Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30229 del 20/11/2019

Cassazione civile sez. lav., 20/11/2019, (ud. 26/09/2019, dep. 20/11/2019), n.30229

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19744-2014 proposto da:

AZIENDA SANITARIA LOCALE N. (OMISSIS) DI SASSARI, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA SABOTINO n. 2/A, presso lo studio degli avvocati

ALESSANDRO BIANCONI e PAOLO GIOVANNELLI, rappresentata e difesa

dall’avvocato TULLIO CUCCARU;

– ricorrente –

contro

I.G.P., domiciliato ope legis in ROMA presso la

CANCELLERIA della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato GIOVANNI BATTISTA LUCIANO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 73/2014 della CORTE D’APPELLO DI CAGLIARI SEZ.

DIST. DI SASSARI, depositata l’08/04/2014 R.G.N. 209/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/09/2019 dal Consigliere Dott. ANNALISA DI PAOLANTONIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CIMMINO ALESSANDRO, che ha concluso per accoglimento del primo

motivo del ricorso, assorbiti gli altri;

udito l’Avvocato TULLIO CUCCARU;

udito l’Avvocato MELANIA DELOGU per delega Avvocato GIOVANNI BATTISTA

LUCIANO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’Appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, ha respinto l’appello proposto dall’Azienda Sanitaria Locale n. (OMISSIS) di Sassari avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva accolto il ricorso di I.G.P. e, accertato il diritto del ricorrente a percepire le indennità previste dal CCNL per l’incarico di direzione di struttura complessa, aveva condannato l’Azienda al pagamento della complessiva somma di Euro 18.555,65 dovuta a titolo di differenze retributive maturate dal 9 giugno 2006 al 12 febbraio 2009.

2. La Corte territoriale ha ricostruito la complessa vicenda conclusasi con l’attribuzione all’appellato dell’incarico di dirigente del “Servizio di igiene della produzione, trasformazione, commercializzazione, conservazione e trasporto degli alimenti di origine animale e loro derivati” ed ha evidenziato, in sintesi, che già prima della conclusione della procedura, l’incarico era stato conferito, dapprima con Delib. n. 727 del 2003, sospesa e poi annullata a seguito del ricorso di altro medico veterinario, e successivamente, in via provvisoria, con Delib. n. 302 del 2004 e Delib. n. 1011 del 2006. Le pretese economiche avanzate dall’ I. in relazione all’arco temporale novembre 2003/8 giugno 2006 erano state oggetto di conciliazione extragiudiziale e pertanto si discuteva del trattamento retributivo spettante – per il periodo successivo, nel corso del quale l’Azienda aveva liquidato l’indennità prevista dall’art. 18 del CCNL 8.6.2000 per la dirigenza medica e veterinaria del Servizio Sanitario Nazionale.

3. Il giudice d’appello ha ritenuto che la documentazione in atti fosse sufficiente a provare lo svolgimento pieno delle funzioni, che doveva essere compensato riconoscendo al ricorrente la retribuzione ordinaria prevista per i dirigenti titolari di incarico di direzione di struttura complessa, giacchè l’Azienda non aveva rispettato il limite temporale annuo previsto dal richiamato art. 18 e, quindi, non poteva fare leva su un proprio inadempimento per sottrarsi al pagamento di quanto stabilito dalle parti collettive.

4. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso l’Azienda Sanitaria Locale n. (OMISSIS) di Sassari sulla base di tre motivi, ai quali ha opposto difese con tempestivo controricorso I.G.P.. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, l’Azienda ricorrente denuncia “violazione e falsa applicazione dell’art. 18 del CCNL medici e veterinari; degli artt. 1362 c.c. e ss.; del D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 19 e 24; del D.Lgs. n. 502 del 1992, artt. 15 e 15 ter; dell’art. 36 Cost; dell’art. 2103 c.c.; dell’art. 112 c.p.c.” nonchè omessa e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia. Addebita alla Corte territoriale di avere aprioristicamente equiparato la sostituzione, prevista e disciplinata dall’art. 18 del CCNL, al conferimento dell’incarico di direzione di struttura complessa e di non avere considerato che le parti contrattuali, nel prevedere che “le sostituzioni previste dal presente articolo non si configurano come mansioni superiori”, hanno evidentemente ritenuto che l’incarico in questione rientri sotto il profilo qualitativo e quantitativo nelle attribuzioni proprie del dirigente titolare di incarico di alta specializzazione o di direzione di struttura semplice. Richiama giurisprudenza di questa Corte per sostenere che, poichè la dirigenza sanitaria è collocata in un ruolo unico ed è disciplinata dal D.Lgs. n. 502 del 1992 e dal D.Lgs.n. 165 del 2001, il dirigente medico non può invocare nè l’art. 2103 c.c. nè l’art. 36 Cost. per ottenere l’attribuzione di un trattamento economico che le parti collettive hanno voluto riservare solo ai dirigenti titolari di incarico conferito nel rispetto delle procedure previste dagli artt. 28 e 29 del CCNL. Aggiunge che la Corte territoriale, nell’attribuire rilievo all’asserito inadempimento dell’Azienda, aveva finito per mutare la causa petendi della pretesa, in violazione dell’art. 112 c.p.c., perchè il Dott. I. non aveva domandato il risarcimento del danno bensì la liquidazione delle indennità previste dagli artt. 40 e 5 del CCNL in relazione allo svolgimento dell’incarico di direzione di struttura complessa.

