Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30250 del 22/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 22/11/2018, (ud. 31/10/2018, dep. 22/11/2018), n.30250

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 3338/2012 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio

legale in Roma, via dei Portoghesi, n 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato;

– ricorrente

contro

Kiss & Kiss s.r.l., in liquidazione, in persona del liquidatore

pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Caludio Mondin e

Aldo Campesan, elettivamente domiciliata in Roma alla via Tembien n.

33, presso l’avv. Alessandro Galiena;

– controricorrente –

e

L.M.;

– intimato –

avverso la sentenza emessa dalla Commissione Tributaria Regionale del

Veneto, n.117/24/10 del 18/11/2010, depositata il 9/12/2010 e non

notificata;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 31 ottobre

2018 dal Consigliere Giudicepietro Andreina.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. l’Agenzia delle Entrate ricorre con tre motivi contro la società Kiss & Kiss s.r.l. e L.M. per la cassazione della sentenza emessa dalla Commissione Tributaria Regionale del Veneto, n. 117/24/10 del 18/11/2010, depositata il 9/12/2010 e non notificata, concernente l’impugnativa dell’avviso di accertamento, con il quale l’Ufficio aveva accertato, per l’anno 2002, il mancato versamento di ritenute Irpef e addizionali, l’omessa indicazione di 33 percipienti, la mancata esecuzione di ritenute alla fonte, l’irregolare tenuta della conformità, con l’applicazione delle sanzioni pecuniarie;

2. con la sentenza impugnata, la C.T.R. del Veneto, ritenuto che non ricorresse un’ipotesi di sospensione necessaria del procedimento ex art. 295 c.p.c., e che non fosse possibile la sospensione ex art. 337 c.p.c., comma 2, nel giudizio tributario, rigettava l’appello dell’Ufficio, ritenendo che il giudice del lavoro, con la sentenza n. 120/2008 (non ancora passata in giudicato) avesse accertato l’insussistenza di un rapporto di lavoro subordinato;

3. avverso tale sentenza l’Agenzia delle Entrate ricorre con tre motivi, deducendo la nullità della sentenza per violazione del D.P.R. n. 546 del 1992, artt. 39 e 49 e dell’art. 2909 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nonchè la carente motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo del giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

4. a seguito del ricorso dell’Agenzia delle Entrate, la società resiste con controricorso, mentre L.M. è rimasto intimato;

5. il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 31 ottobre 2018, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e dell’art. 380 bis 1 c.p.c., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.1. con il primo motivo l’Agenzia delle Entrate denuncia la nullità della sentenza impugnata per la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 39 e 49, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, perchè la C.T.R. ha fondato la propria decisione unicamente sulla sentenza del Tribunale di Vicenza, che, in funzione di giudice del lavoro, ha escluso l’esistenza del vincolo di subordinazione nel rapporto di lavoro tra la società Kiss & Kiss e le ballerine, senza procedere ad un’autonoma valutazione del fatto;

con il secondo motivo, la ricorrente denuncia la nullità della sentenza impugnata per la violazione dell’art. 2909 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, poichè la C.T.R. avrebbe riconosciuto efficacia vincolante alla sentenza emessa tra altre parti dal Tribunale di Vicenza in funzione di giudice del lavoro e non ancora passata in giudicato;

con il terzo motivo, la ricorrente censura, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’insufficiente motivazione circa un fatto decisivo e controverso, relativo alla sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra la società Kiss & Kiss e le ballerine, avendo il giudice di appello semplicemente riportato quanto accertato dal giudice del lavoro nella controversia avente ad oggetto l’omesso versamento all’Inps dei contributi previdenziali;

1.2. i motivi sono connessi e possono essere esaminati congiuntamente; essi sono complessivamente infondati e vanno rigettati;

invero, nel caso di specie, il giudice di appello, dopo aver escluso la possibilità di sospendere il giudizio in attesa della definizione di quello previdenziale pendente innanzi al giudice del lavoro nel grado di appello, ha ritenuto che fosse fondato l’accertamento, contenuto nella sentenza del Tribunale di Vicenza, sull’insussistenza del rapporto di lavoro subordinato;

la C.T.R., senza violare le norme sulla limitata possibilità di sospensione del giudizio tributario e sul giudicato, evitando di attribuire alla sentenza del Tribunale di Vicenza l’efficacia vincolante del giudicato (anzi dando atto della pendenza del giudizio previdenziale in grado di appello), ha evidenziato come il Giudice del lavoro avesse esaminato le caratteristiche di svolgimento dell’attività, quali emerse dalle testimonianze raccolte, per concludere nel senso dell’insussistenza di un rapporto di lavoro subordinato;

inoltre, il giudice tributario di appello ha rilevato che l’Amministrazione “non ha fornito elementi decisivi per una configurazione diversa del rapporto in questione, essendo irrilevante ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro la circostanza, dedotta dall’appellante, che la durata del privè era prestabilita e che sussisteva il controllo del privè stesso da parte di incaricati della società”;

come è stato detto “quando l’autorità della sentenza, avverso la quale sia stata proposta impugnazione, venga invocata in un diverso processo, il giudice, ove non ritenga di esercitare la facoltà di sospensione a norma dell’art. 337 c.p.c., comma 2, può risolvere direttamente la controversia attribuendo alla pronunzia la cui autorità è invocata quell’influenza che in via provvisoria l’ordinamento le attribuisce, ed in tal caso ha l’obbligo di spiegare le ragioni che lo inducono, per sua libera valutazione, a condividere o meno gli accertamenti nella stessa contenuti, potendo incorrere in caso contrario nel vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia” (Sez. L, Sentenza n. 10523 del 25/10/1997);

tale vizio non ricorre nel caso in esame, in cui il giudice ha condiviso i risultati dell’accertamento del giudice del lavoro, evidenziando come l’amministrazione non avesse fornito alcuna idonea prova di segno opposto;

anche più di recente, la Cassazione ha precisato che “il giudice civile, in mancanza di uno specifico divieto, può liberamente utilizzare le prove raccolte in un diverso giudizio tra le stesse o tra altre parti, ivi compresa la sentenza adottata da un diverso giudice, e trarre da esse, senza esserne vincolato, elementi di giudizio, purchè fornisca un’adeguata motivazione del loro utilizzo, procedendo a una diretta e autonoma valutazione delle stesse e dando conto di avere esaminato le censure proposte dalle parti” (Sez. 2, Ordinanza n. 20719 del 13/08/2018);

nel caso di specie, la C.T.R., nel condividere l’accertamento effettuato dal giudice del lavoro, ha rilevato che gli elementi addotti dall’Amministrazione a sostegno della tesi della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato (la durata prestabilita del privè sotto il controllo della società) erano a suo giudizio inconsistenti, nè l’Ufficio ha lamentato l’omesso esame di ulteriori circostanze addotte a dimostrazione della natura subordinata del rapporto de quo;

atteso il rigetto del ricorso, la ricorrente va condannata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore di parte controricorrente;

nulla va disposto per le spese nei confronti di L.M., che è rimasto intimato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia ricorrente al pagamento in favore della società Kiss & Kiss s.r.l. in liquidazione delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 1.300,00, oltre il 15% per spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 31 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 22 novembre 2018

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