Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30250 del 20/11/2019

Cassazione civile sez. II, 20/11/2019, (ud. 12/09/2019, dep. 20/11/2019), n.30250

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23862/2015 proposto da:

D.B.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SESTO

RUFO 23, presso lo studio dell’avvocato BRUNO TAVERNITI,

rappresentato e difeso dagli avvocati GIUSEPPE MARROCCO, DAVIDE

NATALE;

– ricorrente –

contro

M.P., elettivamente domiciliata in Caserta, via Filippo

Turati n. 83, rappresentata e difesa dall’avv.to WALTER RUSSO;

COMUNE DI SANT’ANGELO D’ALIFE, elettivamente domiciliato in ROMA,

V.LE CAMILLO SABATINI, 150 VB09, presso lo studio dell’avvocato

ANTONIO CEPPARULO, rappresentato e difeso dall’avvocato ALFONSO

LAMBERTI;

I.D., D.R.S., rappresentati e difesi

dall’avvocato Antonio Santillo;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2589/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 09/06/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/09/2019 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

uditi gli avvocati Giuseppe Marrocco, Alfonso Lamberti e Antonio

Santillo.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. D.B.R. citava in giudizio M.R., I.D. e D.R.S. per sentirli condannare al pagamento della somma complessiva di Euro 54.857,72 per aver diligentemente espletato l’incarico professionale conferitogli dal Comune di Sant’Angelo d’Alife con Delib. Giunta Municipale 25 agosto 1998, n. 149, relativo a progetti di stima di particelle boschive.

Secondo l’attore, in assenza di contratto scritto e a causa dell’irregolarità contabile della Delibera, la responsabilità del pagamento gravava sui convenuti D.L. n. 68 del 1989, n. 149.

2. Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere accoglieva la domanda, dichiarava il difetto di legittimazione passiva del Comune di Sant’Angelo d’Alife e condannava in solido i convenuti M.P., I.P. e D.R.S. al pagamento della somma richiesta dall’attore.

3. I suddetti M.P., I.D. e D.R.S. proponevano appello.

4. La Corte d’Appello accoglieva integralmente il gravame e, dichiarata la contumacia di D.B.R., in riforma della sentenza impugnata, rigettava la domanda da questi proposta nei confronti degli appellanti.

In particolare, la Corte d’Appello rilevava che l’atto di appello con citazione a comparire era stato notificato a D.B.R. al domicilio eletto presso l’avvocato Davide Natale, il 16 maggio 2010.

A tale notifica aveva fatto seguito la tempestiva costituzione degli appellanti che avevano notificato al D.B. un atto di integrazione del contraddittorio per l’udienza del 4 marzo 2015, atto ricevuto dall’avvocato Davide Natale il 4 marzo 2014 e notificato ai sensi dell’art. 140 c.p.c., al domicilio del D.B..

In forza della prima notifica ritualmente eseguita al procuratore costituito in primo grado veniva dichiarata la contumacia dell’appellato non costituito. Peraltro, in ragione della mancata costituzione del D.B., non era stata depositata la produzione documentale dell’originario attore effettuata in primo grado e, dunque, il gravame andava deciso in base alla documentazione in atti.

4.1 Nel merito, la Corte d’Appello riteneva che nella Delibera di affidamento dell’incarico al dottor D.B. si dava atto che le competenze professionali sarebbero state a carico della ditta aggiudicataria della gara per il taglio delle sezioni boschive.

Tale Delibera, unico atto riferibile agli appellanti, non era sufficiente a far ritenere sussistenti i presupposti per l’instaurazione del rapporto con il D.B., essendo un atto meramente interno alla pubblica amministrazione che non prevedeva alcun impegno di spesa da parte del Comune. Non trovava applicazione, pertanto, il principio secondo il quale l’amministrazione risponde della spesa dell’incarico conferito al professionista anche se la medesima spesa è posta a carico di altro ente. Infatti, nella specie, l’ente territoriale non aveva assunto alcun impegno di spesa perchè aveva stabilito che le competenze professionali spettanti al professionista incaricato sarebbero state a carico della ditta aggiudicataria della gara per il taglio delle sezioni boschive, dunque non a carico di altro ente pubblico.

In conclusione, la richiamata Delibera della giunta non poteva essere assunta a fondamento di un’obbligazione senza altri elementi idonei a far ritenere che tale obbligazione di pagamento del corrispettivo fosse astrattamente riferibile al Comune e, per esso, agli amministratori che avevano reso possibili le prestazioni.

Solo l’esame dei successivi atti amministrativi e dei singoli contratti conclusi con le ditte aggiudicatarie ed eventuali comunicazioni rivolte al professionista individuato dalla citata Delibera avrebbero potuto offrire ulteriori elementi per accertare le eventuali obbligazioni impropriamente assunte per conto dell’ente dai convenuti

La prova della sussistenza di tali elementi era a carico del D.B., ai sensi dell’art. 2697 c.c. e non era stata fornita. In particolare, non era stato provato che la Delibera fosse stata portata a conoscenza del D.B. ad opera degli appellanti o che essi avessero sollecitato, anche informalmente, l’esecuzione delle relative prestazioni che, anzi, erano state rese sotto altra amministrazione.

