Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30248 del 15/12/2017


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 30248 Anno 2017
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: SCARPA ANTONIO

SENTENZA
sul ricorso 26938-2015 proposto da:
LISI ORAZIO ANTONIO, LETIZIA DOMENICO„\CCARDO
VINCENZO, RANZANI PIERO, POETA PASQUALINO,
CORALLO MAGIO, FRACASSO) VITO, LUCARELLI
FRANCESCO, AULICINO GIUSEPPE, MARRAFINO
GAETANO, CAPURSO FRANCESCO, CARI-4’0RA ANTONIO,
D’AGOSTINO ALESSANDRO, NIALZONE ANTONIO,
CAVALLACCIO SEBASTIANO, COGOTZI CARLO EFISIO,
MORCIANO LUIGI, SANTORELLI GIUSEPPE, MEROLA
SILVIO, CERRETO BENITO, RAZZANO CLEMENTE,
CONTIERO ANTONIO, COLLETTO COTELLUZZO
CALOGERO, STRAGAPEDE LEONARDO, MECCARIELLO

Data pubblicazione: 15/12/2017

LIBERATO, MUSUMECI GIUSEPPE, VANACORE SERGIO,
BRANDO ANTONIO, FINOCCHIO

UGO, elettivamente

domiciliati in R()MA, VIA 1,1:,VI(.0 9, presso lo studio dell’avvocato
ANTONITLA BARONTINI, che li rappresenta e difende;

contro
MINIST1′,R0 DI:,I,I :,CONONII A I’, DI i ,LE FINANZE
80415740580;

– intimato nonché
sul ricorso 26938/2015 proposto da:
BO/VINI MASSIMILIANO, SINIONE ANTONIO, DI
PROSPERO MASSIMO, elettivamente domiciliati in ROMA VIA
GIULIA DI COLLOREDO 46/48 presso lo studio dell’avvocato
GABRIIM:, 1)1 PAOLA che li rappresenta e difende;

contro
M IN ISTI ‘,R0 DIA „1,1 :,CONON1I A I

DELI

FINANZI

80415740580, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DIA PORTOGHESI 1 2 , presso
L’AVVOCATURA STATO, che lo
rappresenta e difende ope legis;

resistente

avverso il decreto n. 649/2015 della CORI]’. D’APPELLO di
PERUGI 1, depositato il 09/04/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
30/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. .1NTOINIO SCARPA;

Ric. 2015 n. 26938 sez. M2 – ud. 30-11-2016
-2-

– ricorrenti –

FATTO E DIRITTO
I.Con ricorsi separatamente proposti e poi riuniti, depositati a
decorrere dal 3 marzo 2010 presso la Corte d’appello di Perugia, i
ricorrenti chiedevano la condanna del Ministero dell’Economia e
delle Finanze all’equa riparazione per la irragionevole durata di un

amministrativo regionale del Lazio, intrapreso nel 1995 dai
medesimi ricorrenti, tutti sottufficiali dell’Esercito, della Marina e
dell’Aeronautica, nei confronti del Ministero della Difesa, in
relazione allk, differenze retributive arretrate derivanti
dall’applicazione dell’art. 1, legge n. 23/1993, giudizio definito
nell’agosto 2011.
Con decreto del 9 aprile 2015 la Corte d’Appello di Perugia,
dichiarava l’inammissibilità di alcuni ricorsi per difetto di procura
alle liti, respingeva altri, ed accoglieva le domande di alcuni
ricorrenti, liquidando in loro favore l’indennizzo di E 900,00 per
ciascuno.
Per la cassazione di questo decreto sono stati proposti due distinti
ricorsi, da riunire agli effetti dell’art. 335 c.p.c., mentre l’intimato
Ministero dell’Economia e delle Finanze non ha presentato
controricorso.
II.L’unico motivo del ricorso proposto da LISI ORAZIO
ANTONIO ed altri attiene alla violazione dell’art. 182 c.p.c. Il
decreto impugnato ha dichiarato inammissibile il ricorso collettivo
recante n. 825/2013 con cui era stata adita la Corte di Perugia,
giacchè in esso, valente come atto di riassunzione rispetto alla fase
dapprima svoltasi davanti alla Corte d’Appello di Roma, si faceva
riferimento al mandato rilasciato all’avvocato Antonella Barontini
Ric. 2015 n. 26938 sez. M2 – ud. 30-11-2016
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giudizio amministrativo svoltosi davanti al Tribunale

nel ricorso depositato alla Corte di Roma, mentre neppure tale
ricorso, prodotto in originale nel fascicolo, recava alcuna procura
alle liti.
I ricorrenti invocano la mancata sanatoria del difetto di procura per
il tramite dell’art. 182 c.p.c. e contestano alla Corte d’Appello di

