Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30243 del 30/12/2011

Cassazione civile sez. I, 30/12/2011, (ud. 15/12/2011, dep. 30/12/2011), n.30243

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. FORTE Fabrizio – rel. Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

G.M., elettivamente domiciliata in Roma, alla Via

Clitunno n. 51, presso l’avv. Ongaro Franco che, con l’avv. Sonetto

Giancarlo del foro di Venezia, la rappresenta e difende per procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

P.M., elettivamente domiciliata in Roma, alla Via

Pisanelli n. 2, presso l’avv, Gnisci Leonardo, che con l’avv. Emilio

Rosso di Venezia, lo rappresenta e difende, per procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte di appello di Venezia, sez. 3^ civ.

n. 143, del 16 gennaio – 8 febbraio 2007;

Udita, all’udienza del 15 dicembre 2011, la relazione del Dott. FORTE

Fabrizio;

Uditi l’avv. Gnisci, per il controricorrente, e il P.M. Dott. RUSSO

Libertino Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con la sentenza di cui in epigrafe, la Corte d’appello di Venezia ha rigettato l’appello principale di G.M. contro la sentenza del locale Tribunale n. 2350/04, che aveva determinato in Euro 200,00 mensili l’assegno di divorzio da corrispondere in suo favore dall’ex coniuge P.M., accogliendo il gravame incidentale di questo e rigettando la domanda della donna di assegno, con compensazione delle spese di entrambi i gradi del giudizio.

Il tribunale aveva accertato, nel 2000, il reddito della G. di L. 42.017.000 e quello del P. di L. 28.620.000 e, considerato la minore verificabilità dei redditi dell’uomo il quale, peraltro, rispetto all’epoca della separazione, aveva modificato in peius la sua condizione reddituale, avendo riconosciuto due figli nati fuori dal matrimonio al cui mantenimento doveva concorrere. Anche considerato il contributo di mantenimento in favore della donna, fissato nel giudizio di separazione in L. 700.000 mensili, il Tribunale aveva riconosciuto il diritto all’assegno determinato, a favore della G. e a carico dell’uomo, in Euro 200,00 mensili.

In ordine a tale determinazione dell’assegno, la donna, con il suo appello principale, aveva dedotto che, anche per le spese di manutenzione della casa familiare a lei assegnata nella separazione con il suo solo reddito, ella non poteva conservare il tenore di vita fruito durante la vita comune con il marito, sulla cui posizione reddituale e patrimoniale aveva invano chiesto al tribunale indagini di polizia tributaria mai disposte in primo grado.

Con l’appello incidentale il P., che preliminarmente aveva chiesto il rigetto del gravame di controparte, affermava che la sentenza di primo grado era da riformare, dovendosi negare ogni diritto della donna all’assegno, in considerazione del raffronto tra le situazioni patrimoniali e reddituali delle parti, da cui era emersa la sicura idoneità dei redditi della G., non onerata di alcun canone di locazione da pagare per l’abitazione in cui viveva a lei assegnata con la separazione, a garantirle un tenore di vita simile a quello goduto nella convivenza e manente matrimonio.

L’adita Corte, ritenuto irrilevante per il riconoscimento del diritto all’assegno l’addebito all’uomo della separazione e riconosciuta la correttezza della scelta del tribunale di non disporre accertamenti della polizia tributaria sul patrimonio e sulle entrate del P., ha affermato la idoneità dei redditi della G. a garantire alla donna la conservazione del tenore di vita fruito nel matrimonio.

Si è anzi rilevata la peggiorata condizione dell’uomo, che doveva provvedere al mantenimento dei due figli nati fuori dal matrimonio, non rilevando la possibile futura divisione della casa in comunione, allo stato in godimento della sola controparte, rigettandosi la domanda di assegno della stessa in accoglimento del gravame incidentale.

Per la cassazione di tale decisione dell’8 febbraio 2007 la G. propone ricorso di due motivi, notificato l’8 febbraio 2008 e illustrato da memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c., cui replica il P. con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1. Il primo motivo di ricorso censura la sentenza della Corte d’appello di Venezia, per violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. La Corte di merito ha ritenuto non esservi una rilevante disparità di redditi tra le due parti, come quella emersa in sede di separazione, nella quale la abitazione dei coniugi era stata assegnata alla G.; erroneamente la sentenza oggetto di ricorso fa riferimento ai redditi lordi della G. pari ad Euro 42.017,00 nel 2001, che raffronta con quelli netti del P. di L. 28.620.000 nello stesso periodo, non comparando situazioni economiche omogenee.