5. D.B.R. ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di cinque motivi.

6. Il Comune di Sant’Angelo d’Alife, I.D., M.P. e D.R.S. si sono costituito con controricorso.

7. Con memoria depositata in prossimità dell’udienza il ricorrente, ha rinunciato ai primi due motivi di ricorso a seguito dell’interpretazione adottata dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 17533 del 2018 in tema di regolarità della notifica effettuata da parte di ufficiale giudiziario incompetente per territorio, come ribadito anche preliminarmente alla discussione nella pubblica udienza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. I primi due motivi di ricorso sono stati oggetto di rinuncia da parte della difesa del ricorrente, e, dunque, si omette di riportarne il contenuto.

In proposito deve ribadirsi che: “La rinuncia ad uno o più motivi di ricorso, che rende superflua una decisione in ordine alla loro fondatezza, è efficace anche in mancanza della sottoscrizione della parte o del rilascio di uno specifico mandato al difensore, in quanto, implicando una valutazione tecnica in ordine alle più opportune modalità di esercizio della facoltà d’impugnazione e non comportando la disposizione del diritto in contesa, è rimessa alla discrezionalità del difensore stesso, e resta, quindi, sottratta alla disciplina di cui all’art. 390 c.p.c. per la rinuncia al ricorso” (Sez. 1, Sent. n. 22269 del 2016).

2. Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in relazione agli artt. 115,280,281 c.p.c. e degli artt. 76,123 disp. att. c.p.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

Il ricorrente evidenzia che le sezioni unite con la sentenza n. 28498 del 2005 hanno affermato che l’appellante deve fornire la prova della fondatezza dell’appello e, dunque, anche se questi, nel giudizio di primo grado aveva assunto la qualità di convenuto, il suo onere probatorio rimaneva integro anche nella successiva fase di gravame, quanto a tutti i fatti impeditivi o estintivi del diritto fatto valere dall’attore. Inoltre, il principio secondo il quale la prova definitivamente acquisita alla causa non può più essere sottratta, dovrebbe applicarsi anche al fascicolo di parte che la Corte d’Appello aveva rilevato non essere stato depositato. Peraltro, come da attestazione rilasciata dalla cancelleria del Tribunale il fascicolo di parte dell’attore, anche se non rinvenibile, non era stato mai ritirato dopo la decisione della causa, sicchè l’acquisizione della sola produzione d’ufficio senza il fascicolo di parte costituirebbe una violazione del principio di acquisizione della prova.

3. Il terzo motivo è inammissibile.

Questa Corte ha già avuto modo di affermare che: “Se al momento della decisione della causa risulti la mancanza di taluni atti da un fascicolo di parte, il giudice è tenuto a disporne la ricerca o, eventualmente, la ricostruzione solo se sussistano elementi per ritenere che tale mancanza sia involontaria, ovvero dipenda da smarrimento o sottrazione. Ove, pur in presenza di tali elementi, il giudice ometta di disporre la ricerca o la ricostruzione degli atti mancanti, tale omissione può tradursi in un vizio della motivazione, ma la parte che intenda censurare tale vizio in sede di legittimità ha l’onere di richiamare nel ricorso il contenuto dei documenti dispersi e dimostrarne la rilevanza ai fini di una decisione diversa” (Sez. 3, Sent. n. 18237 del 2008).

Nella specie il ricorrente, pur lamentando che il giudice non abbia tenuto conto della sua produzione documentale, omettendo di effettuare le ricerche del fascicolo di parte che non risultava ritirato, non indica neppure genericamente quali documenti erano presenti nel proprio fascicolo e, tantomeno, omette di riportarne il contenuto al fine di dimostrare la loro rilevanza ai fini della decisione.

4. Il quarto motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione del D.L. n. 77 del 1995, art. 123, comma 1, lett. n e del D.L. n. 66 del 1989, art. 23, convertito dalla L. n. 144 del 1989 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

Il ricorrente ritiene che la Delibera di conferimento dell’incarico al professionista impegnava il Comune nei suoi confronti, prevedendo la copertura finanziaria del compenso con le somme pagate al Comune dagli aggiudicatari degli appalti e se detta previsione non era idonea ad integrare l’impegno contabile registrato sul competente intervento o capitolo di bilancio di previsione rendeva inopponibile la controprestazione all’amministrazione ma della stessa ne doveva rispondere il funzionario.

5. Il quinto motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione del D.L. n. 77 del 1995, art. 123, comma 1, lett. n e del D.L. n. 66 del 1989, art. 23, convertito dalla L. n. 144 del 1989 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

Il ricorrente contesta l’affermazione della Corte d’Appello secondo la quale nel periodo compreso tra l’emanazione della Delibera e la redazione del contratto di prestazione d’opera, l’incarico al professionista non poteva ritenersi ancora conferito.

