Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30231 del 22/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 22/11/2018, (ud. 29/10/2018, dep. 22/11/2018), n.30231

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – rel. Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. PICCONE Valeria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 6087/12 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

C.P., rappresentata e difesa dagli avv.ti Franco Zangheri e

Bruno Lo Giudice, giusta procura speciale a margine del

controricorso, con domicilio eletto presso lo studio legale Lo

Giudice, in Roma, via Ottaviano, n. 42;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale

dell’Emilia Romagna n. 5/3/11 depositata in data 11 gennaio 2011

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29.10.2018

dal Consigliere dott.ssa Condello Pasqualina Anna Piera.

Fatto

RILEVATO

che:

– La Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, in epigrafe richiamata, che ha rigettato l’appello proposto dall’Ufficio, confermando la sentenza di primo grado, con la quale era stato accolto il ricorso proposto dalla contribuente C.P. avverso l’avviso di accertamento, con il quale, relativamente all’anno d’imposta 2003, era stato rettificato il reddito d’impresa ai fini Irpef e Irap, all’esito di indagini bancarie effettuate ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, sul presupposto che le operazioni economiche poste in essere dalla contribuente ed i mutui contratti negli anni in contestazione fossero di entità tale da far presumere che il reddito dichiarato non fosse “aderente alla realtà economica sottostante la attività esercitata” ed in ragione della mancata produzione da parte della contribuente della documentazione richiesta;

– i giudici di appello, rilevando la ammissibilità della produzione documentale della contribuente, la quale aveva dimostrato di essersi tempestivamente attivata per rispondere alla richiesta di chiarimenti formulata dall’Ufficio mediante richiesta di informazioni alle banche, le quali le avevano tuttavia evase oltre il termine concesso per l’adempimento probatorio, hanno ritenuto che detta documentazione fornisse elementi tali da far considerare le operazioni finanziarie contestate dall’Amministrazione non attinenti all’esercizio dell’impresa ed hanno quindi annullato l’accertamento;

– il ricorso è affidato a due motivi;

– resiste con controricorso C.P..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo del ricorso, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 2, n. 2.

Ritrascrivendo nel ricorso parte della motivazione dell’avviso di accertamento, uno stralcio della motivazione della decisione adottata dalla C.T.P. di Forlì e dei motivi di gravame formulati avverso la sentenza di primo grado, la difesa erariale sostiene che la Commissione regionale non ha tenuto conto che l’analisi dei giudici di prime cure era incentrata sugli atti di compravendita immobiliare e sul contratto di mutuo stipulati dalla contribuente nell’anno in contestazione ed ha genericamente affermato che le movimentazioni bancarie in contestazione non fossero attinenti all’esercizio dell’impresa, omettendo di effettuare una puntuale valutazione delle giustificazioni offerte dalla contribuente in ordine ad ogni singola operazione risultante dai conti correnti bancari, violando in tal modo il disposto della norma sopra richiamata.

2. Con il secondo motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate, richiamando quanto già dedotto in sede di appello, censura la sentenza impugnata per insufficiente motivazione su un fatto decisivo e controverso per il giudizio e lamenta che i giudici di secondo grado hanno aderito acriticamente alle argomentazioni contenute nella sentenza di primo grado, senza verificare, in particolare, se la contribuente avesse o meno fornito la prova che ogni singola movimentazione emergente dai contratti di conto corrente fosse realmente estranea all’attività d’impresa e, quindi, se avesse fornito la prova liberatoria richiesta del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32.

3. Il secondo motivo è fondato, con assorbimento del primo motivo.

4. Occorre evidenziare che, secondo la costante giurisprudenza di questo giudice di legittimità, alla quale il Collegio intende dare continuità in assenza di valide ragioni per discostarsene, qualora l’accertamento effettuato dall’ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, secondo il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, attraverso i dati risultanti dai conti predetti, determinandosi un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili, fornendo, a tal fine, una prova non generica ma analitica, indicando in modo specifico come ciascuna delle operazioni effettuate sia estranea ai fatti imponibili (Cass. 18081 del 4/8/2010; n. 4589 del 26/2/2009; n. 15857 del 29/7/2016; n. 11102 del 5/5/2017).

5. Anche se la presunzione legale relativa posta del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, può essere vinta dal contribuente attraverso presunzioni semplici, tale fatto non esonera il giudice di merito dalla individuazione dei dati noti dai quali dedurre quelli ignoti, e, quindi, da una verifica precisa ed analitica degli indizi offerti dal contribuente in relazione ad ogni movimento bancario contestato e dalla valutazione espressa della gravità, precisione e concordanza dei suddetti elementi in relazione a ciascun movimento, valutato nel suo ammontare e nel suo contesto.

6. Anche se presuntive, pertanto, le prove devono essere sottoposte a verifica da parte del giudice di merito, non potendo ritenersi che una precisa e specifica valutazione della prova offerta dal soggetto gravato dal relativo onere possa essere sostituita da affermazioni apodittiche, generiche, sommarie e “cumulative” (Cass. n. 25502 del 30/11/2011).

7. La Commissione regionale, dopo avere disatteso la eccezione di inutilizzabilità della documentazione prodotta dalla contribuente, sollevata dall’Ufficio ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 5, ha riconosciuto la legittimità dell’indagine svolta dall’Amministrazione, in ragione della frequenza e rilevanza delle operazioni finanziarie compiute, ma ha al contempo rilevato che le prove fornite dalla contribuente erano tali da far ritenere che le operazioni finanziarie contestate dall’Ufficio non fossero attinenti all’esercizio dell’impresa.

Le generiche affermazioni contenute nella sentenza impugnata in ordine alla valutazione della documentazione offerta dalla contribuente evidenziano che i giudici di appello non risultano avere preso in considerazione le specifiche deduzioni con le quali l’Ufficio nel ricorso in appello – riportato in parte nel ricorso nel rispetto del principio di autosufficienza – aveva evidenziato che la documentazione prodotta dalla contribuente, se confrontata con le singole movimentazioni bancarie, ivi comprese quelle relative agli atti di compravendita stipulati (acquisto di terreno non edificabile, acquisto di un fabbricato destinato ad abitazione principale e compravendita di azienda) ed alla accensione di un mutuo del valore di Euro 150.000,00, non era di per sè idonea a giustificare tutte le movimentazioni finanziarie in contestazione ed a dimostrare che esse non fossero attinenti all’esercizio dell’impresa di vendita di giornali svolta dalla C..

I giudici di secondo grado, pertanto, hanno omesso di procedere ad una specifica e puntuale disamina di tutta la documentazione prodotta in rapporto alle contestate movimentazioni bancarie e sono, quindi, incorsi nel dedotto vizio di motivazione, essendo riscontrabile una obiettiva deficienza del criterio logico che li ha condotti alla formazione del proprio convincimento.

8. Conclusivamente, in accoglimento del secondo motivo di ricorso, assorbito il primo motivo, la sentenza va cassata con rinvio alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna in diversa composizione, alla quale deve essere demandata anche la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso e dichiara assorbito il primo motivo del ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 29 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 22 novembre 2018

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