Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30254 del 20/11/2019

Cassazione civile sez. II, 20/11/2019, (ud. 24/09/2019, dep. 20/11/2019), n.30254

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34271/2018 proposto da:

T.A., rappresentato e difeso dagli avvocati LUDOVICA

LUDOVICI, DAVID BACECCI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso il decreto n. cron. 3831/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositato il 17/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

24/09/2019 dal Consigliere Dott. SERGIO GORJAN.

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’avv. T.A. ebbe a proporre istanza di riconoscimento dell’equo indennizzo ex lege n. 89 del 2001, in relazione alla procedura di liquidazione del suo compenso in dipendenza dell’attività di difensore d’ufficio espletata in procedimento penale a favore di B.G..

Sosteneva il T. che il Tribunale di Tivoli aveva impiegato circa un anno e mezzo per procedere alla liquidazione in suo favore del compenso dovutogli 7 D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 11.

La sua istanza era rigettata dal Consigliere delegato della Corte d’Appello di Roma ed il T. propose opposizione avanti il Collegio capitolino,che ebbe a rigettare l’opposizione.

Osservava il Collegio romano come,comunque, faceva difetto l’elemento della durata irragionevole, siccome stabilito positivamente dalle norme L. n. 89 del 2001, ex art. 2, commi 2 bis e 2 ter, mentre non trovavano applicazione al riguardo i criteri generali posti dall’art. 2, comma 2 citata Legge.

Di conseguenza il lasso di tempo scorso tra la presentazione dell’istanza di liquidazione e la comunicazione all’interessato del provvedimento adottato dal Giudice – circa 16 mesi – non superava alcuna delle soglie legislativamente previste.

L’avv. T., avverso il decreto reso dalla Corte capitolina,ha proposto ricorso per cassazione fondato su sei motivi e chiedendo la definizione della lite nel merito.

Il Ministero della Giustizia si è costituito ritualmente con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso proposto dall’avv. T. s’appalesa siccome infondato e va rigettato. Con il primo mezzo d’impugnazione parte ricorrente denunzia violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2 ter, in relazione al D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 82, 84 e 116, posto che il Collegio romano ebbe a ritenere applicabile nella specie il termine massimo previsto legislativamente per la durata – da ritenersi ragionevole – del processo quando però celebrati i tre gradi del giudizio,mentre nella specie la questione fu risolta in prime cure.

Con la seconda ragione di doglianza il T. deduce la violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 commi 2 e 2 bis, sempre in relazione ai citati dianzi articoli ex D.P.R. n. 115 del 2002, poichè la Corte territoriale ha ritenuto che la disposizione L. n. 89 del 2001, ex art. 2, comma 2 bis, disciplini tutti i procedimenti giudiziali e non solo invece quelli ordinari, tra i quali non rientra quello di liquidazione compenso al difensore d’ufficio,che pertanto rimane soggettPai soli parametri ex art. 2, comma 2 citata Legge.

In relazione a detta censura,poi, il ricorrente illustra nel merito la concorrenza di tutti i criteri cui la legge correla il preteso diritto all’indennizzo in relazione al procedimento presupposto.

Con il terzo mezzo di impugnazione – svolto in via subordinata – il ricorrente rileva il profilarsi di vizio d’illegittimità costituzionale della norma L. n. 89 del 2001, ex art. 2, comma 2 bis, qualora dovesse ritenersi che la soglia legislativa di ragionevole durata fosse applicabile anche al procedimento di liquidazione compenso, stante l’irragionevole disparità con il procedimento ordinario.

Con la quarta ragione di doglianza il T. deduce nuovamente violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, commi 2 e 2 bis, in relazione alla procedura di liquidazione del compenso al difensore d’ufficio, poichè il Collegio romano ha ritenuto che l’elemento rappresentato dalla durata ragionevole del procedimento presupposto fosse disciplinato esclusivamente dalla norma ex comma 2 bis e non anche da quella portata dalla L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2.

Con la quinta doglianza il ricorrente denunzia vizio di motivazione ex art. 111 Cost. ed art. 132 c.p.c., poichè la Corte territoriale ebbe ad esporre motivazione apparente ovvero perplessa ed obiettivamente incomprensibile con relazione al paragrafo del provvedimento già attinto con la censura precedente.

La sesta ragione d’impugnazione afferisce alla richiesta di decisione nel merito ex art. 384 c.p.c..

L’esame dei motivi di doglianza – eccetto il quarto afferente all’illegittimità costituzionale – appare superato dalla considerazione afferente in concreto l’insussistenza del diritto al ristoro alla luce dei parametri di valutazione posti dalla L. n. 89 del 2001, art. 2 – invocato dal ricorrente -, in ispecie quello afferente la condotta della parte privata.

Difatti,risultando che il ritardo consegue al fortuito smarrimento del fascicolo formato alla presentazione dell’istanza di liquidazione, assume dirimente rilievo la condotta tenuta della parte, la quale è rimasta inerte per circa un anno senza sollecitare la definizione della procedura di liquidazione del suo compenso od almeno chiedere notizie circa l’andamento della stessa.

Detta condotta appare doverosa in relazione proprio alla peculiarità del procedimento, che in effetto non ha in origine natura contenziosa, poichè si compendia nella richiesta al Giudice di liquidazione di un compenso dovuto in forza di apposita previsione legislativa e sulla scorta di parametri stabiliti dalla legge.

Dunque, proprio in considerazione della natura – enfatizzata dal ricorrente – del procedimento presupposto, l’elemento condotta di collaborazione e sollecitazione della parte assume assoluto rilievo,posto che anche nello specifico caso non appena il professionista ebbe a chiedere notizie circa le ragioni del ritardo nella definizione venne appurato il disguido e rapidamente provveduto.

Quindi, a prescindere dalle ragioni poste dai Giudici di merito alla base del rigetto dell’istanza avanzata dall’avv. T., il parametro della condotta tenuta dalla parte, siccome incidente sensibilmente sul ritardo denunziato, consente di comunque rigettare la pretesa e rendere non rilevante nella specie il dedotto profilo di illegittimità costituzionale della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2 bis.

Stante la particolarità della questione, reputa questa Corte d’avvalersi della facoltà, ex art. 92 c.p.c., di compensare tra le parti le spese di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese di lite di questo giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nell’adunanza di Camera di consiglio, il 24 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 novembre 2019

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