fascicolo di parte del giudizio davanti alla Corte di Roma, essendo,
invece, l’originale di norma inserito nel fascicolo d’ufficio.
Quest’ultima considerazione dei ricorrenti è smentita dalla piana
lettura degli artt. 165 e 168 c.p.c., nonché degli artt. 72, 73 e 74
disp. att. c.p.c. La procura speciale deve essere apposta sull’originale
dell’atto introduttivo, giacché è sulla base del contenuto di questo
che avviene l’iscrizione a ruolo della causa e la formazione del
fascicolo d’ufficio, ai sensi dell’art. 168 c.p.c., il quale però ne
contiene copia. E’ invece il fascicolo della parte attrice che contiene
l’originale dell’atto introduttivo, la procura e i documenti offerti in
comunicazione.
Il motivo del ricorso proposto da LISI ORAZIO ANTONIO ed altri
è, per il resto, fondato.
Questa Corte ha già affermato, invero, che l’art. 182, comma 2,
c.p.c. (nel testo, nella specie applicabile “ratione temporis”,
conseguente alla modifica introdotta dall’art. 46 della 1. n. 69 del
2009), trova applicazione anche nel caso di vizio della procura alle
liti e va interpretato nel senso che il giudice è tenuto a promuovere
la sanatoria del vizio, assegnando un termine alla parte che non vi
abbia già provveduto di sua iniziativa (Cass. Sez. 1, Sentenza n.
22559 del 04/11/2015). Altrimenti, premettendosi che la procura
alle liti menzionata negli atti e non prodotta, e quindi rilasciata
Ric. 2015 n. 26938 sez. M2 – ud. 30-11-2016
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Perugia l’errore di aver ritenuto originale il ricorso rivenuto nel

prima del giudizio, rientra nella previsione del comma 1 dell’art.
182 c.p.c., si è comunque sostenuto che proprio l’art. 182, comma 1,
c.p.c., imponga al giudice, il quale rilevi l’omesso deposito della
procura speciale alle liti, di cui all’art. 83, comma 3, c.p.c., enunciata
ma non rinvenuta negli atti della parte, di invitare quest’ultima a

momento del giudizio, e solo se infruttuoso il giudice deve
dichiarare invalida la costituzione della parte in giudizio (Cass. Sez.
3, Sentenza n. 19169 del 11/09/2014).
Si è anche precisato che, quando nell’atto di riassunzione dopo
declinatoria di competenza, viene richiamata dal difensore la
procura rilasciatagli nell’atto di costituzione davanti al giudice “a
quo” e non venga prodotto in originale o in copia (se pure l’originale
si trovi nel fascicolo d’ufficio del giudice “a quo”, che la cancelleria
ha l’obbligo di acquisire ai sensi dell’art. 126 disp. att. c.p.c.) l’atto
contenente la procura, il giudice della riassunzione è tenuto, ove
rilevi il difetto della costituzione, a formulare l’invito a regolarizzare
la costituzione, non potendo considerare quest’ultima invalida in
difetto di invito e di ottemperanza ad esso (Cass. Sez. 3, Sentenza n.
10123 del 09/05/2011).
La Corte d’Appello di Perugia, pertanto, rilevato l’omesso deposito
della procura speciale alle liti, che nell’atto di riassunzione proposto
da LISI ORAZIO ANTONIO ed altri si deduceva conferita in calce
al ricorso proposto davanti alla Corte d’Appello di Roma, giudice a
quo, avrebbe dovuto invitare i ricorrenti a produrre l’atto mancante,
in modo da regolarizzare la loro costituzione,
L’unico motivo del ricorso proposto da BOZZINI
MASSIMILANO, SIMONE ANTONIO e DI PROSPERO
Ric. 2015 n. 26938 sez. M2 – ud. 30-11-2016
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produrre ratto mancante. Tale invito può essere fatto in qualsiasi

MASSIMO denuncia, invece violazione e falsa applicazione
dell’art. 2, L. n. 89 del 2001, dell’art. 6, par. 1, della CEDU, dell’art.
100 c.p.c. e dell’art. 101, comma 2, Cost.
Viene censurato il decreto della Corte d’Appello di Perugia nella
parte in cui, dopo aver determinato in sedici anni e due mesi la

