Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30221 del 30/12/2011

Cassazione civile sez. I, 30/12/2011, (ud. 28/11/2011, dep. 30/12/2011), n.30221

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FELICETTI Francesco – Presidente –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

D.B.F. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA S. TOMMASO D’AQUINO 116 – SC. B, presso l’avvocato DE

BELVIS ALESSANDRO, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato CUOCO VITTORIA, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

C.M. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 132, presso l’avvocato

MORGANTI PIETRO, che la rappresenta e difende, giusta procura a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3745/2008 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 27/09/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/11/2011 dal Consigliere Dott. VITTORIO RAGONESI;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato ALESSANDRO DE BELVIS che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato PIETRO MORGANTI che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DEL CORE Sergio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

svolgimento del processo

Il Tribunale di Roma, con sentenza definitiva in data 30 dicembre 2005 – 24 marzo 2006, preceduta da sentenza non definitiva del 4-18 luglio 2003 di scioglimento del matrimonio contratto da D.B. F. e C.M. il (OMISSIS), affidava la figlia minore delle parti, F., alla madre, disciplinando le modalità della sua frequentazione con il padre;

assegnava la casa coniugale in (OMISSIS), alla C., convivente anche col figlio primogenito, L., già maggiorenne ma non economicamente autonomo; determinava nell’importo mensile di Euro 1.300,00 il contributo dovuto dal D.B. alla C. per il mantenimento dei due figli (Euro 650,00 per ciascuno), ponendo ad esclusivo carico del padre le spese scolastiche e mediche per la prole, ad esclusione di quelle mediche di particolare rilievo (accertamenti diagnostici, terapie psicologiche, interventi chirurgici, cure dentistiche, ecc), da dividere al 50% tra i genitori se non coperte da polizze assicurative; imponeva al D. B. la corresponsione di un assegno divorzile mensile di Euro 800,00 a favore della C.; onerava il marito di un’ulteriore somma (indicata in Euro 500,00 in dispositivo ed in Euro 550,00 in motivazione), da versare ogni anno all’ex moglie nel solo mese di dicembre, con rivalutazione automatica annuale degli assegni secondo gli indici del costo della vita elaborati dall’Istat. Avverso la suddetta sentenza, non notificata, la C. proponeva appello davanti alla Corte d’appello di Roma, con ricorso depositato il 7 maggio 2007, dolendosi delle statuizioni economiche adottate dal Tribunale non proporzionate, a suo avviso, alle molto floride e non compiutamente documentate condizioni economiche del D.B..

Quest’ultimo resisteva al gravame , con comparsa depositata il 23 novembre 2007, denunciando innanzitutto l’inammissibilità del gravame per genericità dei motivi e, nel merito, contestandone il fondamento. Con comparsa di costituzione dei nuovi difensori dell’appellante, depositata il 4 gennaio 2008, la C. deduceva la sopravvenuta nuova attività lavorativa del D.B., investito dal novembre 2007 dell’incarico di responsabile della comunicazione per conto dell’importante gruppo assicurativo, Allianz S.p.A., con elevato trattamento retributivo, di cui chiedeva il puntuale accertamento anche d’ufficio, insistendo perciò nella domanda di un congruo assegno di divorzio per sè, da elevare all’importo di Euro 2.000,00 al mese, oltre all’aumento del contributo per i due figli di cui confermava l’ammontare richiesto, nella misura di Euro 1.500,00. La Corte d’appello di Roma, con sentenza 3745/08, in parziale riforma della sentenza di primo grado, determinava in Euro 1500,00 mensili il contributo dovuto dal D. B. per il mantenimento dei due figli oltre all’intero importo delle spese straordinarie mediche, scolastiche e ricreative e fissava in Euro 1200,00 l’assegno mensile di divorzio da corrispondere alla C.; escludeva l’obbligo del D.B. di versare una tredicesima mensilità per il mantenimento dei figli e per l’assegno divorzile.

