Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3025 del 17/02/2016


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 3025 Anno 2016
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: ARIENZO ROSA

ORDINANZA
sul ricorso 16942-2014 proposto da:
PEZZUTO VALENTINA, elettivamente domiciliata in ROMA,
PIAZZA CAVOUR presso la CASSAZIONE, rappresentata e difesa
dall’avvocato ANTONIO NATALE giusta procura speciale in calce al
ricorso;

– ricorrenti contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE
BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE
DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati
CLEMENTINA PULLI, MAURO RICCI, EMANUELA
CAPANNOLO giusta procura speciale a margine del ricorso;

Data pubblicazione: 17/02/2016

- controricorrenti avverso la sentenza n. 4443/2013 della CORTE D’APPELLO di
LECCE del 25/11/2013, depositata il 07/01/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
16/12/2015 dal Consigliere Relatore Dott. ROSA ARIENZO;

riporta agli scritti.
FATTO E DIRITTO
La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 16
dicembre 2015, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., sulla base della seguente
relazione, redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:
“La Corte di Appello di Lecce, con sentenza del 7.1.2014, rigettava il
gravame proposto da Pezzuto Valentina nei confronti dell’Inps avverso
la pronuncia di prime cure che aveva respinto la sua domanda di
riconoscimento del diritto alla pensione di reversibilità della nonna.
A sostegno del

decisum

la Corte territoriale osservava che

presupposto per ottenere la pensione di reversibilità era che gli istanti
fossero, al momento del decesso del beneficiario della pensione, a
carico di quest’ultimo; posto che era pacifico che l’appellante,
convivente con la nonna sino al 2002, non lo era più stato da
quell’epoca, né aveva dimostrato altri elementi che potessero
confermare la vivenza a carico dell’ascendente, essendo stata la prova
testimoniale richiesta reputata del tutto generica in quanto non
riportava le circostanze concrete oggetto della stessa, riteneva
l’infondatezza del gravame.
Per la cassazione di tale decisione ricorre la Pezzuto, affidando
l’impugnazione a due motivi, cui resiste, con controricorso, l’INPS.
Con il primo motivo, la ricorrente, denunciando errata interpretazione
e applicazione dell’art. 13 del R.D.L. 636/39 convertito in legge 6 luglio
1939 n. 1272, come modificato dall’art. 22 della legge 903/65 (art. 360
c.p.c., comma 1, n. 3), deduce che con sentenza n. 180/1999 del

Ric. 2014 n. 16942 sez. ML – ud. 16-12-2015
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udito l’Avvocato Clementina Pulli difensore del controricorrente che si

Giudice delle Leggi era stata equiparata la posizione dei nipoti in linea
retta minori o maggiorenni inabili e viventi a carico dell’ascendente a
quella dei figli legittimi, anche se non formalmente affidati, e che nel
caso in esame le condizioni per la concessione della pensioni di
reversibilità a favore della nipote non formalmente affidata erano la
inabilità alla data della morte dell’ascendente e la vivenza a carico