Tale periodo, peraltro, può dilatarsi in modo imprevedibile come accaduto nel caso di specie in ragione del fatto che il Comune aveva dovuto ottenere le autorizzazioni preliminari di competenza di altre amministrazioni.

Il ricorrente evidenzia che, nel caso di specie, trova applicazione il nuovo ordinamento contabile di cui al D.L. n. 77 del 1995, in virtù del quale il funzionario o l’amministratore pubblico che abbia attivato un impegno di spesa per l’ente locale senza l’osservanza dei controlli contabili relative alla gestione degli enti medesimi risponde in base al D.L. n. 66 del 1989, art. 23, degli effetti di detta attività di spesa verso il contraente, il quale, pertanto, è legittimato ad agire direttamente e personalmente nei suoi confronti.

In sintesi, la responsabilità dell’amministratore deriva dall’attivazione dell’impegno di spesa per l’ente in difetto dei controlli formali previsti dalla legge. La Delib. Giunta Municipale 25 agosto 1989, n. 149, prevedeva di affidare al Dottor D.B.R. l’incarico di stima per il taglio delle sezioni boschive, così come previsto dal piano integrativo dei tagli. Da tale atto derivava l’impegno di spesa con conseguente responsabilità degli amministratori nelle persone degli odierni resistenti.

5. I motivi quarto e quinto sono infondati.

Secondo la Corte d’Appello, la Delibera del Comune di S. Angelo d’Alife, unico atto riferibile agli appellanti, non era sufficiente a far ritenere sussistenti i presupposti per l’instaurazione del rapporto con il D.B., costituendo un atto meramente interno della pubblica amministrazione che non prevedeva alcun impegno di spesa da parte del Comune.

In tal caso, pertanto, non poteva trovare applicazione il principio secondo il quale, anche se la spesa dell’incarico conferito al professionista dall’amministrazione è interamente finanziata da altro ente, l’obbligazione di pagamento del corrispettivo è pur sempre riferibile al soggetto che lo ha approvato, in quanto l’ente territoriale non aveva assunto alcun impegno di spesa perchè aveva stabilito che le competenze professionali spettanti al professionista incaricato sarebbero state a carico della ditta aggiudicataria della gara per il taglio delle sezioni boschive, dunque non ad un altro ente pubblico.

La richiamata Delibera della giunta non poteva, dunque, essere assunta a fondamento di un’obbligazione senza altri elementi idonei a far ritenere che tale obbligazione di pagamento del corrispettivo fosse astrattamente riferibile al Comune e, per esso, agli amministratori che avevano reso possibili le prestazioni.

La motivazione della Corte d’Appello è esente dalle censure lamentate in quanto, come esattamente rilevato, la Delibera di conferimento dell’incarico al ricorrente prevedeva che le competenze professionali sarebbero state a carico della ditta aggiudicataria della gara per il taglio delle sezioni boschive e, dunque, non essendo prevista alcuna spesa a carico del Comune o di altro ente pubblico, non era necessario il rispetto della procedura di cui al D.L. 2 marzo 1989, n. 66, art. 23, commi 3 e 4, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 1989, n. 144, art. 1, comma 1 (oggi sostituito dal D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 191). Ne consegue che, non trovando applicazione tale ultima norma, il compenso per l’incarico professionale non può addebitarsi agli odierni contro ricorrenti.

In altri termini, con la Delibera in esame il Comune non aveva assunto alcun impegno di spesa che rendeva necessario l’impegno contabile e l’attestazione della relativa copertura finanziaria, la cui mancanza avrebbe determinato il sorgere dell’obbligo a carico di coloro che avevano assunto tale impegno di spesa.

Il professionista, dunque, avrebbe dovuto chiedere il compenso alla ditta aggiudicataria della gara o al più proporre un’azione di responsabilità nei confronti dell’amministrazione per aver colposamente omesso di procedere a tale aggiudicazione.

Peraltro, come rilevato dalla Corte d’Appello, l’atto di conferimento dell’incarico era privo di validità esterna e gli amministratori che l’avevano approvato non avevano più avuto alcun contatto con il professionista al quale non avevano in alcun modo sollecitato l’esecuzione dell’attività professionale. La procedura finalizzata alla realizzazione del progetto in esame era proseguita durante l’amministrazione successiva, dunque, nessun comportamento colposo poteva essere addebitato agli amministratori che avevano approvato la Delibera.

5. Il ricorso è rigettato.

6. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

7. Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto del Testo Unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in Euro 4000, più Euro 200 per esborsi, nei confronti dei controricorrenti M.P., I.D., D.R.S. e in Euro 3000, più 200 per esborsi, nei confronti del Comune di Sant’Angelo d’Alife;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente del contributo unificato dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 12 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 novembre 2019

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