2. Con la seconda censura l’azienda ricorrente si duole, ex art. 360 c.p.c., n. 3, della violazione dell’art. 24 Cost. e art. 2697 c.c. e denuncia anche, ex art. 360 c.p.c., n. 5, il vizio motivazionale per “omessa e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia”. Ribadita la diversità fra il conferimento dell’incarico di direzione di struttura complessa e la sostituzione disciplinata dall’art, 18 del CCNL, sostiene l’azienda ricorrente che il dirigente avrebbe dovuto dimostrare di aver svolto in modo pieno, sotto il profilo qualitativo e quantitativo, le mansioni proprie del dirigente di struttura complessa, non essendo a tal fine sufficiente la sola produzione degli atti deliberativi con i quali era stato nominato sostituto. Addebita alla Corte territoriale di avere operato un’inversione dell’onere della prova, avendo affermato che l’azienda appellante non aveva individuato “alcun aspetto dell’incarico in esame che non sia stato assolto o adempiuto dall’ I.”. Rileva, infine, che non potevano essere tratti argomenti dall’accordo conciliativo sottoscritto dalle parti l’8 giugno 2006, sia perchè lo stesso si riferiva ad un periodo diverso da quello oggetto di causa, sia perchè si trattava, appunto, di un atto transattivo la cui sottoscrizione non aveva implicato riconoscimento della fondatezza della pretesa.

3. Infine con il terzo motivo la ricorrente, nel lamentare la violazione dell’art. 18 del CCNL per la dirigenza medica e veterinaria nonchè degli artt. 1362 c.c. e ss., sostiene che le indennità rivendicate potevano essere riconosciute solo limitatamente al periodo 9 giugno 2007/12 febbraio 2009 perchè l’incarico era stato conferito con Delib. n. 1011 del 2006 e pertanto nei primi 12 mesi il “conferimento doveva ritenersi immune da ogni censura” in quanto conforme ai limiti temporali dettati dal comma 7 del richiamato art. 18.

4. E’ infondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso, formulata nel controricorso e ribadita nella memoria ex art. 378 c.p.c..

E’ noto che il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 5, anticipando per l’impiego pubblico contrattualizzato la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3 operata dal D.Lgs. n. 40 del 2006, ha attribuito alla Corte di Cassazione una funzione nomofilattica nell’interpretazione della contrattazione collettiva di livello nazionale, tendenzialmente modellata ad immagine del sindacato sulle norme di legge e giustificata dalla necessità di assicurare l’esegesi uniforme di disposizioni che, pur avendo natura negoziale, per effetto delle disposizioni contenute nel richiamato decreto, sono destinate a realizzare la regolamentazione omogenea dei rapporti di lavoro con la P.A. e costituiscono un vincolo per il datore di lavoro pubblico.

La funzione che l’interpretazione diretta realizza e la particolare natura dei contratti collettivi nel settore pubblico sono state valorizzate dalle Sezioni Unite di questa Corte per affermare, da un lato, l’inapplicabilità dell’art. 369 c.p.c., n. 4, e dall’altro l’autonomia interpretativa del giudice di legittimità, che non può essere vincolato dalle interpretazioni delle parti nè dall’opzione ermeneutica adottata dal giudice di merito, ma ha, al contrario, il potere-dovere di ricercare, anche in altre disposizioni contrattuali, elementi utili per verificare la correttezza dell’interpretazione accolta nella sentenza impugnata (Cass. S.U. nn. 20075/2010, 23329/2009, 21568/2009; Cass. nn. 5284/2018, 20065/2016).

