Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3023 del 11/02/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 3023 Anno 2014
Presidente: MASSERA MAURIZIO
Relatore: RUBINO LINA

SENTENZA

sul ricorso 24208-2010 proposto da:
L’OASI DEI GOLOSI DI PAOLICELLI FABIO 01138260771,
nella persona del titolare signor PAOLICELLI FABIO,
elettivamente domiciliata in ROMA, C.SO VITTORIO

Data pubblicazione: 11/02/2014

EMANUELE II 269, presso lo studio dell’avvocato
VACCARELLA ROMANO, che la rappresenta e difende
2013

giusta delega in atti;
– ricorrente –

2421
contro

NICOLETTI VINCENZO, LA TRATTORIA DEL CORSO DI BIANCHI
GIUSEPPE & C SAS;

1

uP”

- intimati –

avverso la sentenza n. 144/2010 della CORTE D’APPELLO
di POTENZA, depositata il 10/06/2010, R.G.N.
382/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

RUBINO;
udito l’Avvocato ROMANO VACCARELLA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ROSARIO GIOVANNI RUSSO che ha concluso
per il rigetto;

2

udienza del 12/12/2013 dal Consigliere Dott. LINA

3
R.G. 24208\2010

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Nel 2006 Nicoletti Vincenzo conveniva in giudizio Paolicelli Fabio, quale titolare
della impresa individuale “L’Oasi dei Golosi”, e la “Trattoria del Corso” di Bianchi

convenuti per il mancato pagamento del canone di locazione relativo al solo mese di
agosto 2006 dell’immobile sito in Matera, via Luigi La Vista 12 in virtù del contratto di
locazione commerciale intercorrente in origine con la predetta società, nel quale era
subentrato come conduttore il Paolicelli, in conseguenza della cessione di azienda
intercorsa con la “Trattoria del Corso”. Lo sfratto per morosità veniva intimato in virtù
della clausola risolutiva espressa contenuta nell’art. 3 del contratto di locazione che
prevedeva lo scioglimento del contratto in conseguenza del mancato pagamento anche
di un solo canone mensile entro cinque giorni dalla scadenza concordata. Il tribunale
disponeva il mutamento del rito e con sentenza del 28 maggio 2009 dichiarava la
risoluzione del contratto di locazione per inadempimento del Paolicelli.
2. La Corte d’appello di Potenza, con sentenza n. 144 del 2010, depositata il 10.6.2010,
notificata il 29.6.2010, respingeva il gravame del Paolicelli, il quale lamentava, per
quanto qui ancora rileva, che la clausola risolutiva espressa non fosse applicabile ad esso
cessionario di azienda, che era subentrato nel rapporto di locazione già in corso, e che il
canone relativo ad agosto 2006 fosse stato in realtà corrisposto il 4 settembre 2006, e
quindi prima della notifica dello sfratto per morosità, a mezzo di un vaglia postale,
mezzo di pagamento che non poteva essere rifiutato dall’interessato.
La Corte rigettava l’appello, rilevando che l’intento di avvalersi della clausola risolutiva
espressa era chiaramente riportato nella intimazione di sfratto per morosità, che la
clausola risolutiva espressa, contenuta nel contratto di locazione, era applicabile ai
rapporti tra il locatore Nicoletti e il Paolicelli, il quale nella qualità di cessionario di
azienda era subentrato nella totalità delle situazioni giuridiche, attive e passive, del suo
cedente, e nel merito che al momento della notificazione dello sfratto per morosità,
r.g. 24208 \ 2010 Pres. Massera Est. Rubino

Giuseppe e c. s.a.s. dinanzi al Tribunale di Matera, intimando sfratto per morosità ai

if
verificatasi il 5 settembre 2006, il conduttore era ancora inadempiente rispetto all’obbligo
di pagare il canone del mese di agosto, non potendosi ritenere che la mera emissione di
un vaglia postale equivalesse all’adempimento della obbligazione pecuniaria come
contrattualmente previsto. Evidenziava che l’art. 3 del contratto di locazione prevedeva
il pagamento anticipato del canone da effettuarsi presso il domicilio del locatore entro il
15 di ogni mese con un termine di tolleranza di cinque giorni, ed escludeva di

formale, atta ad escludere la mora colpevole e ad impedire al locatore di avvalersi della
clausola risolutiva espressa. Riteneva ininfluente ai fini della decisione il tentativo di
pagamento del canone, effettuato dal conduttore non direttamente ma a mezzo di un
proprio incaricato e soltanto il 5 settembre 2006 e rilevava che in presenza di una
clausola risolutiva espressa il giudice era dispensato dal verificare che l’inadempimento
fosse di non scarsa importanza.
3.Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione Fabio Paolicelli,
proponendo due motivi. Gli intimati non si sono costituiti.
La causa è stata dapprima rimessa dalla sesta sezione alla trattazione in camera di
consiglio, e in quella sede il ricorrente ha depositato tempestivamente memorie ex art.
378 c.p.c.. Successivamente, all’esito dell’adunanza camerale, essa è stata rimessa alla
terza sezione per la trattazione in udienza pubblica, non ritenendo la Corte che
sussistessero le ipotesi previste dall’art. 375, primo comma, n.2 e 3 c.p.c..

MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorrente deduce, a sostegno del ricorso, due motivi.
Con il primo motivo di ricorso denuncia l’illogicità della motivazione, ex art. 360 n. 5
c.p.c. su un punto decisivo della controversia, laddove la corte territoriale colloca il
tentativo del conduttore di effettuare il pagamento del canone direttamente nelle mani
del locatore a mezzo di una sua incaricata solo in data 5.9.2006 e cioè dopo l’invio del
vaglia postale, avvenuto il precedente 4 settembre 2006, e lo ritiene di conseguenza
ininfluente. Il ricorrente sostiene che tale collocazione temporale dell’episodio da parte
della corte d’appello sia apodittica e illogica, argomentando nel senso che il tentativo di
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conseguenza che il semplice invio del vaglia postale potesse integrare l’offerta non

s
pagamento da parte di un terzo con consegna di una busta chiusa, rifiutata dal
destinatario, si deve collocare logicamente nel tempo prima della scelta da parte del
conduttore di effettuare il pagamento del canone a mezzo dell’invio del vaglia postale ( e
quindi l’episodio non può essere avvenuto il 5 settembre 2006, come sostenuto dalla
corte d’appello, ma necessariamente prima), perché con l’invio del vaglia il pagamento

secondo pagamento a mani del creditore. L’episodio, che si è incontestatamente
verificato, assume una sua logica nella ricostruzione del ricorrente solo se lo si colloca
nel tempo prima della spedizione del vaglia, nel senso che, a fronte del rifiuto del
locatore di ricevere direttamente il pagamento, al conduttore non è rimasto altro che
ricorrere ad un mezzo alternativo di pagamento. Il ricorrente lamenta che la decisione
sulla circostanza — decisiva – della collocazione cronologica del tentativo di pagamento
presso il domicilio del creditore si sia fondata solo su una delle due dichiarazioni
testimoniali ( resa dalla figlia del contro ricorrente , che dichiarò che l’episodio non
poteva essersi verificato prima del 5 settembre, atteso che lei, presente al momento
dell’episodio, rientrò dalle ferie proprio il 5 settembre), senza tenere conto della
circostanziata testimonianza della teste Rondinone, non avente un interesse proprio in
causa, che riferì dettagliatamente sul suo incontro con il Nicoletti avvenuto in agosto e
sul rifiuto di questi di prendere in consegna la busta col denaro e soprattutto senza
tenere nella dovuta considerazione la necessaria sequenza logica degli avvenimenti. Il
ricorrente non chiede alla Corte di riconsiderare le testimonianze, ma evidenzia che la
motivazione su tale circostanza decisiva avrebbe dovuto essere più puntuale e fondarsi
sulla ricostruzione logica della catena cronologica degli avvenimenti, che avrebbe portato
necessariamente a collocare prima il tentativo di pagamento a mani del creditore e solo
dopo la spedizione del vaglia, con la conseguenza che il Paolicelli non poteva
considerarsi in mora quando gli fu notificata l’intimazione di sfratto per morosità avendo
già tentato di eseguire il pagamento e non essendovi riuscito per il rifiuto del creditore di
riceverlo.
Con il secondo motivo di ricorso il Paolicelli denuncia la violazione e falsa
applicazione, ex art. 360 n. 3 c.p.c., degli artt. 1175, 1375, 1220, 1182 e 1277 c.c. nonchè
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era stato comunque effettuato, e quindi non avrebbe avuto senso duplicarlo con un

4
l’omessa motivazione su un punto decisivo della controversia e si duole sostanzialmente
della interpretazione formalistica e non costituzionalmente orientata data dalla corte
d’appello all’art. 1277 c.c., interpretazione contrastante con i principi espressi da Cass. n.
22617 del 2007, laddove ha ritenuto che (a pag. 11 della sentenza impugnata) l’invio di
un titolo di credito improprio, quale un vaglia postale, per effettuare il pagamento del
canone di locazione, non abbia efficacia liberatoria se non venga accettato dal creditore-

