Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30226 del 20/11/2019

Cassazione civile sez. lav., 20/11/2019, (ud. 25/09/2019, dep. 20/11/2019), n.30226

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

ricorso 27586-2014 proposto da:

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, in

persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia

ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI 12;

– ricorrente –

contro

A.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TACITO 23

presso lo studio dell’avvocato CINZIA DE MICHELI, che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato ROBERTO CARAPELLE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 692/2014 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 11/08/2014 R.G.N. 833/2013.

Fatto

RITENUTO

CHE:

la Corte d’Appello di Torino ha respinto l’appello proposto dal Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca avverso la sentenza del Tribunale della stessa città che aveva annullato la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio per sei giorni irrogata dal Dirigente Scolastico nei confronti della docente A.L.;

la Corte riteneva, valutando come fondato il corrispondente rilievo della lavoratrice, che il Dirigente fosse incompetente rispetto alla conduzione del procedimento disciplinare, con violazione dunque del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55-bis, in quanto per la violazione perseguita, pur nella fascia più bassa, era prevista la sanzione massima edittale, su cui doveva misurarsi il riparto di competenza tra dirigente e ufficio per i procedimenti disciplinari, della sospensione fino ad un mese (D.Lgs. n. 297 del 1994, art. 492, comma 2, lett. b);

avverso la sentenza il Ministero ha proposto ricorso per cassazione con un motivo, resistito da controricorso della A.;

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

con l’unico motivo il Ministero afferma, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione ed erronea applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55-bis, nel combinato disposto con il D.Lgs. n. 297 del 1994, art. 492 sostenendo che il discrimine di competenza tra Dirigente ed U.P.D. andrebbe valutata secondo la sanzione quale concretamente irrogata e non secondo le misure edittali astrattamente previste per la specifica violazione;

il motivo è infondato;

questa Corte ha già ritenuto, e qui conferma, che l’attribuzione della competenza al Dirigente della struttura cui appartiene il dipendente o all’Ufficio per i procedimenti disciplinari, ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55-bis si definisce esclusivamente sulla base delle sanzioni edittali massime stabilite per i fatti quali indicati nell’atto di contestazione e non sulla base della misura che la P.A. possa prevedere di irrogare (Cass. 2 agosto 2019, n. 20845);

infatti se, rispetto al Dirigente, si fa un meno certo riferimento alla sanzione di cui è “prevista l’irrogazione” (D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55-bis, comma 1), in cui la previsione può sia riguardare la misura edittale della sanzione, sia la sanzione che si ipotizzi in concreto di irrogare, la legge, nel regolare la competenza dell’U.P.D., fa inequivocabile riferimento alle infrazioni “punibili” con sanzioni più gravi (D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55-bis, comma 2, ora comma 4), così chiarendo senza possibilità di dubbio che il discrimine di competenza è fissato sulla base della misura edittale;

da ciò deriva che il Dirigente Scolastico, procedendo per fatti rispetto ai quali, stante il rinvio del c.c.N.L dell’epoca alla disciplina del D.Lgs. n. 297 del 1994, ha proceduto rispetto a fatti per i quali la sanzione edittale superava il limite dei dieci giorni di sospensione di cui all’art. 55-bis, nel testo illo tempore vigente ed applicabile anche in ambito scolastico (v. Cass. 30 novembre 2018, n. 31086);

d’altra parte, la violazione delle regole di competenza interna, allorquando la sanzione sia irrogata dal Dirigente e responsabile della struttura in luogo in luogo dell’U.P.D. e dunque sulla base di minori garanzie di terzietà, corrispondendo la figura di chi è preposto al dipendente e di chi giudica del medesimo in sede amministrativa, comporta di per sè l’invalidità della misura illegittimamente applicata; tenuto conto della complessità della disciplina delle regole procedurali in ambito disciplinare, la cui violazione non sempre comporta l’invalidità delle sanzioni irrogate, è anzi opportuno fissare il seguente principio: “l’irrogazione da parte del dirigente scolastico di una misura disciplinare rispetto ad un procedimento che rientra, sulla base della competenza fissata sulla base del massimo edittale previsto per la violazione contestata, nella potestà dell’ufficio per i procedimenti disciplinari, comportando minori garanzie di terzietà, determina l’invalidità della sanzione stessa”:

in definitiva il ricorso deve essere integralmente rigettato;

le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo;

non sussistono i presupposti per il raddoppio del contributro unificato (Cass. 1778/2016).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della controparte delle spese di giudizio che liquida in Euro 4.500,00 per compensi professionali ed Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali in misura del 15% e accessori di legge, con distrazione in favore dell’avv. Roberto Carapelle.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 25 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 novembre 2019

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