Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30205 del 20/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 20/11/2019, (ud. 04/07/2019, dep. 20/11/2019), n.30205

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. MARCHEIS BESSO Chiara – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16905-2018 proposto da:

S.F. e M.G., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA G.B. TIEPOLO n. 21, presso lo studio degli avvocati CUOCO

VITTORIA e DE BELVIS ALESSANDRO che li rappresentano e difendono;

– ricorrenti –

contro

V.P., rappresentato e difeso dall’avvocato BONUCCELLI ANDREA

e domiciliato presso la cancelleria della Corte di Cassazione;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2714/2017 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 28/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

04/07/2019 dal Consigliere Dott. OLIVA STEFANO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione notificato l’8.10.2012 M.G. e S.F. proponevano opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. (OMISSIS) emesso dal Tribunale di Lucca, in virtù del quale era stato loro ingiunto il pagamento in favore di V.P. della somma di Euro 6.600,00 a saldo di alcuni lavori che l’ingiungente assumeva di aver svolto per conto degli ingiunti. Nella narrativa dell’atto di opposizione questi ultimi, resistendo alla pretesa del Vecoli, deducevano di aver integralmente saldato i lavori dal medesimo eseguiti.

Con sentenza n. 1009/2016 il Tribunale accoglieva l’opposizione, revocava il decreto opposto e condannava il Vecoli alle spese del grado.

Interponeva appello il Vecoli e si costituivano in seconde cure gli odierni ricorrenti per resistere al gravame.

Con la sentenza impugnata, n. 2714/2017, la Corte di Appello di Firenze accoglieva l’impugnazione, rigettava l’opposizione degli odierni ricorrenti e li condannava alle spese del doppio grado.

Propongono ricorso per la cassazione di tale decisione M.G. e S.F. affidandosi a due motivi.

Resiste con controricorso V.P..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione degli artt. 2721,2722 e 2724 c.c. con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, perchè il giudice di merito avrebbe erroneamente ammesso la prova orale articolata dal Vecoli a conferma dell’esistenza di un accordo verbale tra le parti per l’esecuzione di opere ulteriori rispetto a quelle preventivate. Ad avviso dei ricorrenti, infatti, tale prova orale non avrebbe potuto essere ammessa in presenza di un documento scritto (il preventivo originario) dal quale emergevano chiaramente i termini degli accordi intercorsi tra le parti. Il diverso e maggiorato preventivo prodotto in atti dall’appaltatore, mai riconosciuto dai ricorrenti, non poteva invece essere oggetto di prova per testimoni. Il primo giudice avrebbe quindi errato nell’ammettere la prova, e la Corte di Appello nel valutarla ai fini della decisione.

La doglianza è inammissibile, in quanto si risolve in una richiesta di riesame nel merito, preclusa in Cassazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv.627790) e non si confronta con il principio per cui sono riservati al giudice di merito, e non utilmente sindacabili in Cassazione, la valutazione della rilevanza e della decisività prove acquisite agli atti del giudizio (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006, Rv.589595: conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014, Rv.631448; Cass. Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13/06/2014, Rv.631330).

Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano l’omessa valutazione del materiale probatorio e il vizio della motivazione della sentenza impugnata, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, perchè la Corte di Appello avrebbe erroneamente considerato le risultanze della prova orale acquisita agli atti del giudizio di merito.

La censura è inammissibile alla luce del criterio di riduzione del sindacato sulla motivazione al cd. minimo costituzionale, posto da Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830). Non si ravvisa infatti alcun profilo di motivazione apparente od omessa, nè di irriducibile contrasto tra le diverse statuizioni contenute nella sentenza impugnata, essendosi il giudice di seconda istanza limitato a far propria, all’esito dell’apprezzamento del materiale istruttorio acquisito agli atti del giudizio, una ricostruzione differente rispetto a quella seguita dal Tribunale. Nè sussistono profili di omesso esame di specifiche circostanze di fatto, posto che il giudice di merito ha valutato l’intera questione controversa, dando atto delle opposte tesi delle parti e delle ragioni per le quali ha ritenuto preferibile dar credito a quella dell’appaltatore. In ogni caso, il ricorrente non ha dedotto specifici profili di omesso esame, ma si è limitato ad una critica del processo deduttivo logico-giuridico seguito dalla Corte territoriale, di talchè la censura si risolve nell’inammissibile proposizione di una lettura alternativa del compendio istruttorio.

In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

Poichè il ricorso per cassazione è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, va dichiarata la sussistenza, ai sensi del Testo Unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dei presupposti per l’obbligo di versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.200 di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali in ragione del 15%, iva e cassa avvocati come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione civile, il 4 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 novembre 2019

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