avrebbe assicurato la soddisfazione dell’interesse del creditore quanto la consegna di
moneta contante. Quanto alla pretesa tardività del pagamento rispetto alla scadenza
contrattuale (ed anche alla notificazione della intimazione di convalida di sfratto per
morosità) il ricorrente evidenzia che essa è stata causata da fatto del creditore che non ha
voluto ricevere il pagamento precedentemente, e riporta a questo scopo nel testo del
ricorso la comunicazione inviata dal Paolicelli al Nicoletti contestualmente all’invio del
vaglia postale, mai contestata, in cui il conduttore comunica di aver provveduto all’invio
del vaglia non avendo potuto per fatto del creditore effettuare il pagamento in
precedenza.
I due motivi possono essere trattati congiuntamente perché strettamente connessi.
Il ricorso non può essere accolto.
In riferimento al primo motivo, è effettivamente decisiva la circostanza relativa alla
collocazione cronologica di un idoneo e potenzialmente satisfattivo tentativo di
pagamento per contanti dell’intero importo del canone di locazione del mese di agosto
2006, in quanto, se tale tentativo fosse stato effettuato, con tutti i su indicati requisiti,
prima della notificazione della intimazione dello sfratto per morosità, tale circostanza
avrebbe impedito al locatore di potersi legittimamente avvalere della clausola risolutiva
espressa inserita nel contratto di locazione, secondo l’orientamento di questa corte di
legittimità (Cass. n. 6397 del 1999, la cui massima così recita :” La valida offerta,
ancorché informale, dei canoni dovuti, anteriore alla notifica di intimazione di sfratto
per morosità, esclude la mora colpevole, ai sensi dell’arte. 1220 cod. ci ., e perciò non
consente al locatore di avvalersi della clausola risolutiva espressa”).

E’ pertanto ammesso il controllo sulla logicità della motivazione.
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locatore. Sostiene che lo strumento di pagamento in concreto impiegato dal conduttore

Esso cade peraltro su un punto della decisione che, benché sia stato espressamente
affrontato dalla corte d’appello nel corpo della motivazione, assume nell’economia della
motivazione stessa una rilevanza marginale non risultando essere stato oggetto di uno
degli specifici rilievi dell’appellante. Infatti, dalla lettura della sentenza d’appello, ed in
particolar modo delle conclusioni tratte dall’odierno ricorrente nel giudizio di appello

segnala che esse siano state mal interpretate dalla corte territoriale) non risulta che la
questione della omessa considerazione della priorità temporale del tentativo di
pagamento diretto sia stata devoluta espressamente alla cognizione della corte d’appello
né il ricorrente non si fa carico di indicare, in violazione del principio di autosufficienza
del ricorso, in quale specifico passaggio del processo di merito egli abbia prospettato una
tale peculiare questione, su cui lamenta la illogicità della motivazione.
Il motivo di ricorso è comunque infondato. La motivazione della corte territoriale non
appare affetta da vizi di logicità tali da giustificarne la cassazione. Occorre ricordare che
il controllo sulla logicità della motivazione, a seguito del prospettato vizio ex art. 360 n. 5
c.p.c., deve svolgersi entro i limiti circoscritti ben delimitati da questa giurisprudenza di
legittimità, e che nel caso di specie non risultano essere stati in ogni caso superati. Il
ricorso per cassazione, con il quale si facciano valere vizi di motivazione della sentenza,
impugnata a norma dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., deve contenere – in ossequio al
disposto dell’art. 366 n.4 cod. proc. civ., che per ogni tipo di motivo pone il requisito
della specificità sanzionandone il difetto – la precisa indicazione di carenze o lacune nelle
argomentazioni sulle quali si basano la decisione o il capo di essa censurato, ovvero la
specificazione d’illogicità, consistenti nell’attribuire agli elementi di giudizio considerati
un significato fuori dal senso comune, od ancora la mancanza di coerenza fra le varie
ragioni esposte, quindi l’assoluta incompatibilità razionale degli argomenti e l’insanabile
contrasto degli stessi. Ne consegue che risulta inidoneo allo scopo il far valere la non
rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito all’opinione che di
essi abbia la parte ed, in particolare, il prospettare un soggettivo preteso migliore e più
appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio,
interni all’ambito della discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e
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come sono riportate nel corpo della sentenza (il ricorrente non le riporta nel ricorso, né

dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai
possibili vizi dell'”iter” formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi della norma in
esame. Diversamente, si risolverebbe il motivo di ricorso per cassazione ex art. 360 n.5
cod. proc. civ. in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni effettuate ed, in
base ad esse, delle conclusioni raggiunte dal giudice del merito; cui, per le medesime
considerazioni, neppure può imputarsi d’aver omesse l’esplicita confutazione delle tesi

