Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30216 del 30/12/2011

Cassazione civile sez. I, 30/12/2011, (ud. 21/11/2011, dep. 30/12/2011), n.30216

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FELICETTI Francesco – Presidente –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

R.L. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA PACUVIO 34, presso l’avvocato ROMANELLI GUIDO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato REVELLO ROBERTO, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

C.S.;

– intimata –

sul ricorso 28759-2007 proposto da:

C.S. (C.F. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA BALDI DEGLI UBALDI 66, presso l’avvocato

RINALDI SIMONA, rappresentata e difesa dall’avvocato OTTOLIA

GIOVANNI, giusta procura in calce al controricorso e ricorso

incidentale condizionato;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

R.L.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 57/2007 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 28/06/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/11/2011 dal Consigliere Dott. ANTONIO DIDONE;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato ROMANELLI GUIDO che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DESTRO Carlo che ha concluso per il rigetto del ricorso principale,

assorbito l’incidentale condizionato.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

1.- Il Tribunale di Genova, con sentenza depositata il 5/5/2006, ha dichiarato la separazione dei coniugi L.R. e C. S. e ha respinto le reciproche domande dei coniugi stessi per l’addebito della separazione nonchè la domanda della C. tesa ad ottenere la condanna del coniuge al versamento di un contributo al mantenimento.

La Corte di appello di Genova, con la sentenza impugnata, ha parzialmente riformato la decisione di primo grado e ha posto a carico del marito l’obbligo di corrispondere alla moglie un assegno mensile di mantenimento di Euro 500,00, con decorrenza dalla pronuncia di primo grado e rivalutabile annualmente.

Per quanto ancora interessa, la Corte di merito ha evidenziato quanto segue:

“d) anche sfrondando le posizioni dei due coniugi dalle connotazioni derivanti dalle famiglie di origine, (e dunque indipendentemente dai fatti che il R. sotto il profilo economico-patrimoniale è certamente più di un semplice impiegato della Società che porta il suo cognome e che il padre della C., secondo l’appellato, sarebbe un affermato avvocato della Florida), il semplice raffronto dei modelli CUD 2006 dei due coniugi separati relativi al periodo d’imposta 2005 manifesta una evidente sproporzione reddituale, giacchè, mentre il R. godeva nel 2005 di reddito imponibile di Euro 50.609,63 (ritenute IRPEF pari ad Euro 15.127,83) per un reddito netto mensile di poco inferiore ad Euro 3.000, la C. godeva di reddito di lavoro autonomo (presumibilmente frutto dell’attività di disc jockey documentata dalle produzioni dell’appellato) lordo pari ad Euro 12.955,00 che, detratte le spese, si riduceva ad un reddito imponibile finale di Euro 976,00;

e) pure a voler ipotizzare che l’effettivo reddito che la C. tragga dall’attività di d.j. sia parzialmente “in nero” e dunque superiore a quello, assai misero, dichiarato a fini fiscali, rimane evidente una netta differenza reddituale a tutto favore del R.;

f) la circostanza che la vita coniugale tra i due sia durata meno di tre anni non giustifica evidentemente l’esonero del R. da una contribuzione in favore della moglie separata, giacchè la quantificazione dell’obbligo di contribuzione non è certo direttamente proporzionale alla durata della convivenza coniugale, ma dipende dalla circostanza che l’altro coniuge non abbia adeguati redditi propri (art. 156 c.c.);

g) d’altro canto non può certo ritenersi provato (o provabile con i mezzi di prova dedotti in primo grado dal R.) che, durante la convivenza, i coniugi R. – C. avessero un tenore di vita assolutamente “francescano” e che i redditi (scarsi o comunque modesti, come emerso) propri della C. le consentano, dopo la rottura della convivenza, di mantenere autonomamente il precedente tenore di vita;

h) la stessa circostanza che all’inizio del procedimento di separazione il Presidente f.f. riconoscesse a favore della C. un contributo mensile di Euro 900,00 (seppure limitato nel tempo a due anni) denota come fosse evidente che il coniuge economicamente debole andasse individuato nella C., cittadina straniera priva di valide basi e di autonome risorse economiche in Italia;

i) se è ragionevole ritenere che nel frattempo la C. sia riuscita a migliorare un poco la propria situazione rispetto al momento della cessazione della convivenza, i dati reddituali disponibili e sopra indicati non consentono affatto di reputare che la donna abbia colpevolmente perso occasioni di lavoro ben retribuito e che la sua attività di d.j. le fornisca un reddito sufficiente a mantenere il tenore di vita esistente in costanza di convivenza coniugale”.

Contro la sentenza di appello R.L. ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.

Resiste con controricorso l’intimata la quale ha altresì proposto ricorso incidentale condizionato affidato a un solo motivo.

