Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30200 del 30/12/2011

Cassazione civile sez. I, 30/12/2011, (ud. 10/10/2011, dep. 30/12/2011), n.30200

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FELICETTI Francesco – Presidente –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

N.F.M., elett.te dom.to in Roma via Barberini 86,

presso l’avv.to Croce Marco, rappr.to e difeso dagli avv.ti Mascaro

Antonella e Ciambrone Luigi ((OMISSIS) per

notifiche e comunicazioni), per procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

M.M.;

– intimata –

avverso la sentenza della Corte di appello di Catanzaro, emessa il 30

marzo 2007, depositata il 9 marzo 2007, nella procedura iscritta al

n. 818/06 R.G.;

udita la relazione della causa svolta all’udienza del 10 ottobre 2011

dal Consigliere Dott. Giacinto Bisogni;

udito l’Avvocato Ciambrone per il ricorrente;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DESTRO Carlo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RILEVATO

Che:

1. In data 25 giugno 2004 con decreto depositato il 15 luglio 2004 la Corte di appello di Catanzaro riconosceva a M.M. il diritto alla corresponsione della percentuale dell’indennità di fine rapporto percepita dall’ex coniuge N.F.M. pari ad Euro 9.238,75;

2. Successivamente il N. con ricorso proposto ex art. 342 c.p.c. in data 30 ottobre 2006 avverso il predetto decreto prospettava alla Corte di appello di Catanzaro la circostanza (scoperta nel mese di gennaio del 2006) per cui la M. era passata a nuove nozze già dal mese di marzo del 2004 e chiedeva revocarsi il decreto attributivo del diritto a percepire una quota dell’indennità di fine rapporto;

3. La Corte di appello di Catanzaro ha rilevato che la titolarità dell’assegno divorzile e il mancato passaggio della M. a nuove nozze erano presupposti che sussistevano entrambi al momento della cessazione del rapporto di lavoro, avvenuta nel 2000, per cui il N. aveva percepito l’indennità di fine rapporto, e ha respinto la richiesta del ricorrente;

4. Contro tale pronuncia ricorre per cassazione, con un unico motivo di ricorso, N.F.M. e deduce violazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 per aver la Corte territoriale violato o falsamente applicato la L. n. 898 del 1970, art. 12 bis, aggiunto dalla L. n. 74 del 1937, art. 16, in tema di conseguenza patrimoniale dello scioglimento del matrimonio in riferimento ai requisiti voluti dalla legge;

5. Il ricorrente chiede alla Corte se il diritto dell’ex coniuge, titolare di assegno di divorzio ad ottenere una percentuale dell’indennità percepita dall’altro coniuge all’atto della cessazione del rapporto di lavoro (L. n. 898 del 1970, ex art. 12 bis, aggiunto dalla L. n. 74 del 1987, art. 16) rimanga immodificabile ovvero se sia soggetto a modificazione o estinzione nel caso in cui si verifichi la condizione negativa del mancato passaggio a nuove nozze del coniuge titolare dell’assegno di divorzio, per essersi questi risposato prima dell’emissione del decreto di riconoscimento del precitato diritto ma dopo la proposizione della domanda introduttiva;

6. Il Collegio, riunito in camera di consiglio, ha ritenuto che, nella specie, sia rilevabile d’ufficio la questione relativa alla ammissibilità del ricorso per cassazione avverso un provvedimento emesso ai sensi dell’art. 742 c.p.c. e ha deciso che su tale questione deve potersi esprimere la difesa così come la Procura generale presso la Corte di cassazione. Conseguentemente ha rinviato la causa a nuovo ruolo con assegnazione di termine di venti giorni dalla comunicazione della ordinanza interlocutoria per l’eventuale deposito in Cancelleria di note in relazione alla questione sopra indicata;

7. N.F.M. ha depositato nota autorizzata con la quale ha insistito per l’accoglimento del ricorso;

Diritto

RITENUTO

Che:

8. Il decreto 15 luglio 2004 della Corte di appello di Campobasso era stato emesso in un procedimento contenzioso, avente ad oggetto l’attribuzione di una quota di T.F.R., ai sensi dell’art. 12 bis della legge sul divorzio. Esso aveva quindi valore di sentenza ed era idoneo a passare in giudicato.

9. Si trattava dunque di un provvedimento che non poteva – come ha invece fatto l’odierno ricorrente – essere oggetto di istanza di revoca ai sensi dell’art. 742 c.p.c., norma che riguarda i soli procedimenti di volontaria giurisdizione (inidonei a passare in giudicato) e che si riferisce proprio all’emanazione dei decreti conclusivi di tali procedimenti ma privi del carattere di decisorietà. Il provvedimento poteva invece – ove ne fossero sussistiti i presupposti – essere impugnato con azione di revocazione ai sensi dell’art. 395 c.p.c., nel termine all’uopo previsto.

10. Il ricorso per cassazione proposto dal N. deve quindi ritenersi inammissibile perchè proposto avverso un provvedimento quale quello della Corte di appello di Catanzaro che, avendo pronunciato su un ricorso ex art. 742 c.p.c., è privo del carattere della definitività, è inidoneo a passare in giudicato e quindi non è ricorribile in cassazione (cfr. Cass. civ. n. 21190 del 31 ottobre 2005 secondo cui il decreto con cui la Corte di appello provvede, su reclamo delle parti ex art. 739 c.p.c., alla revisione delle condizioni inerenti ai rapporti patrimoniali fra i coniugi divorziati ed al mantenimento della prole, ha carattere decisorio e definitivo, ed è pertanto ricorribile per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., mentre non può essere modificato o revocato ai sensi dell’art. 742 c.p.c., che si riferisce unicamente ai provvedimenti camerali privi dei predetti caratteri di decisorietà e definitività; ne consegue che un eventuale provvedimento di revoca o modifica del decreto in questione ai sensi dell’art. 742 c.p.c. deve ritenersi privo di effetti giuridici, in quanto emanato dal giudice in carenza assoluta di potere giurisdizionale, e non è quindi impugnabile con ricorso per cassazione ex art. 111 Cost.).

11. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile senza alcuna statuizione sulle spese.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2011

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