Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30231 del 30/12/2011

Cassazione civile sez. I, 30/12/2011, (ud. 09/12/2011, dep. 30/12/2011), n.30231

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.C., elettivamente domiciliata in Roma, viale Carso

71, presso l’avv. Arieta Giovanni, che la rappresenta e difende

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

G.G., elettivamente domiciliato in Roma, via G.

d’Arezzo 32, presso l’avv. Alberto Cavaliere, che con l’avv. Quarto

Montebelli lo rappresenta e difende giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Bologna n. 385 del

15.3.2007;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

9.12.2011 dal Relatore Cons. Carlo Piccininni;

Udito l’avv. Arieta per la ricorrente;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per l’inammissibilità o in

subordine per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

B.C. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un motivo poi illustrato da memoria, cui ha resistito l’intimato che pure ha depositato memoria, avverso la sentenza con la quale la Corte di Appello di Bologna aveva confermato la decisione di primo grado che, pronunziata la separazione personale dei coniugi con affidamento del figlio alla madre, assegnazione a quest’ultima della casa coniugale e previsione di un contributo di Euro 258,23 mensili a carico del padre, ne addebitava la responsabilità alla moglie, che avrebbe trattenuto una relazione adulterina da epoca anteriore al gennaio 2001.

In particolare, con il motivo di impugnazione la B. ha denunciato violazione di legge e vizio di motivazione, in ragione del fatto che ai fini dell’accertamento dell’addebito nel giudizio di separazione occorre tener conto di tutti i comportamenti idonei a ledere “il reciproco dovere di devozione dei coniugi”, circostanza da cui discende che i comportamenti sessuali – e quindi, per quanto interessa in questa sede l’adulterio – non consentirebbero di pervenire correttamente ad un’automatica pronuncia di addebito, dovendosi viceversa accertare, preventivamente, se non fosse preesistente una rottura in atto e la convivenza fra i coniugi non avesse assunto un carattere puramente formale.

Tale esame il giudice del merito non avrebbe compiuto, e per di più i testi escussi avrebbero deposto nel senso che già in epoca antecedente alla relazione adulterina il rapporto coniugale poteva ritenersi sostanzialmente esaurito.

Va preliminarmente osservato che G. ha eccepito 1’inammssibilità del ricorso sotto vari aspetti (l’impugnativa sarebbe stata reiterativa delle deduzioni svolte davanti al giudice del merito, le censure di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3 e n. 5, sarebbero state trattate congiuntamente, l’intervenuto divorzio avrebbe determinato una carenza di interesse ad agire, vi sarebbe stata violazione dell’art. 366 bis c.p.c., non sarebbero state indicate le norme violate, la valutazione sul tema probatorio avrebbe dovuto essere limitata a quanto risultante dalla sentenza), eccezione che risulta infondata, poichè è stato rispettato il disposto di cui all’art. 366 bis c.p.c., la censura è basata sul parametro – asseritamente errato – adottato in tema di addebito della separazione, oltre che sul connesso vizio di motivazione, il fatto sopravvenuto del divorzio (che non determinerebbe comunque gli effetti preclusivi indicati) è semplicemente enunciato. Nel merito, tuttavia, il ricorso risulta infondato. Ed infatti la Corte di Appello, dopo aver ritenuto accertata la relazione extraconiugale della B., ha specificamente affrontato la questione concernente l’esistenza del nesso di causalità fra la violazione dell’obbligo di fedeltà da parte della ricorrente e l’intervenuta separazione (p. 8), risolvendola in senso positivo per la condivisione del giudizio espresso sul punto dal Tribunale, la cui valutazione sarebbe stata confortata dal materiale istruttorio acquisito, ed in particolare dalle deposizioni dei testi escussi, dalle quali sarebbe emerso: che nel periodo antecedente alla detta relazione la situazione dei coniugi, seppur “non esaltante”, non versava in uno stato di rottura; che l’episodio del (OMISSIS), consistente nell’avvenuto spintonamento” della moglie da parte del G., non avrebbe avuto una rilevanza causale sulla irreversibile frattura fra i coniugi successivamente verificatasi;

che l’allontanamento dalla casa coniugale del marito sarebbe stato imputabile a ragioni di salute (intervento al menisco).

Si tratta dunque di valutazione di merito, sorretta da motivazione che, pur sintetica, risulta immune da vizi logici e che non è pertanto sindacabile in questa sede di legittimità.

Il ricorso deve essere conseguentemente rigettato con condanna della ricorrente, soccombente, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 1.700, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 9 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2011

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