Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30204 del 22/11/2018

Cassazione civile sez. VI, 22/11/2018, (ud. 23/10/2018, dep. 22/11/2018), n.30204

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18570-2017 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

GIMEL SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato FRANCESCO MARIA

MANTOVANI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 332/8/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di BOLOGNA, depositata il 20/01/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/10/2018 dal Consigliere Dott. GORI PIERPAOLO.

Fatto

RILEVATO

che:

– Con sentenza n. 332/8/17 depositata in data 20 gennaio 2017 la Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna (in seguito, la CTR) accoglieva l’appello proposto dalla Eurosystem srl in liquidazione, ora incorporata nella Gimel srl (in seguito, la contribuente), avverso la sentenza n. 63/10/12 della Commissione tributaria provinciale di Bologna (in seguito, la CTP) che ne aveva respinto il ricorso contro l’avviso di accertamento per II.DD. ed IVA 2007;

– La CTR osservava in particolare che non poteva essere condiviso il giudizio della CTP, posto che la presunzione di cessione di cui al D.P.R. n. 441 del 1997, art. 1, non era applicabile nel caso di specie in considerazione del fatto che, in sede di verifica, si era rinvenuta presso la società contribuente merce in misura eccedente rispetto a quella contabilizzata, non quindi merce in misura inferiore a quella contabilizzata, come appunto previsto in tale disposizione legislativa;

– Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate deducendo un motivo unico;

Resiste con controricorso la contribuente.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– Con l’unico motivo dedotto – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, – l’agenzia fiscale ricorrente denuncia il vizio motivazionale della sentenza impugnata per omesso esame di fatto decisivo controverso, poichè la CTR non ha considerato le risultanze probatorie agli atti (PVC ed accertamento in particolare), dalle quali derivava il presupposto della presunzione di cessione di cui al D.P.R. n. 441 del 1997 sulla quale erano basate le riprese fiscali;

– La censura è infondata. La CTR infatti ha puntualmente affrontato la questione fattuale che, secondo la ricorrente, fonda l’applicabilità della disposizione legislativa evocata, e l’ha risolta negativamente, il giudice tributario di appello infatti ha rilevato che la situazione riscontrata dai verificatori era l’esatto contrario di quella (mancanza di merci contabilizzate) che appunto importa l’applicabilità della presunzione legale de qua;

– Orbene, si tratta di un giudizio di fatto non rivalutabile in questa sede, dal momento che “Il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non da luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (che attribuisce rilievo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio), nè in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132 c.p.c., n. 4, – da rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante” (Cass. 10 giugno 2016 n. 11892);

– In conclusione, il ricorso va rigettato e al rigetto segue il regolamento delle spese di lite secondo soccombenza, liquidate come da dispositivo;

– La Corte da atto che, ai sensi dell’art. 1 comma 17 della legge 24.12.2012 n.228 (legge di stabilità 2013), per effetto del presente provvedimento non sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore contributo unificato di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-bis, testo unico spese di giustizia, in quanto soccombente è la parte difesa dall’Avvocatura dello Stato, ammessa alla prenotazione a debito.

P.Q.M.

La Corte:

rigetta il ricorso;

condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite, liquidate in Euro 5.600,00 per compensi, oltre spese generali 15%, Iva e Cpa.

Così deciso in Roma, il 23 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 22 novembre 2018

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