Avverso detta decisione ricorre per cassazione il D.B. sulla base di tre motivi cui resiste con controricorso la C..

Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso il D.B. contesta l’erronea valutazione della propria capacità reddittuale ed il fatto che la corresponsione delle somme a suo carico sia stata fatta decorrere dal 2003 nonchè l’omessa valutazione di alcune emergenze probatorie relative allo svolgimento di attività lavorativa da parte della C. ed alla sue possibilità economiche.

Con il secondo motivo lamenta la mancanza di prova in ordine all’insufficienza dell’assegno di mantenimento concordato in sede di separazione consensuale e poi determinato in primo grado in riferimento al tenore di vita goduto durante il matrimonio, nonchè l’erronea valutazione di risultanze documentali.

Con il terzo motivo lamenta l’omessa motivazione circa l’aumento del contributo per i figli costituito dal porre a suo carico anche l’intero delle spese mediche straordinarie.

Venendo all’esame del primo motivo di ricorso, esso contiene due censure con le quali il ricorrente contesta, da un lato, l’erroneo esame della propria situazione reddituale che dal 2003 al 2006 sarebbe peggiorata e, dall’altro, la retrodatazione dell’assegno divorale al 2003, il tutto sull’assunto che la base assunta per determinare l’assegno sia stata quella riferita al reddito del 2007, anno in cui detto reddito, a seguito del cambio di lavoro, subì un consistente incremento.

Entrambe le censure sono infondate.

La Corte d’appello ha effettuato una valutazione complessiva della situazione economica del D.B. a partire dai redditi del 1999 fino al 2008; redditi che hanno subito oscillazioni ma che sono sempre stati elevati ed in base a tale valutazione complessiva, che non ha fatto specifico riferimento al reddito di un anno particolare, ha determinato l’ammontare dell’assegno facendone decorrere la corresponsione dal momento della domanda.

Le censure in esame si basano pertanto sul presupposto indimostrato e contrario a quanto risulta dalla sentenza che gli assegni siano stati liquidati in base al reddito del 2007.

Per quanto concerne l’inadeguata valutazione delle prove relativamente alle condizioni economiche della C., le censure risultano inammissibili.

Sostiene il ricorrente che la Corte di merito avrebbe omesso di valutare il fatto che la resistente aveva capacità lavorativa tanto è vero che aveva svolto attività lavorativa nel 2000 e nel 2002.

Tale asserzione è erronea.

La sentenza impugnata (v. pg 7) da atto che la C. ha svolto attività lavorativa saltuaria nel 2000 e nel 2002 con modesti guadagni, ma conclude sulla impossibilità per la stessa di trovare una stabile attività lavorativa in ragione del fatto che la resistente non è più giovanissima, non ha titolo di studio specializzato nè esperienza professionale qualificata ed è totalmente impegnata nell’accudire i figli di cui uno affetto da grave malattia.

Trattasi di motivazione del tutto adeguata che ha effettuato una valutazione logica ,anche alla luce della comune esperienza, della situazione e della capacità lavorativa della resistente che non appare sindacabile in questa sede di legittimità.

Le censure che il ricorrente muove a tale motivazione investendo il merito della decisione non sono pertanto in questa sede scrutinabili.

