Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30189 del 20/11/2019

Cassazione civile sez. I, 20/11/2019, (ud. 09/07/2019, dep. 20/11/2019), n.30189

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1962/2014 proposto da:

Deutsche Bank Ag London, in persona dei procuratori speciali e legali

rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma,

Piazza Del Popolo, 18, presso lo studio dell’avvocato Arossa

Fabrizio Fabio, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

Castellani Enrico, giusta procura in atti;

– ricorrente –

contro

Fallimento (OMISSIS) s.p.a., in persona dei curatori fallimentari

C.G., G.T., elettivamente domiciliato in Roma,

Lungotevere Dei Mellini 24, presso lo studio dell’avvocato Nicoletti

Alessandro, rappresentato e difeso dall’avvocato Tedeschi Guido

Uberto, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente incidentale –

e contro

Rfi Rete Ferroviaria Italiana s.p.a., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via

Emilia 88, presso lo studio dell’avvocato Vinti Stefano, che la

rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

Consorzio Cepav Uno, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Barberini, 12,

presso lo studio dell’avvocato Grassi Stefano, che lo rappresenta e

difende unitamente agli avvocati Damone Luigi, Sanalitro Jacopo,

giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente incidentale –

e contro

Deutsche Bank Ag London, in persona dei procuratori speciali e legali

rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma,

Piazza Del Popolo, 18, presso lo studio dell’avvocato Arossa

Fabrizio Fabio, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

Castellani Enrico, giusta procura in atti;

– controricorrente –

e contro

Fallimento (OMISSIS) s.p.a., in persona dei curatori fallimentari

C.G., Thomas Gardelli, elettivamente domiciliato in Roma,

Lungotevere Dei Mellini, 24, presso lo studio dell’avvocato

Nicoletti Alessandro, rappresentato e difeso dall’avvocato Tedeschi

Guido Uberto, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso il provvedimento n. 865/2013 della CORTE D’APPELLO di

BOLOGNA, depositata il 13/06/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/07/2019 da Dott. DE MARZO GIUSEPPE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

RENZIS LUISA, che ha concluso per il rigetto di tutti i ricorsi per

difetto di legittimazione;

udito l’Avvocato Enrico Castellani per il ricorrente principale, che

ha chiesto l’accoglimento del proprio ricorso principale;

udito l’Avvocato Alessandro Nicoletti con delega per il Fall.to

(OMISSIS), che ha chiesto l’accoglimento del proprio ricorso

incidentale;

udito l’Avvocato Jacopo Sanalitro e Luigi Damone per il Consorzio

Cepav, che ha chiesto l’accoglimento del proprio ricorso incidentale

e rigetto del ricorso principale;

udito l’Avvocato Corinna Fedeli con delega per la Rete Ferroviaria

Italiana, che ha chiesto il rigetto del ricorso principale e del

ricorso incidentale.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza depositata il 13 giugno 2013 la Corte d’appello di Bologna, decidendo in relazione a due procedimenti riuniti, aventi ad oggetto la determinazione dell’indennità di esproprio e scaturenti dalle domande proposte, rispettivamente dalla destinataria del provvedimento ablativo, la (OMISSIS) s.p.a. (d’ora innanzi, la (OMISSIS)), nei confronti del Consorzio Cepav Uno – Consorzio Eni per l’alta velocità (d’ora innanzi, Cepav) e della Treno Alta Velocità T.A.V. s.p.a. (d’ora innanzi, Tav), e dal Cepav nei confronti della (OMISSIS) e della Tav: a) ha dichiarato la legittimazione passiva della Tav; b) ha rigettato le opposizioni alla stima; c) ha determinato l’indennità di occupazione temporanea nella misura degli interessi legali sull’indennità finale d’esproprio liquidata dalla commissione provinciale, ordinandone il deposito presso la Cassa Depositi e Prestiti; d) ha ordinato il deposito anche degli interessi legali sulle indennità d’esproprio e di occupazione legittima con decorrenza dalla data della domanda di (OMISSIS); e) ha compensato integralmente le spese del processo.

