Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30249 del 22/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 22/11/2018, (ud. 31/10/2018, dep. 22/11/2018), n.30249

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n.3050/2012 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio

legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato;

– ricorrente

e contro

S.P.A., rappresentato e difeso dagli avv.ti Fausta

Matteo e Francesco Falcitelli, presso cui elettivamente domicilia in

Roma alla via Flaminia n. 135;

– controricorrente –

avverso la sentenza emessa dalla Commissione Tributaria Regionale

della Toscana, n. 107/16/10 del 25 novembre 2010, depositata il 16

dicembre 2010 e non notificata;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 31 ottobre

2018 dal Consigliere Giudicepietro Andreina.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. l’Agenzia delle Entrate ricorre con tre motivi contro S.P.A. per la cassazione della sentenza emessa dalla Commissione Tributaria Regionale della Toscana, n. 107/16/10 del 25 novembre 2010, depositata il 16 dicembre 2010 e non notificata, concernente l’impugnativa da parte del contribuente del silenzio rifiuto sull’istanza di rimborso relativa all’importo che l’Enel, in qualità di sostituto d’imposta, aveva indebitamente trattenuto alla fonte per il pagamento dell’IRPEF su di una somma versata quale capitalizzazione di una forma di previdenza integrativa aziendale ((OMISSIS));

2. con la suddetta impugnativa S.P.A. aveva dedotto la non assoggettabilità a tassazione dell’erogazione previdenziale, o, in subordine, che tale forma di reddito dovesse essere assoggettata a ritenuta nella misura del 12.50% ai sensi della L. n. 482 del 1985, art. 6;

3. la C.T.P. di Arezzo aveva in parte accolto il ricorso, limitatamente alla domanda subordinata, condannando l’Amministrazione al rimborso della differenza tra quanto trattenuto dall’Enel e quanto dovuto, applicando l’aliquota del 12.50% sull’imponibile, determinato ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art.42, comma 4;

4. la C.T.R. della Toscana, a sua volta, aveva rigettato l’appello dell’Agenzia delle Entrate, statuendo che dovesse applicarsi l’aliquota del 12,50% sulla somma relativa al rendimento, secondo i criteri di cui al D.P.R. n. 917 del 1986(TUIR), art. 42;

5. avverso tale sentenza l’Agenzia delle Entrate ricorre con tre motivi, deducendo plurime violazioni di legge, l’insufficiente e contraddittoria motivazione su di un fatto decisivo e controverso, nonchè la violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato;

6. a seguito del ricorso dell’Agenzia delle Entrate, S.P.A. si costituisce con controricorso, replicando al ricorso;

7. il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 31 ottobre 2018, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e dell’art. 380 bis 1 c.p.c., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.1. con il primo motivo l’Agenzia delle Entrate denuncia la violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 16 e 17 e art. 42, comma 4, della L. n. 482 del 1985, art. 6, dell’art. 1325 c.c., nn. 2 e 3 e dell’art. 1861 c.c., del D.P.R. n. 449 del 1959, artt. 1 e 33 e ss., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

in particolare, la C.T.R., nell’affermare che il rendimento assoggettabile all’aliquota del 12,50% era costituito dall’accantonamento per dar vita al fondo pensione a capitalizzazione, avrebbe erroneamente interpretato la L. n. 482 del 1985, art. 6 e del T.u.i.r., art. 42, comma 4, dovendosi invece intendere per rendimento quello imputabile alla gestione del mercato del Fondo del capitale accantonato;

con il secondo motivo, la ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo e controverso, relativo alla sussistenza della componente del rendimento netto imputabile alla gestione del fondo sul mercato, assoggettabile all’aliquota del 12,50%;

invero, la motivazione della sentenza impugnata ha affermato contraddittoriamente che “la somma percepita dal contribuente è costituita da una parte di capitale formata dai contributi versati dal datore di lavoro, in parte dal dipendente, e da una quota costituita dai rendimenti netti realizzati attraverso al gestione del capitale” e che il rendimento era costituito dall’accantonamento per dar vita al fondo pensione a capitalizzazione;

con il terzo motivo l’Agenzia delle Entrate denuncia la violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, di cui all’art. 112 c.p.c., con conseguente nullità della sentenza in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, avendo comunque il giudice di appello riconosciuto un importo superiore a quello richiesto dal ricorrente a titolo di rimborso dovuto a seguito dell’applicazione dell’aliquota del 12,50% (Euro 246.330,52 in luogo di Euro 210.546,57);

1.2. i motivi sono connessi e possono essere esaminati congiuntamente;