Nessuna istruttoria s’è svolta per accertare l’identica situazione economica delle parti alla data della sentenza di divorzio rispetto al tempo della separazione e i quesiti di diritto in calce al primo motivo, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., chiedono di rilevare l’erroneità della sentenza della Corte di merito nell’aver negato l’assegno in favore della ricorrente, pur essendosi in primo grado riconosciuto il diritto ad esso, per cui doveva la sola controparte provare la riduzione delle sue entrate, per evitare di pagare l’assegno a carattere assistenziale previsto dalla legge, comunque non potendosi rigettare per difetto di prova la richiesta del detto contributo assistenziale, senza ammettere i mezzi di prova domandati dall’interessata (il ricorso richiama le sentenze di questa Corte n.ri 3676 del 1997 e 10344 del 2005).

1.2. Con il secondo motivo di ricorso, la G. chiede di rilevare l’uso scorretto della discrezionalità dai giudici del merito nell’avere negato l’ammissibilità e l’assunzione dei mezzi di prova richiesti dalla ricorrente e nel non avere disposto gli accertamenti di polizia tributaria, necessari in base alla giurisprudenza citata (Cass. n. 4872 del 2006, 817 del 2000, 11059 del 2001, 7435 del 2002 e 10344 del 2005), come specificato con quesito ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c..

2. Entrambi i motivi di ricorsi devono rigettarsi per essere il primo infondato e il secondo inammissibile. La Corte d’appello ha effettuato una corretta comparazione dei redditi in termini omogenei ed ha motivatamente ritenuto che le entrate della donna fossero sufficienti a conservare il tenore di vita fruito durante il matrimonio, rilevando contestualmente la riduzione delle entrate del P. ostativa alla dazione dall’uomo di un contributo assistenziale in favore dell’ex coniuge.

La sentenza impugnata, in adesione ai principi espressi più volte da questa Corte di legittimità, ha evidenziato come l’assegno di divorzio nella fattispecie poteva essere negato sulla base della comparazione delle posizioni reddituali delle parti stesse e della idoneità di queste ultime a consentire a ciascuno di loro di conservare un tenore di vita analogo a quello fruito durante la convivenza (cfr., sul tema, Cass. 4 aprile 2011 n. 7601 e Cass. 12 luglio 2007 n. 15610). Correttamente la sentenza impugnata non ha riconosciuto l’assegno assistenziale alla G., dopo avere rilevato la nascita di due figli del P. successivamente alla sentenza di separazione e l’obbiettivo deterioramento delle sue condizioni reddituali, che già nel 2001 risultavano molto inferiori a quelle della ex moglie, anche in base a quanto si rileva nello stesso ricorso.

Al netto dalle dichiarazioni dei redditi come riportate in ricorso, risulta che i redditi dell’uomo rispetto a quelli, della donna sono molto inferiori.

Al netto delle dichiarazioni dei redditi come riportate in ricorso, risulta che i redditi dell’uomo rispetto a quelli della donna sono9 molto inferiori.

Correttamente pertanto la corte di appello ha ritnuto la idoneità delle entrate della G. a mantenere il treno di vita fruito nel matrimonio (Cass. 13 dicembre 2010 n. 25181), anche per il godimento da essa della casa familiare a suo tempo assegnatale e quindi il primo motivo di ricorso è infondato e da rigettare.

2.1. Risulta correttamente esercitata la discrezionalità dei giudici di merito nel non avere disposto indagini di polizia tributaria, in rapporto ai redditi emersi dalle dichiarazioni fiscali delle parti del 2001, che hanno provocato il rigetto della domanda di assegno in favore della G. (cfr. Cass. 25 maggio 2007 n. 12308 e 28 aprile 2006 n. 9861).

Il motivo di ricorso che censura la indicata scelta istruttoria dei giudici di merito è inammissibile, in quanto chiede di sostituire alla decisione di tali giudici quella proposta dalla ricorrente senza precisare le reali incongruità o gli errori di diritto che potrebbero determinare l’annullamento del rifiuto di disporre indagini di polizia tributaria sulle condizioni economiche del P..

3. In conclusione, il ricorso deve rigettarsi e, per la soccombenza, le spese del giudizio di cassazione devono porsi a carico della ricorrente, liquidandosi come in dispositivo a favore del controricorrente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare le spese del giudizio che liquida in Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali e agli accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1A sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 15 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2011

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