Dai richiamati principi di diritto, condivisi dal Collegio e qui ribaditi, discende che la censura con la quale si addebita al giudice d’appello di avere fondato la decisione su una interpretazione erronea delle disposizioni contrattuali rilevanti, riconducibile all’ipotesi tipizzata dall’art. 360 c.p.c., n. 3 non implica “un riesame nel merito dei presupposti della domanda originariamente formulata”, perchè mette in discussione non l’accertamento del fatto, bensì l’applicazione alla fattispecie concreta, così come accertata, di una disciplina negoziale in realtà non applicabile, in quanto subordinata alla ricorrenza di presupposti fattuali la cui insussistenza nel caso controverso si desume dalla stessa ricostruzione del fatto effettuata dal giudice di merito.

5. La questione che viene in rilievo è già stata oggetto di esame da parte di questa Corte che, pronunciando in fattispecie analoghe a quella qui controversa, ha affermato che “la sostituzione nell’incarico di dirigente medico del servizio sanitario nazionale ai sensi dell’art. 18 del c.c.n.l. dirigenza medica e veterinaria dell’8 giugno 2000, non si configura come svolgimento di mansioni superiori poichè avviene nell’ambito del ruolo e livello unico della dirigenza sanitaria, sicchè non trova applicazione l’art. 2103 c.c. e al sostituto non spetta il trattamento accessorio del sostituito ma solo la prevista indennità cd. sostitutiva, senza che rilevi, in senso contrario, la prosecuzione dell’incarico oltre il termine di sei mesi (o di dodici se prorogato) per l’espletamento della procedura per la copertura del posto vacante, dovendosi considerare adeguatamente remunerativa l’indennità sostitutiva specificamente prevista dalla disciplina collettiva e, quindi, inapplicabile l’art. 36 Cost.” (Cass. n. 16299/2015 e negli stessi termini Cass. n. 15577/2015, n. 584/2016, n. 9879/2017, n. 21565/2018, n. 7863/2019).

Il Collegio intende dare continuità all’orientamento espresso dalle richiamate pronunce, perchè l’esegesi del quadro normativo e contrattuale non consente di estendere ai dirigenti in generale, ed alla dirigenza medica in particolare, norme e principi che regolano il rapporto di lavoro non dirigenziale.

5.1. L’inapplicabilità ai dirigenti dell’art. 2103 c.c., sancita dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 19, era già stata affermata dal D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 19 come modificato dal D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 13 e discende dalle peculiarità proprie della qualifica dirigenziale che, nel nuovo assetto, non esprime più una posizione lavorativa inserita nell’ambito di una carriera e caratterizzata dallo svolgimento di determinate mansioni, bensì esclusivamente l’idoneità professionale del soggetto a ricoprire un incarico dirigenziale, necessariamente a termine, conferito con atto datoriale gestionale, distinto dal contratto di lavoro a tempo indeterminato.

Per le medesime ragioni non è applicabile al rapporto dirigenziale il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52 riferibile al solo personale che non rivesta la qualifica di dirigente, al quale è, invece, riservata la disciplina dettata dalle disposizioni del capo II.

Quanto alla dirigenza sanitaria, inserita “in un unico ruolo distinto per profili professionali e in un unico livello” (D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15), la giuridica impossibilità di applicare la disciplina dettata dall’art. 2103 c.c. è ribadita dal D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15 ter inserito dal D.Lgs. n. 229 del 1999, nonchè dall’art. 28, comma 6, del CCNL 8.6.2000 per il quadriennio 1997/2001, secondo cui ” nel conferimento degli incarichi e per il passaggio ad incarichi di funzioni dirigenziali diverse le aziende tengono conto… che data l’equivalenza delle mansioni dirigenziali non si applica l’art. 2103 c.c., comma 1″.

6. Il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 24 in tutte le versioni succedutesi nel tempo, delega alla contrattazione collettiva la determinazione del trattamento retributivo del personale con qualifica dirigenziale, da correlarsi quanto al trattamento accessorio alle funzioni attribuite, ed al comma 3 fissa il principio di onnicomprensività, stabilendo che il trattamento medesimo “remunera tutte le funzioni ed i compiti attribuiti ai dirigenti in base a quanto previsto dal presente decreto nonchè qualsiasi incarico ad essi conferito in ragione del loro ufficio o comunque conferito dall’amministrazione presso cui prestano servizio o su designazione della stessa”.

