Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30210 del 30/12/2011

Cassazione civile sez. I, 30/12/2011, (ud. 17/11/2011, dep. 30/12/2011), n.30210

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FELICETTI Francesco – rel. Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

A.P. (C.F. (OMISSIS)), C.G. (C.F.

(OMISSIS)), R.C. (C.F. (OMISSIS)),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GIUSEPPE FERRARI 4, presso

l’avvocato CORONAS SALVATORE, che li rappresenta e difende unitamente

all’avvocato CORONAS UMBERTO, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositato il

12/03/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/11/2011 dal Presidente Dott. FRANCESCO FELICETTI;

udito, per i ricorrenti, l’Avvocato CORONAS che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. I sigg.ri A.P., R.C. e C.G. adirono la Corte d’appello di Venezia chiedendo la condanna del Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento dell’equo indennizzo previsto dalla L. n. 89 del 2001 per l’eccessiva durata di una causa promossa dinanzi alla Corte dei Conti nel novembre 2000 e definito con sentenza di rigetto nel 2007. La Corte d’appello, accertata l’eccessiva durata del processo in anni 3 e mesi 4, con decreto depositato il 12 marzo 2009, liquidava complessivamente a ciascun ricorrente Euro 670,00, in ragione di 200,00 Euro per ciascun anno di eccessiva durata, oltre accessori. Le parti attrici hanno proposto ricorso a questa Corte, con atto notificato al Ministero dell’Economia e delle Finanze il 12 novembre 2009, formulando due motivi. Il Ministero resiste con controricorso.

Il collegio dispone che si faccia luogo a motivazione semplificata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si denunciano vizi motivazionali, per avere la Corte d’appello con motivazione per un verso contraddittoria e per altro verso insufficiente, operato una notevolissima riduzione dell’indennizzo liquidato rispetto ai criteri fissati dalla CEDU. Con il secondo motivo si denuncia la violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 nonchè dei parametri stabiliti dalla CEDU per la liquidazione dell’indennizzo.

Il motivo è accompagnato dal seguente quesito: “Dica la Corte se costituisca violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 e dell’art. 6 della CEDU, nonchè dei parametri adottati dalla Corte europea in materia di danno patrimoniale, il non essersi l’adita Corte d’appello adeguata, nel decreto impugnato, agli standard di valutazione della misura dell’equa riparazione individuata dalla CEDU e da codesta Corte nella misura compresa fra Euro 1000,00 ed Euro 1.500,00 (in particolari casi fra Euro 750,00 ed Euro 1.500,00) per ogni anno eccedente la ragionevole durata del processo, senza fornire motivazione adeguata, nonchè conforme ai principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità in materia, della operata liquidazione, per ciascun istante, del solo importo di Euro 200,00 per ciascun anno eccedente la ragionevole durata; se, nella specie, la Corte d’appello abbia giustificato la decurtazione dell’equa riparazione a un quinto del minimo della misura standard allegando ragioni, da ritenere non conformi a diritto, quali l’asserita consapevolezza da parte degl’istanti, della scarsa probabilità di successo della loro iniziativa giudiziaria, essendosi formato, da ultimo, un indirizzo interpretativo sfavorevole alle loro richieste e l’avere essi promosso il medesimo giudizio con un ricorso collettivo, in tal modo asseritamente affievolendo la partecipazione emotiva di ciascuno di loro”.

2. Il ricorso è fondato il relazione al secondo motivo, mentre va dichiarato inammissibile il primo, sfornito della sintesi richiesta dall’art. 366 bis c.p.c..

Il decreto impugnato ha liquidato un indennizzo annuo di Euro 200,00 per ciascun anno di eccessiva durata “avuto riguardo agli elementi che connotano il caso concreto, dovendosi presumere che la sofferenza indotta dalla durata della lite sia stata nella fattispecie del tutto esigua, in presenza di un ricorso collettivo non solo proposto da numerose parti, con conseguente notevole affievolimento della partecipazione emotiva dei singoli, ma soprattutto affidato a tesi giuridiche alquanto innovative e riconosciute infondate”.

Va peraltro considerato che in relazione al danno non patrimoniale liquidato, la Corte d’appello non ha negato il principio (ormai consolidato) secondo il quale tale specie di danno è da ritenersi conseguenza normale, ancorchè non automatica e necessaria, della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, sicchè – pur dovendo escludersi la configurabilità di un danno non patrimoniale in re ipsa – il giudice, una volta accertata e determinata la violazione relativa alla durata ragionevole del processo, deve ritenere sussistente il danno non patrimoniale ogniqualvolta non ricorrano, nel caso concreto, circostanze particolari che facciano positivamente escludere che tale danno sia stato subito dal ricorrente (in questo senso Cass., sez. un., 26 gennaio 2004, n. 1339). Ha ritenuto, invece, che nel caso specifico il danno fosse di minima entità, in relazione al carattere collettivo del ricorso, alle scarse probabilità di accoglimento ed al suo esito negativo. Tale argomento, tuttavia, non vale a giustificare l’estrema esiguità dell’indennizzo, che lo disancora dai criteri stabiliti dalla CEDU. Il decreto deve pertanto essere cassato in relazione al secondo motivo del ricorso.

3. Sussistono le condizioni per la decisione della causa nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c. e, rilevato che l’eccessiva durata del processo è stata determinata in anni tre e mesi quattro, senza che sul punto vi sia stata impugnazione, nonchè valutate le particolarità della fattispecie che consentono ridurre in misura congrua e compatibile con gl’indirizzi della CEDU e i precedenti di questa stessa Corte l’ordinario indennizzo di Euro mille/00 annue, determina l’indennizzo per ciascun ricorrente in Euro duemilacinquecento/00, con gl’interessi legali dalla domanda, condannando l’amministrazione convenuta al relativo pagamento, unitamente alle spese del giudizio di merito, nella misura di Euro 500,00 per onorari, Euro 534,00 per diritti, Euro 50,00 per spese vive, con distrazione in favore dei difensori. La condanna altresì al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida come in dispositivo, parimenti con distrazione.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE Dichiara inammissibile il primo motivo. Accoglie il secondo. Cassa il decreto impugnato e decidendo nel merito condanna il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento in favore di ciascuno dei ricorrenti della somma di Euro duemilacinquecento/00, con gl’interessi legali dalla domanda. Lo condanna altresì al pagamento delle spese del giudizio di merito nella misura di Euro 500,00 per onorari, Euro 534,00 per diritti, Euro 50,00 per spese vive, nonchè al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, nella misura di Euro 700,00 di cui Euro cento/00 per spese vive, oltre spese generali e accessori come per legge. Spese di entrambi i gradi distratte in favore degli avv.ti Salvatore e Umberto Coronas.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima sezione civile, il 17 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2011

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