Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30234 del 30/12/2011

Cassazione civile sez. I, 30/12/2011, (ud. 12/12/2011, dep. 30/12/2011), n.30234

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – rel. Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

BARILLA G. E R. FRATELLI SOCIETA’ PER AZIONI (c.f. (OMISSIS)),

risultante dalla fusione per incorporazione della Barilla G. e R.

F.lli – Società per Azioni nella Barilla Alimentare s.p.a., in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE MICHELANGELO 9, Presso l’avvocato

BIAMONTI LUIGI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

VANZETTI ADRIANO, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

PASTIFICIO FAZION S.P.A. (C.F. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

TACITO 41, presso l’avvocato PATTI SALVATORE, che la rappresenta e

difende, giusta procura speciale per Notaio avv. GIUSEPPE CHILIBERTI

di CEREA (VERONA) – Rep.n. 74094 del 4.4.2006;

– controricorrente –

contro

PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI VENEZIA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 734/2005 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 09/05/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/12/2011 dal Consigliere Dott. ALDO CECCHERINI;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato PIER LUIGI BIAMONTI, con delega,

che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato SALVATORE PATTI che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

1. La società Barilla G. e R. ha acquistato un brevetto europeo per invenzione industriale relativo ad uno speciale impianto di essiccazione di paste alimentari in sfoglia dal Pastificio Cà nostra s.r.l., e ne ha concesso licenza d’uso alla F.lli s.p.a. e Barilla Alimentare s.p.a..

Le due società chiesero al tribunale di Verona di accertare che il Pastificio Fazion s.p.a. utilizza un impianto realizzato secondo gli insegnamenti del brevetto ceduto, e quindi in contraffazione del medesimo. L’impianto brevettato contiene, secondo l’esposizione degli attori, due caratteristiche innovative. Esso consente di far passare le paste attraverso i forni da essiccazione non più adagiate orizzontalmente sul nastro trasportatore, ma collocate ciascuna tra due piastre poste in senso trasversale e verticale rispetto al nastro. In tal modo sono essiccate nello stesso tempo e a parità di lunghezza del nastro più del doppio delle paste, e inoltre è evitato il pericolo, presente nella tecnica di trasporto anteriore, di deformazione delle paste. Tali caratteristiche brevettate erano presenti nell’impianto della società convenuta.

La società convenuta resistette alla domanda, assumendo la diversità del proprio impianto, nel quale le piastre contenenti le paste trasportate non sono perforate da buchi, che consentano la circolazione dell’aria calda nel forno di essiccazione, bensì presentano delle costolature ondulate, le quali assolvono diversamente quella funzione. La convenuta chiese, in via riconvenzionale, la declaratoria di nullità della frazione italiana del brevetto Barilla per mancanza di novità.

2. La domanda attrice è stata respinta nel doppio grado del giudizio di merito. La corte d’appello di Venezia, con la sentenza 9 maggio 2005, ha ritenuto che l’impianto della società convenuta sia diverso da quello brevettato, perchè le piastre investite trasversalmente dal flusso d’aria calda non sono perforate, ma presentano nella faccia interna costolature verticali affrontate e alternate, per minimizzare l’aderenza al metallo della sfoglia di pasta tra esse inserita, tra le quali si canalizza il flusso di aria calda. La diversa soluzione tecnica data allo specifico problema di realizzare l’essiccazione della pasta fresca, prosegue il giudice di merito, non è una modifica ovvia o banale della prima e non da luogo ad una contraffazione per equivalenti, per la diversità tecnologica e originalità della conformazione delle piastre, nè a quella di evoluzione per miglioramento, perchè non dipende dalla stessa soluzione tecnica. Il cuore dell’invenzione brevettata non sarebbe l’ideazione di un percorso su catena o nastro trasportatore all’interno del tunnel di essiccazione, già adottato da tempo, ma l’ideazione di supporti da ancorare al nastro trasportatore idonei a reggere le paste senza provocarne la deformazione, e ad esporre contemporaneamente la superficie della pasta all’aria calda. La corte territoriale ha poi escluso la nullità del brevetto Barilla, precisando di condividere la valutazione dei consulenti, secondo i quali, nella prima rivendicazione indipendente del brevetto, la parte caratterizzante è costituita dall’installazione sul trasportatore di supporti costituiti da “pinze” realizzate con coppie di piastre forellate.

3. Per la cassazione di questa sentenza, non notificata, ricorrono le società Barilla, con atto affidato ad un unico motivo, illustrato anche con memoria.

Resiste la Pastificio Fazion s.p.a..

4. Con il ricorso si denuncia la violazione o falsa applicazione del R.D. 29 giugno 1939, n. 1127, art. 1 e art. 1 bis (ora D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30, art. 66 codice proprietà industriale). Si censura l’affermazione che la differenza rilevata dalla corte territoriale tra la forma delle pinze nei due impianti non integri una contraffazione per equivalenti o una contraffazione evolutiva.

5. Il ricorso ripropone il tema della contraffazione del brevetto per equivalenza, e della problematica relazione tra invenzione equivalente ed invenzione di perfezionamento o evolutiva. In tema di contraffazione per equivalenza, questa corte ha in altra occasione affermato il principio che, al fine di valutare se la realizzazione contestata possa considerarsi equivalente a quella brevettata, sì da costituirne una contraffazione, occorre accertare se, nel permettere di raggiungere il medesimo risultato finale, essa presenti carattere di originalità, offrendo una risposta non banale, nè ripetitiva della precedente, essendo da qualificarsi tale quella che ecceda le competenze del tecnico medio che si trovi ad affrontare il medesimo problema, in questo caso soltanto potendo ritenersi che la soluzione si collochi al di fuori dell’idea di soluzione protetta.

