Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30207 del 30/12/2011

Cassazione civile sez. I, 30/12/2011, (ud. 14/11/2011, dep. 30/12/2011), n.30207

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FIORETTI Francesco Maria – Presidente –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – rel. Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.C. (c.f. (OMISSIS)), C.P.

(c.f. (OMISSIS)), nella qualità di eredi di M.

L., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CALCUTTA 45, presso

l’avvocato ALBERTO D’AURIA, rappresentati e difesi dall’avvocato

D’AVINO ARCANGELO, giusta procura speciale per Notaio dott.ssa

GIUSEPPINA BONANNO di PATTI (MESSINA) – Rep. n. 14070 del 2.4.2007;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositato il

08/06/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/11/2011 dal Consigliere Dott. RENATO BERNABAI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DESTRO Carlo che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con decreto emesso l’8 giugno 2009 la Corte d’appello di Napoli rigettava la domanda di equa riparazione ex art. 6, paragrafo 1, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, proposta in data 31 maggio 2007 da C.C. e da C.P.; che con ricorso depositato in data 19 gennaio 1999 avevano promosso un giudizio, tuttora pendente, dinanzi al Tar Campania.

Motivava che la parte aveva omesso ogni iniziativa volta a sollecitare la definizione del processo e che la sua domanda appariva inammissibile e infondata.

Avverso il provvedimento non notificato le signore C. proponevano ricorso per cassazione, articolato in due motivi e notificato il 20 novembre 2009.

Resisteva con controricorso il Ministero dell’Economia e delle Finanze.

All’udienza del 14 novembre 2011 il Procuratore generale precisava le conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate.

All’esito della deliberazione in camera di consiglio, il collegio disponeva la redazione della motivazione in forma semplificata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è fondato.

Anche se ai fini dell’esclusione del danno da irragionevole durata del processo non è necessaria l’eccezione di parte qualora siano ravvisabili circostanze di fatto impeditive, in concreto, nel riconoscimento dell’equo indennizzo (da considerare presuntivamente ricollegato alla durata eccessiva del processo presupposto), si osserva come l’infondatezza della domanda e financo l’inammissibilità non siano, di per sè, preclusive del diritto qualora il processo conclusosi con sentenza di rigetto abbia in effetti violato il canone ordinario di durata ragionevole, pari ad un triennio per il primo grado di un processo di non rilevante complessità.

Il contrario principio sotteso alla pronuncia della Corte d’appello di Napoli si pone in contrasto con l’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione dei diritti dell’uomo e con la conforme disciplina di cui alla L. 24 marzo 2001, n. 89.

Il decreto impugnato dev’essere quindi cassato e, in carenza della necessità di ulteriori accertamenti di fatto, si può decidere la causa nel merito.

Nella specie, è ravvisabile un ritardo eccessivo di anni 5 rispetto all’ordinario termine di durata triennale.

Pertanto, in applicazione dei consolidati parametri giurisprudenziali in materia, che individuano nell’importo di Euro 1.000,00 la base di partenza per la quantificazione dell’indennizzo annuo, salvo una riduzione contenuta quando, come nella specie, la posta in giuoco sia particolarmente modesta ed il ritardo non superiore al triennio, si deve liquidare a ciascuno dei ricorrenti, la somma complessiva di Euro 4.250,00 con gli interessi legali dalla domanda.

Le spese dei due gradi di giudizio seguono soccombenza e vengono liquidate come dispositivo sulla base del valore ritenuto in sentenza e del numero e complessità delle questioni svolte.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e decidendo nel merito condanna il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento, in favore di C.C. e di C. P., della somma di Euro 4.250,00, per ciascuno, con gli interessi legali dalla domanda;

Condanna il Ministero dell’Economia e delle Finanze alla rifusione delle spese processuali del primo grado, liquidate in complessivi Euro 873,00, di cui Euro 445,00 per onorari ed Euro 378,00 per diritti, e della fase di legittimità, liquidate in complessivi Euro 665,00, di cui Euro 565,00 per onorari, oltre le spese generali e gli accessori di legge; da distrarre in favore dell’avv. Arcangelo D’Avino, antistatario.

Così deciso in Roma, il 14 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2011

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