1.3. il primo ed il secondo sono fondati e vanno accolti, con conseguente assorbimento del terzo;

la questione è stata risolta dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 13642/2011, secondo cui “in tema di fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 del 1993, ad un Fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000 la prestazione è assoggettata al regime di tassazione separata di cui al D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR), artt. 16, comma 1, lett. a) e 17, solo per quanto riguarda la “sorte capitale” corrispondente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre alle somme provenienti dalla liquidazione del c.d. “rendimento” si applica la ritenuta del 12,50%, prevista dalla L. n. 482 del 1985, art. 6; b) per gli importi maturati a decorrere dal 1 gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui al D.P.R. n. 917 del 1986TUIR, art. 16, comma 1, lett. a) ed art.17″;

secondo le Ss. Uu. dunque, per gli iscritti, in epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 del 1993, ad un Fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione prevalente, in assenza di una disciplina tributaria specifica, il trattamento tributario delle prestazioni erogate dipende strettamente “dalla composizione strutturale delle prestazioni stesse”;

alla stregua di tale principio, il meccanismo impositivo di cui alla L. n. 482 del 1985, art. 6, (aliquota del 12,5% sulla differenza tra l’ammontare del capitale corrisposto e quello dei premi riscossi, ridotta del 2% per ogni anno successivo al decimo) si applica ai contribuenti che, come nel caso di specie, sono iscritti al fondo di previdenza complementare aziendale, (OMISSIS) o (OMISSIS), da epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 del 1993, sulle somme percepite a titolo di liquidazione in capitale del trattamento di previdenza integrativa aziendale, limitatamente agli importi, maturati entro il 31.12.2000, che provengono dalla liquidazione del rendimento di polizza, per tale dovendosi intendere, come espressamente precisato dalle Sezioni Unite” il rendimento netto del capitale accantonato”, vale a dire quello imputabile alla gestione sul mercato delle risorse da parte del Fondo;

tra le parti in lite sono emerse contrapposte interpretazioni circa il concetto di “rendimento netto”, cui applicare la detta ritenuta del 12,5%; sul punto la successiva giurisprudenza di questa Corte si è già attestata, con numerosissimi arresti, di gran lunga prevalenti su quelli di segno diverso, su una lettura del principio affermato dalle Sezioni Unite secondo la quale il predetto più favorevole criterio impositivo può trovare applicazione limitatamente alle somme rivenienti dall’effettivo investimento, da parte del fondo, sul mercato, del capitale accantonato e che ne costituiscono il rendimento (Cass. sent. n. 24525/2017; v. ex aliis Cass. 29/12/2011, n. 29583; Cass. 1.2/01/2012, n. 280; Cass. 04/04/2012, n. 5376; Cass. 25/05/2012, n. 8320; 27/03/2013, nn. 7724-7728; Cass. 22/05/2013, nn. 12491-12496; Cass. 02/10/2013, n. 22492; Cass. 09/10/2013, n. 22950; Cass. 12/02/2014, n. 3132; Cass. 12/02/2014, n. 3136; Cass. 19/03/2014, n. 6380; Cass. 09/04/2014, n. 8310; Cass. 04/02/2015, n. 1977; Cass. 22/05/2015, n. 10604; Cass. 13/01/2017, n. 720);

costituiscono, quindi, il “rendimento netto” le “somme derivanti dall’effettivo investimento del capitale accantonato sul mercato-non necessariamente finanziario-, non anche quelle calcolate attraverso l’adozione di riserve matematiche e di sistemi tecnico-attuariali di capitalizzazione, al fine di garantire la copertura richiesta dalle prestazioni previdenziali concordate” (Cass. sent. n. 24525/2017);

nel caso di specie, il giudice di appello ha contraddittoriamente motivato, affermando che “la somma percepita dal contribuente è costituita da una parte di capitale formata dai contributi versati dal datore di lavoro, in parte dal dipendente, e da una quota costituita dai rendimenti netti realizzati attraverso al gestione del capitale” e che il rendimento era costituito “dall’accantonamento per dar vita al fondo pensione a capitalizzazione”;

sulla base di tale motivazione contraddittoria ed illogica, la C.T.R. ha sostanzialmente ritenuto che l’aliquota agevolata del 12,50% fosse applicabile ad una parte preponderante della prestazione, non coincidente con il rendimento netto derivante dall’utilizzo del capitale sul mercato, ma con la cd. “redditività” della polizza (cioè la differenza tra quanto versato dal dipendente e quanto percepito a titolo di capitalizzazione della pensione integrativa);

atteso l’accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla C.T.R. della Toscana, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, in accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.T.R. della Toscana, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 31 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 22 novembre 2018

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