L’accertamento concreto dell’equivalenza della soluzione costituisce una questione di fatto, affidata all’apprezzamento insindacabile del giudice di merito, se sorretto da motivazione adeguata ed esente da vizi logici (Cass. 13 gennaio 2004 n. 257). Di tale principio sembra aver voluto fare applicazione il giudice di merito, in una fattispecie peraltro sostanzialmente diversa, stando a quanto si desume dalla stessa sentenza impugnata. Si rendono pertanto necessarie alcune puntualizzazioni.

La necessità di ammettere la contraffazione per equivalenza nasce dall’esigenza di evitare che l’esclusiva dell’avente diritto sia facilmente elusa attraverso soluzioni che, pur formalmente diverse, si approprino in forma diversa della medesima idea inventiva.

Un’invenzione si sottrae alla sanzione che colpisce la contraffazione per equivalenza, si è detto, se, nel permettere di raggiungere il medesimo risultato finale, essa presenti carattere di originalità.

Ciò significa che essa deve consentire di raggiungere il medesimo risultato finale dell’invenzione protetta, senza tuttavia utilizzare questa.

Da tali premesse deriva che la contraffazione per equivalenza non potrebbe essere esclusa nel caso in cui il prodotto (o il procedimento) accusato sia riprodotto, anche solo parzialmente, con una variazione apportata ad un singolo componente, o ad una singola fase del procedimento, ancorchè tale variazione debba qualificarsi non banale nè ripetitiva della precedente.

L’eventuale originalità di un’invenzione, che riguardi un componente del prodotto o una fase del procedimento brevettati, e che la qualifichi come nuova a norma della L. 29 giugno 1939, n. 1127, artt. 14 e 16 pone il problema del coordinamento con l’invenzione già brevettata. A norma della L. n. 1127 del 1939, art. 5 il brevetto per invenzione industriale, la cui attuazione implichi quella di invenzioni protette da precedenti brevetti per invenzioni industriali ancora in vigore, non può essere attuato, nè utilizzato, senza il consenso dei titolari di questi ultimi. Da questa norma si desume il principio che un’invenzione, quando pure brevettata, e a maggior ragione se soltanto brevettabile, vale a dire munita dei requisiti legali di novità intrinseca ed estrinseca, non autorizza l’utilizzazione di altra invenzione brevettata senza il consenso dei titolari di questa; e, di conseguenza, che l’utilizzazione non autorizzata del brevetto anteriore, ancorchè allo scopo di attuare o utilizzare un’invenzione originale, costituisce contraffazione della prima.

Tenendo conto dei principi appena ricordati, il ricorso è fondato.

La corte territoriale afferma che il cuore dell’invenzione brevettata, di cui è titolare l’odierna ricorrente, consiste nell’ideazione di supporti da ancorare al nastro trasportatore, idonei a reggere le paste senza provocarne la deformazione, e ad esporre contemporaneamente la superficie della pasta all’aria calda.

Ma esclude poi la contraffazione per equivalente, sol perchè, nell’impianto accusato, i supporti ancorati al nastro trasportatore, idonei a reggere le paste senza provocarne la deformazione, consentono la circolazione dell’aria calda in modo diverso da quello ideato dall’inventore del prodotto brevettato. Una tale variazione, limitata ad un particolare, per quanto lo si voglia importante, dell’impianto, consente di pervenire ad un risultato (l’esposizione della pasta all’aria calda) che non esclude evidentemente l’utilizzazione dell’invenzione brevettata, nella parte che lo stesso giudice di merito afferma esserne il cuore, e, indipendentemente dalla sua dichiarata originalità, perviene allo stesso risultato che si ottiene utilizzando il medesimo impianto nella sua versione brevettata.

In questa impostazione, che implica l’utilizzazione quanto meno parziale dell’invenzione brevettata, non è esclusa dunque la contraffazione, per violazione dell’esclusiva e – per la parte non costituente violazione letterale – per equivalenza del risultato raggiunto, e la discussione sull’originalità della variazione apportata è fuorviante. L’originalità in questione, qualora pure si traducesse nel requisito della novità intrinseca, come definita dalla L. n. 1127 del 1939, art. 16 per un verso non potrebbe essere indipendente dal trovato brevettato, come è stata qualificata nell1impugnata sentenza, e per l’altro, se meritevole di protezione, comporterebbe soltanto l’applicabilità della L. n. 1127 del 1939, art. 5 e con ciò l’accertamento della contraffazione nel caso concreto, in cui è pacifico che il titolare del brevetto non aveva dato il consenso all’utilizzazione. Il diniego della contraffazione, nella fattispecie come accertata dal giudice di merito, si traduce pertanto nella violazione della L. n. 1127 del 1939, art. 1 e art. 1 bis e comporta la fondatezza del ricorso.

La sentenza impugnata deve essere pertanto cassata, e rinviata, anche per il regolamento delle spese del presente giudizio, al primo giudice che, nel procedere al nuovo giudizio sulla domanda della società ricorrente, applicherà il seguente principio di diritto:

in tema di brevetti per invenzioni industriali, al fine di escludere la contraffazione per equivalenza non rileva la variazione, seppure originale, apportata ad un singolo elemento del trovato brevettato, se la variazione medesima non consenta di escludere l’utilizzazione anche solo parziale del brevetto.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche ai fini del regolamento delle spese del presente giudizio, alla Corte d’appello di Venezia in altra composizione.

Così deciso a Roma, nella camera di consiglio della prima sezione della Corte suprema di cassazione, il 12 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2011

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