Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30253 del 20/11/2019

Cassazione civile sez. II, 20/11/2019, (ud. 19/09/2019, dep. 20/11/2019), n.30253

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 21938/2015 R.G. proposto da:

L.C.A., in proprio e per le figlie minori T.D.

e Te.De., rappresentate e difese dall’Avv. Francesco Ganci

per procura in calce al ricorso, domiciliate presso la cancelleria

della Corte;

– ricorrenti –

contro

Basile Costruzioni s.n.c., rappresentata e difesa dall’Avv. Giuseppe

Mammina per procura in calce al controricorso, domiciliata presso la

cancelleria della Corte;

– controricorrente –

e nei confronti di:

T.R., Te.Da., T.F.,

T.G.;

– intimati –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Palermo, n. 1060,

depositata il 26 giugno 2014.

Udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Enrico Carbone

nell’udienza pubblica del 19 settembre 2019;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. CELESTE Alberto, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza non definitiva del 15 luglio 2008, il Tribunale di Palermo, sezione distaccata di Monreale, decidendo sulle domande proposte da Basile Costruzioni s.n.c. nei confronti di T.R., Da., F. e G., quali eredi di T.T., e nei confronti di L.C.A., in proprio e per le figlie minori T.D. e Te.De., quelle domande rigettò nei confronti delle minori per non aver esse ancora accettato l’eredità del padre T., mentre le accolse nei confronti degli altri convenuti, per l’effetto dichiarando risolti i preliminari di compravendita immobiliare stipulati dalla società con T.T. nelle date (OMISSIS) e (OMISSIS), autorizzando la società a ritenere caparra e penale, ordinando infine alla L.C. di rilasciare gli immobili.

Con sentenza definitiva del 7 ottobre 2008, il Tribunale condannò T.R., Da., F. e G. nonchè L.C.A. in proprio a pagare in favore di Basile Costruzioni s.n.c. la somma di Euro 153.137,25 per i danni da occupazione immobiliare sine titulo, gravando gli stessi delle spese processuali, viceversa compensate nei riguardi della L.C. nella qualità.

La Corte d’appello di Palermo ha respinto il gravame proposto dalla L.C. in qualità di genitore esercente la potestà sulla minore e ha dichiarato inammissibili gli appelli incidentali tardivi proposti da T.R., Da., F. e G. nonchè da L.C.A. in proprio, interamente compensando, tra le parti tutte, le spese processuali del grado.

L.C.A., in proprio e per le figlie D. e De. ricorre per cassazione sulla base di tredici motivi.

Basile Costruzioni s.n.c. resiste con controricorso.

T.R., Da., F. e G. restano intimati.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso (distinto in atto con lettera “A”) denuncia violazione dell’art. 111 Cost., artt. 459,471 c.c., artt. 100,161 c.p.c., per aver il giudice d’appello respinto il gravame di T.D. e De. a ragione del difetto di soccombenza.

1.1. Il primo motivo è infondato.

Il giudice d’appello ha osservato che, essendo state respinte le domande contro di loro proposte da Basile Costruzioni s.n.c., T.D. e De. non erano soccombenti, neppure con riferimento alla motivazione del rigetto – l’insussistenza della qualità di erede -, “in quanto tale declaratoria, quale presupposto di una pronuncia di rigetto, non è idonea a costituire giudicato sostanziale” (pag. 3 di sentenza).

Tale ratio decidendi è conforme al principio di diritto secondo il quale non sussiste l’interesse all’impugnazione della parte vittoriosa con riguardo alle enunciazioni contenute nella motivazione della sentenza, ove dalle stesse non possa dedursi una statuizione implicita idonea al giudicato, dalla quale possa derivare alla parte un concreto pregiudizio (Cass. 10 novembre 2008, n. 26921; Cass. 15 gennaio 2018, n. 722).

L’interesse ad impugnare deve corrispondere a un’utilità giuridica che dall’accoglimento del gravame possa derivare all’impugnante, e deve pertanto collegarsi a una soccombenza quantomeno parziale, mancando la quale l’impugnazione è inammissibile, a nulla rilevando un interesse di mero fatto alla riforma della sentenza (Cass. 30 giugno 2005, n. 14031; Cass. 24 gennaio 2007, n. 1581; Cass. 12 aprile 2013, n. 8934).

Nella specie, l’enunciato motivazionale che T.D. e De. non fossero ancora eredi del padre T. per non averne ancora accettato l’eredità non aveva di per sè alcuna potenzialità lesiva in danno delle chiamate, se non altro per la sua natura provvisoria, rebus sic stantibus (e invero le chiamate hanno successivamente accettato con beneficio d’inventario)

L’unico pregiudizio concreto derivante a T.D. e De. dalla sentenza di primo grado, quindi l’unico profilo di soccombenza, attiene alla compensazione delle spese processuali, riguardo alla quale, infatti, il giudice d’appello ha ritenuto ammissibile il gravame, pur dichiarandolo infondato: su questo capo della decisione d’appello, tuttavia, nulla di specifico deduce il ricorso.

