Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30230 del 22/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 22/11/2018, (ud. 29/10/2018, dep. 22/11/2018), n.30230

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – rel. Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. PICCONE Valeria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 6036/12 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

SOTEA S.R.L., in persona del legale rappresentante, rappresentata e

difesa dall’avv. Mauro Orlandi, in virtù di procura a margine del

controricorso e ricorso incidentale, con domicilio eletto presso il

suo studio in Roma, via Sant’Alberto Magno, n. 9;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia n. 80/63/11 depositata in data 15 marzo 2011

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29.10.2018

dal Consigliere dott.ssa Condello Pasqualina Anna Piera.

Fatto

RILEVATO

che:

La Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, con un unico motivo, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, in epigrafe richiamata, che, in riforma della sentenza di primo grado, ha accolto il ricorso introduttivo della Sotea s.r.l. avverso l’avviso di accertamento con il quale, relativamente all’anno d’imposta 2004, previa applicazione dello studio di settore, era stato rettificato il reddito d’impresa ai fini Ires, Irap e Iva.

I giudici di appello hanno rilevato in motivazione che l’Ufficio ha proceduto alla rideterminazione dei ricavi sulla base della sola applicazione dello studio di settore e che l’accertamento in tal modo effettuato non è idoneo a definire il reddito imponibile, trattandosi di un risultato meramente statistico; hanno, inoltre, evidenziato che l’accertamento a mezzo degli studi di settore è immotivato e carente di prova e che l’onere probatorio incombente sull’Ufficio non può dirsi assolto per il solo fatto che l’Agenzia delle Entrate ha proceduto alla instaurazione di un contraddittorio preventivo con il contribuente.

Resiste con controricorso la Sotea s.r.l., la quale propone anche ricorso incidentale, con un unico motivo.

La Agenzia delle Entrate ha depositato controricorso al ricorso incidentale e la contribuente ha depositato memoria ex art. 380-bis.1. c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. In via preliminare, va disattesa l’eccezione d’improcedibilità del ricorso per cassazione, sollevata dalla Sotea s.r.l., con la quale la contribuente deduce che l’Agenzia delle Entrate, pur censurando in punto di diritto la sentenza di secondo grado, omette di allegare o richiamare gli atti ed i documenti indispensabili ai fini della pronuncia sul mezzo di censura, in violazione dell’art. 369 c.p.c., n. 4.

1.1. In tema di giudizio per cassazione, per i ricorsi avverso le sentenze delle commissioni tributarie, la indisponibilità dei fascicoli delle parti (i quali, D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ex art. 25, comma 2, restano acquisiti al fascicolo d’ufficio e sono restituiti solo al termine del processo) comporta la conseguenza che la parte ricorrente non è onerata, a pena di improcedibilità ed ex art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, della produzione del proprio fascicolo e per esso di copia autentica degli atti e documenti ivi contenuti, poichè detto fascicolo è già acquisito a quello d’ufficio di cui abbia domandato la trasmissione alla S.C. ex art. 369 c.p.c., comma 3, a meno che la predetta parte non abbia irritualmente ottenuto la restituzione del fascicolo di parte dalla segreteria della commissione tributaria; neppure è tenuta, per la stessa ragione, alla produzione di copia degli atti e dei documenti su cui il ricorso si fonda e che siano in ipotesi contenuti nel fascicolo della controparte. (Cass. Sez. U, n. 22726 del 03/11/2011).

2. Con l’unico motivo, la difesa erariale denuncia la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, del D.L. n. 331 del 1993, artt. 62 bis e 62 sexies e della L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 181, per avere la sentenza impugnata omesso di considerare che il presupposto di applicabilità degli studi di settore, una volta accertato lo scostamento dal reddito dichiarato, è unicamente la mancanza di comprovate giustificazioni, in sede di contraddittorio, da parte del contribuente.

Evidenzia, in particolare, che la procedura di accertamento standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è determinata dal mero scostamento dagli standard in sè considerati, ma nasce in esito al contraddittorio, da attivare obbligatoriamente, per cui nella fase del contraddittorio il contribuente può giustificare lo scostamento dei ricavi dichiarati, rispetto a quelli stimati con gli studi di settore, rappresentando situazioni che possono avere inciso sul risultato gestionale dell’attività e sulla capacità di conseguire ricavi o compensi.

3. La censura è infondata.

3.1. Questa Corte ha chiarito che in tema di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore, la relativa procedura costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è “ex lege” determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli “standards” in sè considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale reddittività – ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente con il contribuente, pena la nullità dell’accertamento, il quale, in tale sede ha l’onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli “standards” o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello “standard” prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente (Cass. 20 settembre 2017, n. 21754; Cass. 7 giugno 2017, n. 14091; Cass. 12 aprile 2017, n. 9484).

3.2. Ovviamente l’esito del contraddittorio non condiziona l’impugnabilità dell’accertamento, potendo il giudice tributario liberamente valutare tanto l’applicabilità degli “standards” al caso concreto quanto la controprova offerta dal contribuente, che non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo e può far ricorso anche a presunzioni semplici.