non accolte e/o la particolareggiata disamina degli elementi di giudizio ritenuti non
significativi, giacchè nè l’una nè l’altra gli sono richieste, mentre soddisfa all’esigenza di
adeguata motivazione che il raggiunto convincimento risulti da un esame logico e
coerente di quelle, tra le prospettazioni delle parti e le emergenze istruttorie, che siano
state ritenute di per sè sole idonee e sufficienti a giustificarlo ( in questo senso Cass.
n.12052 del 2007; nello stesso senso, Cass. n. 4766 del 2006).
Si può ritenere, concordemente a quanto esposto nella relazione predisposta per la
trattazione della causa all’adunanza camerale, che la motivazione sullo specifico punto
oggetto di contestazione della impugnata sentenza, benché sintetica, si rinvenga nel testo
della gravata sentenza e che essa non possa essere ritenuta del tutto illogica né
confliggente con le altre risultanze processuali ma al contrario implicitamente collegata
con il non ritenere risolutiva da parte della corte la testimonianza della Rondinone né
sotto il profilo della collocazione cronologica del tentativo di pagamento né in ordine
alla idoneità di tale tentativo a costituire offerta non formale( trattandosi del tentativo di
consegnare una busta chiusa all’interno della quale non è certo se ci fosse un assegno o
contanti e per che importo), valutazione questa del tutto discrezionale e rispetto alla
quale questa corte di legittimità deve rimanere estranea. Neppure di per sé la
considerazione che un tentativo di pagamento diretto ( non è dato sapere se per contanti
o con assegno, e se per l’importo esatto della morosità) normalmente preceda l’invio di
un mezzo di pagamento a distanza quale il vaglia postale può assurgere a rilevanza tale
nell’economia della motivazione a far ritenere priva di senso comune l’affermazione
secondo la quale, sulla base del complesso delle risultanze istruttorie, si ritenga che sia
stato inviato prima il vaglia e solo dopo sia stato tentato il pagamento diretto.

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Per quanto concerne il secondo motivo di ricorso, anch’esso va rigettato. Infatti,
quand’anche possa ammettersi l’equipollenza a fini estintivi del pagamento a mezzo di
strumenti alternativi alla moneta contante con corso legale quando essi siano dotati di
particolari garanzie di solvibilità (quale potrebbe essere il caso del vaglia postale, richiesto
dal solvens — nel caso di specie – prima della intimazione dello sfratto), è pur sempre
indispensabile che, per la verificazione dell’effetto solutorio, il diverso strumento

ha voluto fruire del vantaggio dell’uso dello strumento alternativo, il rischio
dell’intervallo temporale tra spedizione e concreta disponibilità del denaro. Poiché nella
specie il vaglia benché ne sia stata richiesta l’emissione il 4 settembre è stato spedito
dall’ufficio postale in data 6 settembre cioè in un momento successivo alla notificazione
dell’intimazione di sfratto (sicchè ancora più in là nel tempo si collocano i momenti
della sua ricezione da parte del destinatario e della materiale apprensione del denaro da
parte di questi, previo accesso all’ufficio postale) il solvens correttamente deve sopportare
le conseguenze dello sfasamento temporale tra la fruizione da parte sua dello strumento
alternativo e la sua ricezione da parte del destinatario : a suo danno ridonda allora la
mancata disponibilità della somma al momento in cui, correttamente calcolata la
scadenza pattizia, il creditore ha rilevato l’inadempimento e si è avvalso della clausola
risolutiva espressa, attivando il giudizio di sfratto. Il considerare il vaglia postale un
mezzo di pagamento utilizzabile ai fini dell’estinzione della obbligazione di per sé non
incide sulla soluzione della diversa questione della individuazione del momento estintivo
dell’obbligazione né consente di affermare che la mera richiesta di emissione di un vaglia
postale sia idonea di per sè a costituire offerta non formale, ai sensi e con gli effetti
dell’art. 1220 c.c.. , conformemente al principio di diritto espresso da questa corte
secondo il quale :” L’offerta non formale della prestazione esclude la mora del debitore,
ai sensi dell’art. 1220 cod. civ., così preservandolo dalla responsabilità per il ritardo, solo
se sia reale ed effettiva, e cioè abbia i caratteri della serietà, tempestività e completezza e
consista nell’effettiva introduzione dell’oggetto della prestazione dovuta nella sfera di
disponibilità del creditore nei luoghi indicati dall’art. 1182 cod. civ. per l’adempimento

r.g. 24208 \ 2010 Pres. Massera Est. Rubino

pervenga nella concreta disponibilità dell’ accipiens assumendosi comunque il primo, che

dell’obbligazione, in modo che quest’ultimo possa aderirvi senza ulteriori accordi e
limitarsi a ricevere la prestazione stessa. ” (Cass. n. 25155 del 2010)
Il ricorso va pertanto rigettato.
Non avendo il controricorrente svolto attività difensive, non vi è luogo a pronuncia sulle
spese del giudizio.

P.Q.M.

Così deciso nella camera di consiglio della terza sezione civile della corte di cassazione il
12 dicembre 2013

Rigetta il ricorso.

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