tuttavia ritenuto che, a far tempo dalla pronuncia n. 331 del 20
luglio 1999 resa dalla Corte Costituzionale sulla questione rilevante
nella lite, difettava nei ricorrenti ogni incertezza sull’esito del
giudizio amministrativo da loro promosso, con conseguente
indennizzabilità del solo periodo compreso tra il 20 maggio 1998
(decorso il triennio di pendenza di ragionevole durata) e il 20 luglio
1999. I ricorrenti assumono che quella pronuncia della Corte
Costituzionale non incidesse sulla fondatezza della loro pretesa,
essendo loro appartenenti all’Esercito, e non invece alla Guardia di
Finanza o ai Carabinieri, corpi cui appartenevano le parti del
giudizio nel corso del quale era stato sollevato l’incidente di
costituzionalità, le quali parimenti rivendicavano l’equiparazione
economica ai corrispondenti gradi della Polizia agli effetti dell’art.
1,,tartn
i legge n. 23/1993. I ricorrenti valorizzano pure le istanze di
prelievo di fissazione di udienza, del tutto ignorate dalla Corte di
Perugia, ed invece da considerare sintomo della loro incertezza sul
buon esito della lite.
Il motivo è del tutto infondato.
I ricorrenti lamentano in cassazione l’inadeguata considerazione, da
parte del giudice del merito, della loro specifica qualifica
professionale (appartenenti alla Brigata Folgore, facente parte
dell’Esercito) nell’ambito della valutazione della complessità del
Ric. 2015 n. 26938 sez. M2 – ud. 30-11-2016
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durata del giudizio presupposto davanti alla TAR Lazio, esso ha

caso oggetto del giudizio presupposto, ma non indicano
specificamente, come imposto dall’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c.,
in quale atto del grado svoltosi davanti alla Corte d’Appello di
Perugia avessero sottoposto detta questione all’attenzione della
Corte di merito, così sembrando sollecitare soltanto in sede di

vicenda processuale. La facoltà del giudice, prevista dall’art. 3,
comma 5, L. n. 89 del 2001, (nel testo vigente prima delle
modificazioni introdotte dal d.l. n. 83 del 2012, qui applicabile
ratione temporis), di supplire ad eventuali carenze probatorie della
parte è limitata alla sola produzione degli atti posti in essere nel
processo presupposto, ma richiede comunque che la parte che abbia
promosso il giudizio abbia debitamente dato atto nel ricorso, a pena
di inammissibilità, dei fatti costitutivi della richiesta di equo
indennizzo, quali la data iniziale del giudizio, la data della sua
definizione e gli eventuali gradi in cui si è articolato (Cass. Sez. 6 2, Sentenza n. 1936 del 03/02/2015).
Il motivo di censura del ricorso di BOZZINI MASSIMILANO,
SIMONE ANTONIO e DI PROSPERO MASSIMO è comunque da
disattendere sulla base del principio, più volte ribadito da questa
Corte (già nella disciplina anteriore all’introduzione del vigente
comma 2-quinquies, lettera a, dell’art. 2, legge n. 89/2001), secondo
cui, in tema di equa riparazione per violazione del termine di
ragionevole durata del processo, il paterna d’animo derivante dalla
situazione di incertezza per l’esito della causa è da escludersi non
solo ogni qualvolta la parte rimasta soccombente abbia proposto una
lite temeraria, difettando in questi casi la stessa condizione
soggettiva di incertezza sin dal momento dell’instaurazione del
Ric. 2015 n. 26938 sez. M2 – ud. 30-11-2016
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legittimità l’apprezzamento di fatto di tale peculiarità della loro

giudizio, ma anche per il periodo comunque conseguente alla
consapevolezza dell’infondatezza delle proprie pretese che sia
sopravvenuta dopo che la durata del processo abbia superato il
termine di durata ragionevole. In particolare, proprio nel decidere
analoghi ricorsi, aventi ad oggetto decreti della Corte d’Appello di

riferimento a giudizi amministrativi nei quali si poneva la questione
dell’estensione ai militari del trattamento economico previsto – per
il periodo 1986-1991 – per i Carabinieri e altri corpi di polizia,
questa Corte ha reputato immune dalle proposte censure le pronunce
della Corte d’appello secondo cui la consapevolezza, in capo ai
ricorrenti, che la loro domanda di adeguamento, la quale postulava
la proposizione di una questione di legittimità costituzionale, fosse
manifestamente infondata e insuscettibile, in quanto tale, di arrecare
pregiudizio per la protrazione del processo oltre il limite della
ragionevole durata, poteva considerarsi maturata nell’anno 1999, per
effetto della pronuncia della Corte costituzionale n. 331 (Cass. Sez.
6 – 2, Sentenza n. 16856 del 2016; Cass. Sez. 6 – 2, Sentenza n.
23421 del 2015; Cass. Sez. 6 – 2, Sentenza n. 22385 del 2015; Cass.
Sez. 6 – 2, Sentenza n. 22049 del 2015, relativa a sottufficiali della
Forze Armate; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 27567 del 2014, anche
questa relativa ad appartenenti alle Forze Armate; Cass. Sez. 2,
Sentenza n. 19478 del 2014). Si è osservato come se una domanda
viene proposta prospettando l’illegittimità costituzionale della
disciplina applicabile e se tale prospettazione viene disattesa da
parte del giudice delle leggi, la valutazione del giudice di merito,
secondo cui la protrazione del giudizio presupposto successivamente
alla detta pronuncia non ha determinato un paterna d’animo
Ric. 2015 n. 26938 sez. M2 – ud. 30-11-2016
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Perugia concernenti domande di equa riparazione proposte con

