Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30230 del 15/12/2017


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Civile Ord. Sez. L Num. 30230 Anno 2017
Presidente: NAPOLETANO GIUSEPPE
Relatore: MIGLIO FRANCESCA

ORDINANZA

sul ricorso 23463-2012 proposto da:
FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO c.f. 05114040586,
in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO 25/B,
presso lo studio dell’avvocato ROBERTO PESSI, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato
MAURIZIO SANTORI, giusta delega in atti;
ricorrente contro

2017
3316

MERENDONI ANTONELLA, elettivamente domiciliata in
ROMA,

VIA FLAMINIA N.

48,

presso

lo

studio

dell’avvocato FRANCESCA MORLINO, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato MARINA ERCOLI giusta

Data pubblicazione: 15/12/2017

delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 965/2011 della CORTE D’APPELLO
di FIRENZE, depositata il 13/10/2011 R.G.N.

1170/2010.

Camera di consiglio del 18 luglio 2017. – n.33 del ruolo
RG n. 23463 /12 Presidente: Napoletano Relatore: Miglio

RG. 23463/2012

che con sentenza in data 13 ottobre 2011, la Corte di Appello di Firenze ha
confermato la decisione del Tribunale della medesima città, che aveva ritenuto
sussistente tra la Federazione Italiana Giuoco Calcio e Antonella Merendoni un
rapporto di lavoro subordinato e pronunciato condanna nei confronti della convenuta
al pagamento delle differenze retributive pari a complessivi euro 392.245,55;
che avverso tale sentenza ha proposto ricorso la Federazione Italiana Giuoco Calcio
affidato a quattro motivi, al quale ha opposto difese la Merendoni con controricorso;
che entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 380 bis c.p.c.
CONSIDERATO CHE
1. con il primo motivo di ricorso la Federazione Italiana Giuoco Calcio denuncia
l’omessa e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio ai sensi
dell’art. 360 n. 5 c.p.c., affermando l’erroneità della decisione della Corte territoriale
nella parte in cui, alla luce delle risultanze della prova testimoniale, ha ritenuto
sussistenti, nella fattispecie in esame, i requisiti richiesti dalla giurisprudenza di
legittimità ai fini della configurabilità di un rapporto di lavoro subordinato;
2. con il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione di norme
di diritto ai sensi dell’art 360 n. 3 c.p.c., dolendosi la ricorrente della mancata
applicazione al caso in esame della prescrizione quinquennale di cui all’art. 2948 n. 4
c. .c., ritenendo crediti non prescritti unicamente quelli decorrenti dal quinquennio
anteriore rispetto alla notifica del giudizio di primo grado e non quelli ancora
antecedenti, anche alla luce delle leggi n. 183 del 2010 e n. 92/12, che hanno
introdotto decadenze all’esercizio dell’azione del lavoratore;
3.

con il terzo motivo di ricorso denuncia, ex art. 360 n. 5 c.p.c., la

omessa/insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia, in ordine

RILEVATO

al requisito dimensionale per l’applicabilità della tutela reale ex art. 18 dello Statuto
dei lavoratori. In particolare, la ricorrente lamenta la mancata ammissione della prova
testimoniale diretta a provare la sussistenza di tale requisito con le connesse
conseguenze in punto di applicazione del regime della prescrizione nei rapporti
assistiti dalla stabilità reale;

4. con il quarto motivo di ricorso, la FGCI denuncia, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., la

temporis” applicabili. Deduce, in particolare, l’erroneità della sentenza nella parte in
cui ha riconosciuto il diritto della Merendoni all’inquadramento nella categoria B sin dal
1996 (quando tale profilo inquadramentale non era contemplato dal CCNL applicabile),
e, nel contempo, l’operatività di un meccanismo di progressione automatica all’interno
di tale categoria sin dal 2000, quando il passaggio alla procedura economica superiore
era prevista solo da norme selettive interne;

1.1. il primo motivo è inammissibile, in quanto la sentenza impugnata è stata
correttamente e compiutamente motivata sul punto con riferimento alle risultanze
documentali e della prova testimoniale, dalle quali ha desunto le modalità concrete di
svolgimento del rapporto di lavoro, in particolare accertando che la Merendoni fin dal
14.9.1992 ha costantemente prestato attività lavorativa”cinque giorni alla settimana
secondo orario prestabilito con turnazioni a seconda delle esigenze interne”, prima
come addetta alla segreteria interna del presidente e alla tenuta della contabilità e
controllo delle spese arbitrali, con conseguente progressione nelle mansioni, quindi
con incarico di responsabile amministrativo del CR della Toscana, traendo dalle
dichiarazioni testimoniali la conferma della circostanza della stabilità del lavoro della
Merendoni in un ufficio della Federazione dove la datrice di lavoro le aveva messo a
disposizione una postazione fissa e della circostanza dell’assoggettamento della
ricorrente alle direttive del presidente del CR.
La Corte territoriale ha, dunque, formulato un’articolata motivazione, pienamente
logica e convincente, alla quale la ricorrente vorrebbe sostituire una diversa
ricostruzione, a sé più favorevole. Si verte , dunque, in una ipotesi paradigmatica di
inammissibilità posto che,” in tema di ricorso per cassazione per vizi di motivazione
della sentenza, il controllo di logicità del giudizio del giudice di merito non equivale
alla revisione del ragionamento decisorio, ossia dell’opzione che ha condotto tale
giudice ad una determinata soluzione della questione esaminata, in quanto ciò si
tradurrebbe, pur a fronte di un possibile diverso inquadramento degli elementi
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violazione o falsa applicazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro “ratione