ricorrente era invalida al 100% con diritto all’indennità di
accompagnamento e che gli unici redditi posseduti erano la quota
parte della pensione SO integrata al trattamento minimo, sicchè
dovevano ritenersi sussistenti le condizioni erroneamente escluse dal
giudice del gravame, dello stato di mancanza di autosufficienza
economica e del reale comportamento del genitore.
Con il secondo motivo, con il quale censura la violazione dell’art. 116
cpc, con riferimento al dovere del giudice di valutare le prove secondo
il suo prudente apprezzamento, salvo che la legge disponga altrimenti,
rileva che i rapporti interpersonali tra nipote e nonna ed in particolare il
comportamento della stessa nei confronti della discendente minore o
maggiorenne inabile, orfana di padre, “appartiene a quella sfera intima
e personalissima, difficilmente dimostrabile con prova diretta ma
soltanto attraverso la prova testimoniale, la quale insieme ad altri
indizi, può realizzare una prova iena idonea a riconoscere la
prestazione” e che la mancata ammissione della prova per testi ha
determinato una violazione di legge.
Secondo il condiviso orientamento della giurisprudenza di legittimità,
in caso di morte del pensionato, il figlio superstite ha diritto alla
pensione di reversibilità, ove maggiorenne, se riconosciuto inabile al
lavoro e a carico del genitore al momento del decesso di questi,
laddove il requisito della “vivenza a carico”, se non si identifica
indissolubilmente con lo stato di convivenza, ne’ con una situazione di
totale soggezione finanziaria del soggetto inabile, va considerato con
particolare rigore, essendo necessario dimostrare che il genitore
provvedeva in via continuativa e in misura quanto meno prevalente al
Ric. 2014 n. 16942 sez. ML – ud. 16-12-2015
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dell’ascendente. Osserva che alla morte della nonna materna essa

mantenimento del figlio inabile (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 5008/1994;
15440/2004; 11689/2005, 14.2.2013 n. 3678). Erroneo è pertanto, il
riferimento, quale condizione per godere della pensione, al
comportamento dell’ascendente.
La sentenza impugnata si è, al contrario, sostanzialmente conformata
ai principi sopra richiamati, dal che discende l’infondatezza della

Il rilievo relativo alla mancata ammissione della testimonianza volta
alla dimostrazione del mantenimento del ricorrente da parte
dell’ascendente defunta ed alla mancata valutazione di indizi
concorrenti in una valutazione complessiva delle emergenze probatorie
deve ritenersi ugualmente infondato e, prima ancora, inammissibile.
Al riguardo non è stata formulata, invero, una pertinente critica, con
riferimento alla norma invocata, posto che non si indicano in modo
autosufficiente gli indizi ed i capi di prova articolati, dei quali il giudice
del gravame aveva rilevato la genericità.
Va, peraltro, considerato che, in tema di prova per presunzioni, deve
ritenersi censurabile in sede di legittimità la decisione in cui il giudice si
sia limitato a negare valore indiziario agli elementi acquisiti in giudizio
senza accertare se essi, quand’anche singolarmente sforniti di valenza
indiziaria, non fossero in grado di acquisirla ove valutati nella loro
sintesi, nel senso che ognuno avrebbe potuto rafforzare e trarre vigore
dall’altro in un rapporto di vicendevole completamento (cfr. Cass.
6.6.2012 n. 9108). Non è questa l’oggetto della doglianza, che, per
quanto detto, si limita genericamente a censurare la valutazione del
giudice del gravame, senza prospettare alcuna deviazione da parte
della stessa dei canoni di giudizio anzidetti e senza riprodurre, come
già osservato, i capi di prova dei quali si sostiene la illegittima mancata
ammissione.
Per le esposte considerazioni, si propone il rigetto del ricorso”.
Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta
relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in
Camera di consiglio.
Ric. 2014 n. 16942 sez. ML – ud. 16-12-2015
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doglianza, svolta con il primo motivo, di violazione di norme di diritto.

Il Collegio ritiene di condividere integralmente il contenuto e le
conclusioni della riportata relazione e concorda, pertanto, sul rigetto
del ricorso.
Non vi è luogo alla condanna della parte soccombente alle spese
processuali, considerato che la stessa ha reso la dichiarazione prevista
per l’esonero dal nuovo testo dell’articolo 152 disp. att. c.p.c.

stata resa in calce al ricorso introduttivo. L’ammissione della Pezzuto
al gratuito patrocinio a spese dello Stato (in base a delibera agli atti del
4.6/8.72014) comporta il venir meno dell’obbligo al versamento
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dall’art. 13,
comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Cass. N. 18523
del 2014).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Dichiara irripetibili le spese del presente
giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto
della non sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della
ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, il 16.12.2015

(20.5.2014) e che analoga dichiarazione, debitamente sottoscritta, era

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