Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30248 del 22/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 22/11/2018, (ud. 30/10/2018, dep. 22/11/2018), n.30248

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 943/2014 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

Contro

I.M., elettivamente domiciliato in Roma, via G. Ferrari

n. 35, presso lo studio dell’avvocato Gianni Di Matteo che lo

rappresenta e difende giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 275/39/13 della Commissione tributaria

regionale di Roma – Sezione staccata di Latina – depositata il 22

maggio 2013;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30 ottobre

2018 dal Consigliere Fraulini Paolo.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Commissione tributaria regionale per il Lazio in Latina, riformando la sentenza di primo grado, ha annullato l’avviso di accertamento relativo a IVA, IRPEF e IRAP per l’anno 2005 emesso nei confronti di I.M. sulla base di ripresa a tassazione di maggior reddito di impresa minore. Ha rilevato il giudice di appello che l’Ufficio avrebbe qualificato come ricavi quelli che invece emergeva dalle prove in atti essere dei costi e che erronea era stata anche la ricostruzione dei movimenti bancari contestati al contribuente, atteso che le operazioni di acquisto di merce all’evidenza erano estranee all’attività del contribuente. Inoltre, la mancata allegazione nell’atto impugnato del contraddittorio amministrativo, unitamente alla sussistenza di valide giustificazioni dedotte in giudizio dal contribuente, sarebbero circostanze idonee a far ritenere illegittimo l’operato dell’Erario.

2. Per la cassazione della citata sentenza l’Agenzia delle Entrate ricorre con quattro motivi, resistiti da I.M. con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso lamenta:

1. Primo motivo: “violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, n. 2 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, n. 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3” deducendo l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui avrebbe ritenuto credibile la tesi della gratuità delle relazioni commerciali dell’impresa del contribuente, che invece era onerato di provare la specifica natura delle rilevate movimentazioni bancarie.

2. Secondo motivo: “Insufficiente motivazione su un punto decisivo e controverso (e comunque “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”), in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5″ deducendo che la sentenza impugnata avrebbe meramente affermato, ma non spiegato, la ritenuta sussistenza di giustificazioni da aperte del ricorrente dei rapporti commerciali intrattenuti con altra impresa.

3. Terzo motivo: “violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, nonchè del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3” deducendo l’erroneità della sentenza impugnata per aver ritenuto insufficiente l’avviso di accertamento con riferimento alla allegazione dei dati fattuali e del contradditorio amministrativo.

4. Quarto motivo: “Nullità per carenza di motivazione in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2 e art. 36, comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4” deducendo la nullità della sentenza impugnata per avere ripreso come motivazione un passo letterale della difesa del contribuente senza fornire alcuna motivazione sulle ragioni della condivisione di quanto ivi affermato.

5. I.M. eccepisce l’inammissibilità del ricorso, che ritiene comunque infondato.

6. Il ricorso è fondato.

7. Va esaminato con priorità il secondo motivo di ricorso, che è fondato e che assorbe gli altri. Invero la sentenza impugnata afferma dapprima di non comprendere sulla base di quali elementi l’Ufficio impositore abbia potuto presumere ricavi dalla accertata sussistenza di evidenze di acquisto di beni come meglio descritte nel verbale della Guardia di Finanza, laddove queste andavano “con tutta evidenza” ascritti alla categoria dei costi per acquisto merce, poi consegnata a un partner commerciale del Nord Italia. Tale motivazione si palese a tutti gli effetti apparente: invero essa pare propria più di un atto defensionale che di una sentenza, giacchè non spiega da quali elementi probatori e per quale ragione giuridica abbia maturato il convincimento della ritenuta evidenza della imputazione a costi di elementi reddituali che l’Ufficio aveva imputatà a ricavi. E’ ben possibile infatti che il giudice motivi per relationem, anche al limite facendo proprio il contenuto di un atto di parte, purchè la motivazione fornita dia comunque atto delle ragioni della condivisione e della complessiva maturazione del proprio convincimento, nella specie del tutto omesse.

Successivamente la sentenza prosegue trascrivendo il contenuto del precedente emesso tra le stesse parti (n. 51/39/12). All’uopo va osservato che anche la motivazione richiamata si palesa apparente, giacchè non si spiega perchè quanto ricavato dai verbali di accertamento sia stato ritenuto effettivo e non fittizio.

Il giudice del rinvio, nel fornire una nuova motivazione della fattispecie in esame, avrà comunque cura di attenersi ai principi dettati da questa Corte secondo cui:

a) in tema di accertamento delle imposte sui redditi, il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, del prevede una presunzione legale in base alla quale sia i prelevamenti che i versamenti operati su conti correnti bancari vanno imputati a ricavi ed a fronte della quale il contribuente, in mancanza di espresso divieto normativo e per il principio di libertà dei mezzi di prova, può fornire la prova contraria anche attraverso presunzioni semplici, da sottoporre comunque ad attenta verifica da parte del giudice, il quale è tenuto ad individuare analiticamente i fatti noti dai quali dedurre quelli ignoti, correlando ogni indizio (purchè grave, preciso e concordante) ai movimenti bancari contestati, il cui significato deve essere apprezzato nei tempi, nell’ammontare e nel contesto complessivo, senza ricorrere ad affermazioni apodittiche, generiche, sommarie o cumulative (Cass. Sez. 6-5, Ordinanza n. 11102 del 05/05/2017);

b) in tema di imposte sui redditi, il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42, comma 2, richiede l’indicazione nell’avviso di accertamento non soltanto degli estremi del titolo e della pretesa impositiva, ma anche dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che lo giustificano, al fine di porre il contribuente in condizione di valutare l’opportunità di esperire l’impugnazione giudiziale e, in caso positivo, di contestare efficacemente l'”an” ed il “quantum debeatur”. Tali elementi conoscitivi devono essere forniti non solo tempestivamente (“ab origine” nel provvedimento) ma anche con quel grado di determinatezza ed intelligibilità che permetta all’interessato un esercizio non difficoltoso del diritto di difesa Cass. Sez. 5, Sentenza n. 16836 del 24/07/2014).

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e rinvia le parti innanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio in Latina, in diversa composizione, che provvederà anche a regolare le spese della presente fase di legittimità.

Così deciso in Roma, il 30 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 22 novembre 2018

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