suscettibile di indennizzo, appare del tutto plausibile e ragionevole,
e non contrastante con gli orientamenti espressi dalla giurisprudenza
della Corte di Cassazione in ordine alla consapevolezza, da parte di
chi agisce in equa riparazione, dell’infondatezza della propria
pretesa nel giudizio presupposto. Correttamente, pertanto, la Corte

dell’impossibilità dell’accoglimento della domanda proposta e ha
quindi ritenuto irrilevante il periodo successivo all’acquisizione di
detta consapevolezza sino alla definizione per perenzione del
giudizio presupposto ai fini della domanda di equa riparazione,
riconoscendo, pertanto, una durata apprezzabile a tali effetti soltanto
fino al momento in cui la possibile incertezza sull’esito del giudizio
era ancora astrattamente configurabile, L’oggettiva inconfigurabilità
di un pregiudizio non patrimoniale per il periodo successivo alla
richiamata pronuncia della Corte costituzionale priva di rilievo le
censure dai ricorrenti svolte in ordine alla presentazione delle
istanze di fissazione di udienza e di prelievo nel giudizio
presupposto, non potendo lo svolgimento di attività sollecitatoria
ribaltare l’assunto dell’insussistenza della incertezza sull’esito del
giudizio stesso, e, quindi, del disagio per il protrarsi irragionevole
della sua definizione, una volta che era stata rigettata la questione di
legittimità costituzionale
IV. Conseguentemente, il ricorso proposto da BOZZINI
MASSIMILANO, SIMONE ANTONIO e DI PROSPERO
MASSIMO va rigettato e i ricorrenti condannati alle spese del
giudizio di cassazione sostenute dall’intimato Miniestro
nell’ammontare liquidato in dispositivo.

Ric. 2015 n. 26938 sez. M2 – ud. 30-11-2016
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d’appello ha individuato una sopravvenuta consapevolezza

Essendo il procedimento in esame esente dal pagamento del
contributo unificato, non si deve far luogo alla dichiarazione di cui
al comma 1-quater all’art. 13 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115,
introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n.

Il ricorso proposto invece da LISI ORAZIO ANTONIO ed altri va
accolto e il decreto impugnato va cassato con riguardo alle rispettive
posizioni dei ricorrenti, con rinvio alla Corte d’appello di Perugia in
diversa composizione, che deciderà la causa nel merito. Al giudice
di rinvio è rimesso, altresì, ai sensi dell’art. 385, comma 3, c.p.c., di
provvedere sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.
La Corte, riuniti i ricorsi ex art. 335 c.p.c., rigetta il ricorso
proposto da BOZZINI MASSIMILANO, SIMONE ANTONIO e
DI PROSPERO MASSIMO;
accoglie il ricorso proposto da LISI ORAZIO ANTONIO, LETIZIA
DOMENICO, ACCARDO VINCENZO, RANZANI PIERO,
POETA PASQUALINO, CORALLO BIAGIO, FRACASSO VITO,
LUCARELLI FRANCESCO, AULICINO GIUSEPPE,
MARRAFINO GAETANO, CAPURSO FRANCESCO,
CARFORA ANTONIO, D’AGOSTINO ALESSANDRO,
MALZONE ANTONIO, CAVALLACCIO SEBASTIANO,
C,OGOTZI CARLO EFISIO, MORCIANO LUIGI, SANTORELLI
GIUSEPPE, MEROLA SILVIO, CERRETO BENITO, RAZZANO
CLEMENTE, CONTIERO ANTONIO, COLLETTO
COTELLUZZO CALOGERO, STRAGAPEDE LEONARDO,
MECCARIELLO LIBERATO, MUSUMECI GIUSEPPE,
Ric. 2015 n. 26938 sez. M2 – ud. 30-11-2016
-10-

228.

VANACORE SERGIO, BRANDO ANTONIO, FINOCCHIO
UGO, e cassa, con riferimento alle rispettive posizioni, il decreto
impugnato con rinvio alla Corte d’appello di Perugia in diversa
composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di
cassazione,

civile della Corte Suprema di cassazione, il 30 novembre 2016.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6 – 2 Sezione

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