6.1. La materia delle sostituzioni è stata espressamente disciplinata dalle parti collettive che, all’art. 18, comma 7 CCNL 8.6.2000 hanno innanzitutto ribadito, in linea con la previsione del D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15 ter, comma 5, che “le sostituzioni….non si configurano come mansioni superiori in quanto avvengono nell’ambito del ruolo e livello unico della dirigenza sanitaria”. Hanno, quindi, previsto una speciale indennità, da corrispondersi solo in caso di sostituzioni protrattesi oltre sessanta giorni, rapportata al livello di complessità della struttura diretta (Lire 1.036.000 per la sostituzione del dirigente di struttura complessa e Lire 518.000 per la struttura semplice).

6.2. Il comma 4 della disposizione contrattuale prevede che, qualora la necessità della sostituzione sorga in conseguenza della cessazione del rapporto di lavoro del dirigente interessato, e, quindi, della vacanza della funzione dirigenziale, la stessa è consentita per il tempo strettamente necessario all’espletamento delle procedure concorsuali e può avere la durata di mesi sei, prorogabili a dodici.

E’, però, significativo che le parti collettive non abbiano fatto cenno alle conseguenze che, sul piano economico, possono derivare dall’omesso rispetto del termine e l’omissione non può essere ritenuta casuale, atteso che la norma contrattuale ha tenuto ad affermare, come principio di carattere generale, che la sostituzione non implica l’espletamento di mansioni superiori.

Il termine di cui al comma 4, quindi, svolge senz’altro una funzione sollecitatoria ma il suo mancato rispetto non può legittimare la rivendicazione dell’intero trattamento economico spettante al dirigente sostituito, impedita proprio dall’incipit del comma 7, che, operando unitamente al principio della onnicomprensività al quale si è già fatto cenno, esclude qualsiasi titolo sul quale la pretesa possa essere fondata.

7. Nè a diverse conclusioni si può giungere valorizzando la giurisprudenza costituzionale ed amministrativa formatasi in relazione al D.P.R. n. 384 del 1990, art. 121 disapplicato dal richiamato art. 18 del CCNL 2000, trattandosi di disposizione che si inseriva in un diverso contesto normativo, giacchè, prima dell’istituzione del ruolo unico, i compiti propri del primario costituivano mansioni superiori rispetto a quelle dell’aiuto o dell’assistente (inquadrati rispettivamente nel X e nel IX livello mentre al primario era riservato l’XI livello) mentre nell’attuale sistema, fondato sull’equivalenza delle mansioni dirigenziali, le diverse tipologie di incarichi non comportano rapporti di sovra o sotto ordinazione (art. 27 CCNL 2000) e sono manifestazione di attribuzioni diverse ma di pari dignità (art. 6 CCNL 2008).

8. Non rileva che nella fattispecie l’incarico temporaneo sia stato conferito all’ I. dopo che, con una prima deliberazione, lo stesso era stato formalmente preposto alla direzione della medesima struttura. Infatti, come riferito nello storico di lite, la Corte territoriale ha accertato, e la circostanza non è oggetto di contestazione fra le parti, che la procedura per il conferimento dell’incarico di direzione di struttura complessa, da condurre nel rispetto dell’art. 29 del CCNL 8.6.2000, non si era validamente conclusa, in quanto la deliberazione, su iniziativa di altro dirigente, era stata prima sospesa e poi revocata.

L’applicazione delle disposizioni contrattuali invocate dall’originario ricorrente (art. 5 CCNL 8.6.2000 per il biennio economico 2000/2001 e art. 40 CCNL 8.6.2000 per il quadriennio 1998/2001) presuppone, invece, il conferimento dell’incarico all’esito delle procedure previste dal legislatore (D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15) e dalle parti collettive, che quanto ai requisiti ed al procedimento hanno rinviato al D.P.R. n. 484 del 1997, con la conseguenza che allo stesso non può essere assimilata la preposizione meramente temporanea, pur se protrattasi oltre i termini fissati dal più volte richiamato art. 18.

9. In via conclusiva deve essere accolto il primo motivo di ricorso, con conseguente assorbimento delle ulteriori censure, perchè la sentenza impugnata, ha errato nel ritenere inapplicabile alla fattispecie l’art. 18 del CCNL 8.6.2000. La stessa, pertanto, deve essere cassata con rinvio per un nuovo esame alla Corte territoriale indicata in dispositivo che si atterrà ai principi enunciati nei punti che precedono provvedendo anche sulle spese del giudizio di legittimità.

L’accoglimento del ricorso comporta l’inapplicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di Cagliari, Sezione distaccata di Sassari, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 26 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 novembre 2019

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