probatori valutati, in una nuova formulazione del giudizio di fatto, in contrasto con la
funzione assegnata dall’ordinamento al giudice di legittimità. Ne consegue che ove la
parte abbia dedotto un vizio di motivazione, la Corte di cassazione non può procedere
ad una autonoma valutazione delle risultanze degli atti, né porre a fondamento della
sua decisione un fatto probatorio diverso od ulteriore rispetto a quelli assunti dal

2.1. e 3.1. sia il secondo che il terzo motivo attengono al termine di prescrizione
applicabile, pertanto possono trattarsi congiuntamente. Entrambi i motivi sono
infondati, in quanto, come affermato da questa Corte (ex plurimis Sez. U. n. 4942 del
2012, Cass. sez. L., n. 11644 del 2004), ai fini della individuazione del regime di
prescrizione applicabile ai crediti retributivi, il presupposto della stabilità del rapporto
di lavoro deve essere verificato in relazione al concreto atteggiarsi del rapporto stesso
nel corso del suo svolgimento, non già alla stregua della diversa normativa
garantistica che avrebbe dovuto in astratto regolare il rapporto ove questo fosse sorto
con le modalità e la disciplina che il giudice all’esito del processo, con un giudizio
necessariamente “ex post” riconosce applicabili con effetto retroattivo per il
lavoratore. Sul punto, la sentenza impugnata è correttamente motivata con richiamo
alla consolidata giurisprudenza di legittimità, essendo pacifico che la FIGC ha negato
la natura subordinata del rapporto. Il riferimento all’ art. 32 legge n.183 del 2010, nel
testo novellato dall’art. 1 della legge n. 92 del 2012 , contenuto nel terzo motivo, poi,
è inconferente, in quanto la norma citata attiene all’istituto della decadenza e non a
quello della prescrizione;
4.1. Il quarto motivo è inammissibile in quanto il CCNL del Coni servizi s.p.a.
decorrente dal 2004 (il primo contratto nel quale la ricorrente deduce che sia prevista
la progressione automatica di carriera) è stato prodotto soltanto in stralcio e non
integralmente. La conoscenza della fonte normativa si atteggia, infatti, diversamente
a seconda che si versi in un’ipotesi di violazione del contratto collettivo nazionale di
lavoro privatistico rispetto a quella in cui le questioni attengano ad un contratto
collettivo nazionale del pubblico impiego, atteso che, mentre in quest’ultimo caso il
giudice procede con mezzi propri (secondo il principio “iura novit curia”), nel primo il
contratto è conoscibile solo con la collaborazione delle parti, la cui iniziativa,
sostanziandosi nell’adempimento di un onere di allegazione e produzione, è
assoggettata alle regole processuali sulla distribuzione dell’onere della prova e sul
3

giudice di merito (Cfr. ex plurimis Cass. n. 16526 del 2016, Cass. n. 91 del 2014);

I!

contraddittorio, che non vengono meno neppure nell’ipotesi di acquisizione giudiziale
ex art. 425 , quarto comma c.p.c.(Cass. sezione 6 L n. 19507 del 2014) . Secondo
Cass. n. 4350 del 2015, che richiama S.U. n. 20075 del 2010, inoltre, nel giudizio di
cassazione, l’onere di depositare i contratti e gli accordi collettivi di diritto privato
imposto, a pena di improcedibilità del ricorso, dall’art. 369, secondo comma n. 4
c.p.c., nella formulazione di cui al d.lgs. 2 febbraio 2006 n. 40, può ritenersi
soddisfatto solo con la produzione del testo integrale dei suddetti documenti,

nell’esercizio del sindacato di legittimità sulla interpretazione della contrattazione
collettiva di livello nazionale;
5. per gli esposti motivi il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;
6. le spese vengono liquidate come da dispositivo;
7. non sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. n. 115 del
2002.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida
in euro 6.000,00 per compensi professionali, oltre 15% sui compensi ed accessori di
legge.
Così deciso nella Adunanza camerale del 18 luglio 2017
Il Presidente

li Fionarliudizi aii
Dott.ssaDie11

adempimento rispondente alla funzione nomofilattica della Corte di Cassazione

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