3.3. Le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza del 18 dicembre 2009, n. 26635, in termini di onere della prova, hanno affermato che all’ente impositore fa carico la dimostrazione dell’applicabilità dello standard prescelto al caso concreto oggetto dell’accertamento, mentre al contribuente fa carico la prova della sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli standard o della specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo cui l’accertamento si riferisce.

3.4. Come è stato successivamente precisato, le Sezioni Unite hanno posto in rilievo l’importanza del contraddittorio, quale strumento principale di verificazione della corrispondenza tra realtà e sua rappresentazione, atteso che, proprio in sede di contraddittorio, il contribuente può dedurre e dimostrare che i parametri utilizzati sono erronei perchè basati su elementi fattuali non corrispondenti alla realtà o ancora dedurre l’estraneità della propria attività rispetto alla tipologia alla quale quei parametri intendono riferirsi o la sussistenza, nella propria attività, di elementi che la diversificano rispetto a quelle in riferimento alle quali è stata individuata la normalità reddituale (Cass. n. 3312 del 11/2/2011).

4. Nel caso in esame si verte in ipotesi nella quale, come si evince dalla sentenza impugnata e dal ricorso, l’Ufficio ha provveduto all’instaurazione del contraddittorio e la società contribuente ha risposto all’invito dell’Ufficio adducendo delle giustificazioni, ostative all’applicazione dello studio di settore, che sono state ritrascritte dall’Agenzia delle Entrate nel ricorso per cassazione (pag. 2 del ricorso).

5. La difesa erariale non ha tuttavia riportato in ricorso, o comunque allegato, in omaggio al principio di autosufficienza, eventuali controdeduzioni o repliche opposte dall’Amministrazione volte ad illustrare le ragioni in base alle quali sono state giudicate prive di rilevanza le circostanze addotte dalla società contribuente a giustificazione della sua posizione reddituale rispetto alle risultanze dello studio di settore applicato.

6. La Commissione regionale ha rilevato che l’Ufficio non ha assolto l’onere di motivare adeguatamente sulla concreta applicabilità dello studio di settore al rapporto tributario con la società contribuente e, comunque, sulle circostanze e le prove fornite dalla società nel corso del procedimento amministrativo, e che l’avviso di accertamento si fonda esclusivamente sulla mera determinazione statistica del reddito derivante dall’applicazione dello studio di settore.

La decisione regionale ha, quindi, constatato che, nel caso di specie, l’Agenzia fiscale non ha rispettato le modalità procedurali indicate da questa Corte, secondo l’ulteriore consolidato principio di diritto che “in tema di “accertamento standardizzato” mediante parametri o studi di settore, il contraddittorio con il contribuente costituisce elemento essenziale e imprescindibile del giusto procedimento che legittima l’azione amministrativa, in ispecie quando si faccia riferimento ad una elaborazione statistica su specifici parametri, di per sè soggetta alle approssimazioni proprie dello strumento statistico, e sia necessario adeguarle alla realtà redditutale del singolo contribuente, potendo solo così emergere gli elementi idonei a commisurare la “presunzione” alla concreta realtà economica dell’impresa. Ne consegue che la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel mero rilievo dello scostamento dai parametri, ma deve essere integrata (anche sotto il profilo probatorio) con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente in sede di contraddittorio, solo così emergendo la gravità, precisione e concordanza attribuibile alla presunzione basata sui suddetti parametri e la giustificabilità di un onere della prova contraria (ma senza alcuna limitazione di mezzi e contenuto) a carico del contribuente” (Cass. n. 27822 del 12/12/2013; Cass. n. 30370 dell8/12/2017).

I giudici di secondo grado hanno, quindi, fatto corretta applicazione delle norme evocate dalla ricorrente, accertando la eccepita illegittimità dell’avviso di accertamento impugnato per difetto di motivazione.

7. Con l’unico motivo del ricorso incidentale, la società denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c., lamentando che la C.T.R., pur avendo rigettato integralmente le domande, difese ed eccezoni dell’Agenzia delle Entrate, ha compensato le spese del giudizio di secondo grado, non esplicitando espressamente in motivazione la sussistenza delle “gravi ed eccezionali ragioni” richieste dalla norma richiamata in rubrica.

7.1. Il ricorso incidentale è fondato.

Infatti, in tema di spese giudiziali, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., nella formulazione vigente ratione temporis, le “gravi ed eccezionali ragioni”, da indicarsi esplicitamente nella motivazione, che ne legittimano la compensazione totale o parziale, devono riguardare specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa e non possono essere espresse con una formula generica inidonea a consentire il necessario controllo (Cass., ord. n. 22310 del 25/9/2017; Cass. n. 11217 del 31/5/2016).

Nel caso di specie, la C.T.R., a fronte della soccombenza integrale dell’Ufficio, motivando che “la particolarità della vicenda consente la compensazione delle spese”, non ha esplicitato le ragioni che giustificano la compensazione delle spese di lite.

8. In conclusione, va rigettato il ricorso principale e, in accoglimento del ricorso incidentale, va cassata la sentenza in relazione al motivo accolto con rinvio della causa alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale e accoglie il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Commissione tributaria regionale della Lombardia in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 29 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 22 novembre 2018

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