2. Il secondo motivo di ricorso (distinto in atto con lettera “B”) denuncia violazione dell’art. 111 Cost., artt. 132,161,325,327,333,334 c.p.c., per aver il giudice d’appello dichiarato inammissibile l’appello incidentale tardivo formulato in proprio dalla L.C. relativamente all’inesistenza della sentenza non definitiva del 15 luglio 2008 e all’erronea dichiarazione di contumacia della medesima L.C.; il terzo motivo di ricorso (distinto in atto con lettera “C”) denuncia error in procedendo, per non aver il giudice d’appello rilevato l’inesistenza di quella sentenza malgrado il difetto di sottoscrizione del giudice che l’ha emessa; il quarto motivo di ricorso (distinto in atto con lettera “D”) denuncia error in procedendo, per non aver il giudice d’appello rilevato il difetto di vocatio della L.C. nel giudizio di primo grado.

2.1. Da esaminare unitariamente per connessione logica, il secondo motivo, il terzo e il quarto sono infondati.

La natura processuale del vizio denunciato autorizza la Corte di legittimità ad accedere agli atti del merito, dai quali è agevole constatare che la sentenza non definitiva del 15 luglio 2008, pronunciata ai sensi dell’art. 281-sexies c.p.c., fa corpo col verbale d’udienza, dal quale ripete la sottoscrizione del giudice.

La sentenza pronunciata ai sensi dell’art. 281-sexies c.p.c., non è un atto distinto dal verbale di causa che la contiene (Cass. 9 gennaio 2004, n. 118; Cass. 11 gennaio 2006, n. 216; Cass. 8 novembre 2010, n. 22659).

Quanto alla dichiarazione di contumacia della L.C., si rammenta che il convenuto illegittimamente dichiarato contumace in primo grado ha l’onere, ove sia rimasto in tutto o in parte soccombente, di far valere la nullità della vocatio con l’appello (Cass. 17 luglio 2014, n. 16402).

Nella specie, la L.C. non ha proposto appello tempestivo, ma ha fatto affidamento su regole di favore – quelle dell’impugnazione incidentale tardiva – che viceversa non poteva invocare, per quanto è detto a seguire.

3. Il quinto motivo di ricorso, il sesto, il settimo, l’ottavo, il nono, il decimo, l’undicesimo, il dodicesimo e il tredicesimo (distinti in atto con lettere “E”, “F”, “G”, “H”, “I”, “L”, “M”, “N” e “O”) denunciano errores in procedendo e omesso esame, a proposito di risoluzione dei preliminari, rilascio degli immobili, ritenzione di caparra e penale, resa dei frutti e istanze probatorie.

3.1. Da esaminare unitariamente per connessione logica, i motivi dal quinto al tredicesimo sono inammissibili.

A norma dell’art. 334 c.p.c., le regole dell’impugnazione tardiva operano esclusivamente per l’impugnazione incidentale in senso stretto, quella cioè proveniente dalle parti “contro le quali” è stata proposta l’impugnazione principale, mentre la parte che ha posizione adesiva all’impugnante principale deve osservare i termini ordinari dell’impugnazione autonoma (Cass., sez. un., 9 agosto 1996, n. 7339; Cass. 17 maggio 2001, n. 6782; Cass. 17 aprile 2002, n. 5503; Cass. 15 luglio 2003, n. 11031; Cass. 22 marzo 2007, n. 7049; Cass. 4 giugno 2010, n. 13644; Cass. 21 gennaio 2014, n. 1120; Cass. 7 ottobre 2015, n. 20040; Cass. 28 ottobre 2015, n. 21990; Cass. 18 maggio 2016, n. 10243; Cass. 7 marzo 2018, n. 5438).

Il principio è stato esattamente richiamato dal giudice d’appello per constatare l’inammissibilità degli appelli incidentali tardivi proposti da L.C.A. in proprio e da T.R., Da., F. e G., il cui interesse ad impugnare, essendo omogeneo rispetto a quello delle appellanti principali T.D. e De., non poteva godere del beneficio della tardività, riconosciuto soltanto alla parte “contro la quale” è formulata magari in prossimità della scadenza del termine – l’impugnazione principale.

La constatata inammissibilità degli appelli incidentali preclude di riproporre in sede di legittimità le medesime questioni ad essi sottese, questioni ormai coperte dal giudicato interno.

4. Il ricorso deve essere respinto, con aggravio delle spese processuali e raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna le ricorrenti, in solido, a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali al 15% e accessori di legge.

Dichiara che le ricorrenti hanno l’obbligo di versare l’ulteriore importo per contributo unificato ex D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, il 19 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 novembre 2019

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