2. Per quanto ancora rileva, la Corte territoriale ha osservato: a) che la delega a Cepav aveva attribuito a quest’ultimo il potere di agire in nome e per conto di Tav, con la conseguenza che era inidonea a costituire un rapporto diretto tra il primo, mandatario, e la società espropriata; b) che doveva ritenersi sussistente, nella specie, un’espropriazione parziale, dal momento che, attraverso la relazione della consulenza tecnica d’ufficio e le valutazioni espresse dalla commissione provinciale, era emerso che il provvedimento ablatorio aveva privato l’ampio insediamento industriale della (OMISSIS) di un’area funzionale al movimento dei veicoli e lo aveva esposto all’opera pubblica, con le relative interferenze; e) che, in particolare, l’espropriazione aveva comportato la limitazione della edificabilità dell’area e, in conseguenza, delle prospettive di espansione dell’insediamento; d) che la stima doveva essere correlata alla data del decreto d’esproprio e doveva tener conto della condizione giuridica e di fatto del bene, al momento dell’apposizione del vincolo, risalente al 1997, quando il Comune aveva recepito con proprie delibere le decisioni assunte nelle conferenze di servizi in cui era stato approvato il progetto del tracciato della linea ferroviaria; e) che la natura particolareggiata del progetto e l’interessamento specifico della proprietà della (OMISSIS) comportavano la natura espropriativa del vincolo, che aveva limitato le potenzialità edificatorie derivanti dalla classificazione del piano regolatore generale; f) che i vincoli dovuti alla vicinanza della linea ferroviaria avevano limitato l’edificabilità della parte non espropriata, senza, tuttavia, far sorgere il diritto della (OMISSIS) a conseguire un indennizzo correlato ai maggiori costi di costruzione e gestione imposti dallo sviluppo verticale, anzichè orizzontale, del successivo ampliamento dello stabilimento; g) che, infatti, i parametri di liquidazione adoperati dalla commissione provinciale erano più rispettosi della L. n. 2359 del 1865, artt. 40 e 43 in quanto avevano ancorato la stima non ad opinabili esigenze di sviluppo aziendale e produttivo, ma alle condizioni materiali e giuridiche del bene prima dell’imposizione del vincolo finalizzato all’espropriazione, “per poi fare la differenza fra il prima e il dopo”; h) che, alla stregua delle condizioni riferite a siffatto momento, l’immobile era edificabile in relazione all’indice individuato dalla commissione e dal consulente d’ufficio, con la conseguenza che legittimamente il calcolo differenziale era stato operato avendo riguardo all’allora possibile ampliamento orizzontale; i) che, in definitiva, era stato in tal modo “evitato il rischio dell’opportunismo dei milionari interventi di fine anni ‘90”; I) che la determinazione del valore del bene rimasto a (OMISSIS) dopo l’esproprio aveva considerato vari fattori di deprezzamento, pari nel complesso, ad una percentuale del 13%, comprensiva del sacrificio dell’edificabilità originaria con le relative limitazioni delle prospettive di espansione; m) che il calcolo della commissione era convincente anche grazie alla ragionata esplicazione dei fattori in rapporto alla natura del bene e alle specificità del suo invecchiamento, del suo mercato e dei dati di comparazione; n) che la stima del valore a metro quadro della commissione era da preferirsi in quanto ancorata ad un recente rogito di comparazione, con il quale la (OMISSIS) si era resa acquirente di beni vicini; o) che l’indennità di occupazione legittima, non essendo applicabile il D.P.R. n. 327 del 2001, doveva essere determinata avendo riguardo agli interessi legali sulla indennità d’esproprio; p) che, infine, venendo in rilievo debiti di valuta, non era dovuta la rivalutazione monetaria, ma i soli interessi legali, con decorrenza dalla prima domanda proposta dalla (OMISSIS).

3. Avverso tale sentenza la Deutsche Bank AG London, nella qualità di cessionaria del credito avente ad oggetto l’indennità di espropriazione e quella di occupazione, ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. Il curatore del fallimento della (OMISSIS) ha depositato controricorso e ha proposto ricorso incidentale, affidato a due motivi. Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. (d’ora innanzi, RFI), società incorporante di Tav ha depositato controricorso. Cepav ha resistito con controricorso e proposto ricorso incidentale affidato a quattro motivi, cui hanno resistito con controricorso Deutsche Bank AG London e il curatore del fallimento della (OMISSIS).

Sono state depositate memorie, ai sensi dell’art. 378 c.p.c., nell’interesse della Deutsche Bank AG London, del Cepav e del curatore del fallimento (OMISSIS).

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Prima di esaminare il ricorso di Deutsche Bank AG London e della curatela del fallimento della (OMISSIS), si rileva che la prima si qualifica successore a titolo particolare di (OMISSIS), per gli effetti di cui all’art. 111 c.p.c., essendosi resa cessionaria pro soluto, sino alla concorrenza di nove milioni di Euro, oltre interessi e accessori maturati da tale data, del credito della (OMISSIS), avente ad oggetto le indennità di espropriazione e di occupazione.

