Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30203 del 20/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 20/11/2019, (ud. 04/07/2019, dep. 20/11/2019), n.30203

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. MARCHEIS BESSO Chiara – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15486-2018 proposto da:

EDIL COMAR SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PANAMA n. 86,

presso lo studio dell’avvocato BARTOCCI VALERIO, che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato FERRARI PIERO;

– ricorrente –

contro

P.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BARNABA

TORTOLINI n. 30, presso lo studio dell’avvocato PLACIDI GIUSEPPE,

rappresentato e difeso dall’avvocato MARANGONI ANNA MARIA RITA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1615/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 29/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

04/07/2019 dal Consigliere Dott. OLIVA STEFANO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione notificato il 14.3.2014 P.F. evocava in giudizio Edil Comar S.r.l. dinanzi il Tribunale di Pavia invocando la declaratoria della legittimità del recesso da egli esercitato in relazione al contratto preliminare di compravendita immobiliare sottoscritto tra le parti in data 4.7.2011 e la condanna della società convenuta, promittente venditrice, al pagamento del doppio della caparra versata dal promissario acquirente. L’attore contestava, in particolare, il mancato rispetto da parte della società convenuta dei termini previsti dal contratto per la consegna del bene.

Si costituiva in giudizio Edil Comar S.r.l. resistendo alla domanda, eccependo la carenza di legittimazione attiva dell’attore, essendo stato il preliminare firmato alla figlia P.S., sia pure con la clausola “in nome e per conto” del padre, e comunque l’inadempimento del promissario acquirente, il quale non aveva provveduto al pagamento degli acconti in conformità a quanto pattuito nel compromesso di vendita.

Con sentenza pubblicata l’8.2.2017 il Tribunale accoglieva la domanda dell’attore condannando la convenuta al pagamento del doppio della caparra e delle spese del grado.

Interponeva appello Edil Comar S.r.l. e si costituiva in seconde cure il P., resistendo al gravame.

Con la sentenza impugnata, n. 1615/2018, la Corte di Appello di Milano accoglieva l’impugnazione, dichiarava risolto il contratto preliminare del 4.7.2011 alla luce dei reciproci inadempimenti, condannava la società appellante alla restituzione della sola caparra a suo tempo ricevuta e compensava le spese di lite.

Propone ricorso per la cassazione di tale decisione Edil Comar S.r.l. in liquidazione affidandosi a due motivi.

Resiste con controricorso P.F..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 91,92 e 336 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perchè la Corte di Appello avrebbe erroneamente disposto la compensazione delle spese di lite, senza tener conto della soccombenza integrale del P.F..

Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c. in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, perchè la Corte di Appello non avrebbe fornito alcuna adeguata motivazione in relazione alla propria decisione di compensare le spese di lite.

I motivi, che per la loro connessione meritano un esame congiunto, sono infondati.

Ed invero, con riferimento al primo di essi, va evidenziato che nel caso di specie non si ravvisa alcuna totale soccombenza del P., posto che la domanda da quegli formulata in prime cure è stata accolta, sia pure in parte, all’esito dell’appello. La Corte territoriale ha infatti ritenuto comunque sussistente l’inadempimento anche della società promittente venditrice e la ha condannata a restituire la caparra a suo tempo ricevuta, ancorchè senza la maggiorazione del duplum invocata dall’originario attore. Di conseguenza, non si configura alcuna violazione del divieto di accollo delle spese a carico della parte risultata integralmente vittoriosa all’esito del giudizio di merito.

Con riferimento invece alla seconda censura, va ribadito che la necessaria indicazione dei giusti motivi posti a fondamento della compensazione era prevista dall’art. 92 c.p.c. nella formulazione modificata dalla L. n. 263 del 2005, art. 2, comma 1, lett. a), (Cass. Sez.6-5, Ordinanza n. 25594 del 12/10/2018, Rv.650982; Cass. Sez. 6-L, Ordinanza n. 12893 del 10/06/2011, Rv.617730). Posto che la causa è iniziata con citazione notificata il 14.3.2014, al presente giudizio si applica invece l’art. 92 nel testo modificato dalla L. n. 69 del 2009, che consente la compensazione totale o parziale delle spese, in caso di accoglimento parziale della domanda, senza necessità di alcuna specifica motivazione (Cass. Sez.3, Ordinanza n. 26918 del 24/10/2018, Rv.651332; Cass. Sez.3, Ordinanza n. 1572 del 23/01/2018, Rv.647583). Rientra infatti nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione circa l’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, tanto nell’ipotesi di soccombenza reciproca, quanto nell’ipotesi di concorso con altri giusti motivi (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 19613 del 04/08/2017, Rv.645187).

In definitiva, il ricorso va rigettato.

Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate coma da dispositivo.

Poichè il ricorso per cassazione è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, va dichiarata la sussistenza, ai sensi del Testo Unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dei presupposti per l’obbligo di versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.200 di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, iva e cassa avvocati come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione civile, il 4 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 novembre 2019

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