Le parti hanno depositato memoria nei termini di cui all’art. 378 c.p.c. 1.1.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge e vizio di motivazione e formula il seguente quesito ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c.: “in tema di separazione personale l’onere della prova circa la mancanza o insufficienza di adeguati mezzi economici propri (art. 156 c.c., comma 1) ricade sul coniuge richiedente la contribuzione al proprio mantenimento?.

1.2.- Con il secondo motivo parte ricorrente denuncia violazione falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 156 c.c., commi 1 e 2.

Formula il seguente quesito ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c.: “in tema di separazione personale, l’onere della prova del tenore di vita dai coniugi tenuto nel corso della convivenza coniugale (art. 156 c.c., commi 1 e 2) ricade sul coniuge richiedente l’assegno di mantenimento?”.

1.3.- Con il terzo motivo parte ricorrente denuncia violazione falsa applicazione di legge (art. 156 c.c., commi 1 e 2) e relativo vizio di motivazione e formula il seguente quesito: “La durata della vita coniugale è uno degli elementi di valutazione del diritto del coniuge alla contribuzione e alla misura della stessa ai sensi dell’art. 156 c.c.?”.

1.4.- Con il quarto motivo parte ricorrente denuncia vizio di motivazione.

2.- Osserva la Corte che i motivi sub 1, 2 e 4 sono inammissibili per violazione dell’art. 366 bis c.p.c. Va ricordato, infatti, quanto ai vizi di motivazione denunciati, che la giurisprudenza di questa Corte ha sottolineato che la censura di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione deve contenere un momento di sintesi (che svolge l’omologa funzione del quesito di diritto per i motivi di cui all’art. 360 cod. proc. civ., nn. 1, 2, 3 e 4) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (v. S.U. sent. n. 20603/2007 e, successivamente, le ordinanze della sez. 3 n. 4646/2008 e n. 16558/2008, nonchè le sentenze delle S.U. nn. 25117/2008 e n. 26014/2008). Tale momento di sintesi deve sostanziarsi in una parte del motivo che si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente destinata. Il quarto motivo non è concluso da alcuna sintesi del fatto controverso. Talchè ne va dichiarata l’inammissibilità.

Inoltre, secondo le Sezioni unite di questa Corte (Sez. U, Sentenza n. 7770 del 31/03/2009) è ammissibile il ricorso per cassazione nel quale si denunzino con un unico articolato motivo d’impugnazione vizi di violazione di legge e di motivazione in fatto, qualora lo stesso si concluda con una pluralità di quesiti, ciascuno dei quali contenga un rinvio all’altro, al fine di individuare su quale fatto controverso vi sia stato, oltre che un difetto di motivazione, anche un errore di qualificazione giuridica del fatto.

Il primo motivo, per converso, denuncia sia violazione di norme di diritto che vizio di motivazione ma il quesito che conclude il motivo è unico e non contiene la sintesi del fatto controverso.

Infine, il quesito che conclude il secondo motivo è privo di riferimento alla concreta fattispecie e non consente di individuare la diversa regola applicata con il provvedimento impugnato.

Talchè il primo, il secondo ed il quarto motivo devono essere dichiarati inammissibili.

3.- Quanto al terzo motivo va ricordato che in tema di separazione personale dei coniugi, alla breve durata del matrimonio non può essere riconosciuta efficacia preclusiva del diritto all’assegno di mantenimento, ove di questo sussistano gli elementi costitutivi, rappresentati dalla non addebitabilità della separazione al coniuge richiedente, dalla non titolarità, da parte del medesimo, di adeguati redditi propri, ossia di redditi che consentano di mantenere un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio, e dalla sussistenza di una disparità economica tra le parti. Al più, alla durata del matrimonio può essere attribuito rilievo ai fini della determinazione della misura dell’assegno di mantenimento (Sez. 1, Sentenza n. 23378 del 16/12/2004; conf.: Sez. 1, Sentenza n. 25618 del 07/12/2007).

A tale principio si è attenuta la Corte di merito, la quale non ha negato rilievo alla durata del matrimonio, correttamente escludendo che la breve durata costituisca motivo di esonero del coniuge dalla contribuzione e rilevando che la quantificazione dell’assegno “non è certo direttamente proporzionale alla durata”, pur avendo tenuto conto di tale elemento di valutazione, così come si desume dall’entità dell’assegno posto a carico del ricorrente (appena Euro 500,00). Pertanto la censura è infondata.

Il ricorso deve essere rigettato, con conseguente assorbimento del ricorso incidentale condizionato. Le spese del giudizio di legittimità – liquidate in dispositivo – seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte, riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in complessivi Euro 2.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 21 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2011

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