Quanto infine alla mancata valutazione dell’ acquisto di una autovettura da parte della C. la censura è manifestamente infondata alla luce della giurisprudenza consolidata e costante di questa Corte che ha in plurime occasioni affermato che la sentenza di secondo grado deve esplicitare gli elementi imprescindibili a rendere chiaro il percorso argomentativo che fonda la decisione (Cass. Sez. un. n. 10892 del 2001), ma l’onere di adeguatezza della motivazione non comporta che il giudice del merito debba occuparsi di tutte le allegazioni della parte, nè che egli debba prendere in esame, al fine di confutarle o condividerle, tutte le argomentazioni da questa svolte. E’, infatti, sufficiente che il giudice dell’impugnazione esponga, anche in maniera concisa, gli elementi posti a fondamento della decisione e le ragioni del suo convincimento, così da doversi ritenere implicitamente rigettate tutte le argomentazioni incompatibili con esse e disattesi, per implicito, i rilievi e le tesi i quali, se pure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la conclusione affermata e con l’iter argomentativo svolto per affermarla (Cass., n. 696 del 2002; n. 10569 del 2001; n. 13342 del 1999). Il secondo motivo è infondato e per certi versi inammissibile. Quanto alla mancata prova dell’insufficienza dell’ammontare dell’assegno di mantenimento concordato in sede di separazione consensuale, è sufficiente rammentare che la determinazione dell’assegno divorzile, alla stregua della L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 5 modificato dalla L. 6 marzo 1987, n. 74, art. 10 è indipendente dalle statuizioni patrimoniali operanti in vigenza di separazione dei coniugi, tanto è vero che il diniego dell’assegno divorzile non può fondarsi sul rilievo che negli accordi di separazione i coniugi pattuirono che nessun assegno fosse versato dal marito per il mantenimento della moglie, dovendo comunque il giudice procedere alla verifica del rapporto delle attuali condizioni economiche delle parti con il pregresso tenore di vita coniugale. (Cass 1758/08; Cass 25010/07). Nessuna prova della insufficienza dell’assegno concordato in sede di separazione deve essere quindi fornita dovendosi in sede di divorzio – come correttamente effettuato dalla sentenza impugnata – rivalutare ex novo le condizioni economiche delle parti anche in ragione del tempo trascorso dalla sentenza di separazione, tenendo conto del pregresso tenore di vita durante la persistenza del rapporto coniugale.

Quanto poi alla dedotta erronea valutazione del contributo dato dalla C. alla vita coniugale, la sentenza impugnata ha accertato la rilevanza del contributo fornito da quest’ultima alle fortune professionali del D.B. per averlo sollevato dagli oneri di organizzazione domestica e dall’accudimento dei figli.

Tale accertamento è di per sè idoneo a dimostrare la partecipazione alla costruzione comune del livello di crescita economica della famiglia.

In relazione a ciò, nessuna censura specifica viene avanzata dal ricorrente il quale deduce invero l’argomento che, siccome il proprio reddito dopo la separazione è alquanto cresciuto rispetto a quello percepito durante il matrimonio, in realtà l’apporto della C. sarebbe stato negativo.

Trattasi di un argomento avulso dal contesto motivazionale della Corte d’appello, che introduce inammissibilmente una censura al merito della decisione e che richiede a questa Corte una valutazione in fatto non consentita in sede di legittimità.

Con il motivo in esame il ricorrente assume anche che la Corte di merito non avrebbe tenuto conto del fatto che egli è ora onerato del mantenimento di quattro figli. Tale assunto è infondato perchè la sentenza impugnata (v. pg 7) da atto che il D.B. ha avuto altri due figli dal nuovo matrimonio e precisa altresì che le spese per il mantenimento di detti due figli sono ripartiti con l’attuale moglie professionista (v. pg 6 della sentenza).

Il terzo motivo è manifestamente infondato.

La Corte d’appello ha infatti motivato circa la messa a carico del D.B. anche delle spese mediche straordinarie per i figli in ragione dell’enorme divario esistente tra le condizioni economiche delle parti.

Nessuna omessa motivazione è dunque riscontrabile nel caso di specie.

Il ricorso va pertanto respinto. Segue alla soccombenza la condanna al pagamento delle spese del presente giudizio nonchè delle spese del procedimento ex art. 373 c.p.c. svoltosi innanzi alla corte d’appello liquidate entrambe come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in Euro 4000,00 per onorari oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge nonchè al pagamento delle spese per il procedimento ex art. 373 c.p.c. svoltosi nel giudizio di appello liquidate in Euro 500,00 per onorari, Euro 300,00 per diritti ed Euro 50,00 per spese.

Così deciso in Roma, il 28 novembre 2011 Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2011

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