 429 c.p.c., comma 3, per le somme riconosciute in via generica a titolo di danno patrimoniale da dequalificazione.

16) Ne consegue pertanto una violazione dell’art. 2909 c.c., atteso che nessun effetto di giudicato esterno può trarsi dalle statuizioni della citata sentenza n. 191/2002 della Corte d’Appello di Napoli, in termini di una decisione di condanna della società al pagamento dei soli interessi legali sulle somme oggetto della condanna generica al pagamento del “50% delle retribuzioni percepite”, come indicate nel dispositivo, non potendosi escludere il diritto anche alla liquidazione della rivalutazione monetaria secondo le disposizioni e le modalità di cui all’art. 429 c.p.c., comma 3, applicabile.

17) Tali ulteriori somme andranno, pertanto, rideterminate, operandosi una esatta quantificazione degli accessori del credito, in particolare della rivalutazione della somma capitale spettante e già accertata nella fase di merito, su cui verranno successivamente calcolati gli interessi legali.

18) Va pertanto respinto l’appello principale e in accoglimento del ricorso incidentale la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla corte di appello di Napoli, che si atterrà, per la determinazione dell’importo ancora dovuto al C., alle statuizioni di cui in particolare ai paragrafi 16 e 17, e che provvederà altresì alla determinazione delle spese di lite anche del presente giudizio.

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso principale e accoglie il ricorso incidentale nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla corte d’Appello di Napoli in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 10 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 22 novembre 2018

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