La curatela, dal canto suo, osserva che, in ogni caso, che l’indicato limite della cessione giustifica la propria legittimazione, dal momento che il valore della causa è indicato in 21.196.328,72 Euro.

In relazione a tale situazione, osserva la Corte che le questioni di difetto parziale di legittimazione sollevate dai controricorrenti non sono fondate, in quanto la legittimazione all’impugnazione è, nelle ipotesi in esame, concorrente.

Questa Corte ha da tempo ritenuto, infatti, che, nel caso di successione a titolo particolare nel diritto controverso dopo la pronuncia della sentenza di primo grado, e prima della scadenza del termine per la impugnazione, il dante causa non perde nessun potere processuale, con la conseguenza che la impugnazione della sentenza spetta in ogni caso alla parte originaria, nei cui confronti essa è stata pronunciata, salva la legittimazione, concorrente e non sostitutiva, del successore a titolo particolare (Cass. 11 maggio 2000, n. 6038).

2. Ciò posto, con il primo motivo di ricorso sia della Deutsche Bank AG London che della curatela, esaminabili congiuntamente per la loro stretta connessione, si lamentano violazione e falsa applicazione della L. n. 2359 del 1865, artt. 50,51,40 e 43 nonchè omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti. Premesso che, in caso di espropriazione parziale, l’indennità deve coprire l’integralità del pregiudizio e che, rispetto a tale fine, il criterio del calcolo differenziale non è vincolante, potendo il giudice anche aggiungere al valore dell’area espropriata l’ammontare di spese e oneri che gravano su quella residua, riducendone il valore, si osserva: a) che l’ammontare dell’indennità deve essere determinato con riferimento alla situazione in essere al momento dell’adozione del decreto di esproprio, con la sola esclusione delle opere eseguite allo scopo di conseguire una indennità maggiore (tali dovendosi considerare, ai sensi L. n. 2359 del 1865, art. 43, comma 2, quelle la cui esecuzione sia stata intrapresa, dopo la pubblicazione dell’avviso di deposito del piano particolareggiato, sui fondi in esso segnati tra quelli da espropriare); b) che, al contrario, la sentenza impugnata, nel calcolo del valore base dell’immobile oggetto di esproprio parziale, in relazione al quale applicare il coefficiente di riduzione, non aveva tenuto presente il valore dell’ampliamento in verticale dello stabilimento nel frattempo effettuato prima dell’emanazione del decreto di esproprio, in tal modo operando la stima con riferimento ad un momento diverso – anteriore all’imposizione del vincolo – rispetto a quello nel quale si era perfezionata la vicenda ablativa; c) che, ancora, la medesima sentenza non aveva tenuto conto dei maggiori costì resisi necessari per realizzare in verticale l’ampliamento dello stabilimento, ossia un’opera pacificamente eseguita prima del deposito del piano particolareggiato di esecuzione.

Le parti ricorrenti aggiungono: a) che l’adesione della Corte territoriale alla valutazione espressa dalla commissione – oltre a non essere sorretta da adeguato impianto motivazionale – aveva finito per escludere anche i costi dell’ampliamento in orizzontale dell’impianto; b) che, in ogni caso, avere escluso i costi di ampliamento verticale, ritenendoli espressione di opinabili esigenze di sviluppo aziendale, era palesemente contrario alla legge, che esclude l’indennizzabilità delle opere realizzate al solo fine di conseguire una indennità maggiore; c) che, al contrario, l’ampliamento verticale era stato necessitato dall’imposizione del vincolo espropriativo.

La doglianza è infondata.

Va premesso che la liquidazione dell’indennità per l’espropriazione parziale è commisurata alla differenza tra il giusto prezzo dell’immobile prima dell’esproprio e il giusto prezzo della parte residua dopo l’esproprio stesso, dovendo tenersi conto, oltre che del valore della porzione ablata, anche del decremento della parte di fondo residuata all’espropriazione (v., ad es., Cass. 3 novembre 2017, n. 26243).

Ciò posto, il criterio di stima differenziale, previsto dalla L. n. 2359 del 1865, art. 40 (recepito dal D.Lgs. n. 327 del 2001), è rivolto a garantire che l’indennità di espropriazione riguardi l’intera diminuzione patrimoniale subita dal soggetto passivo del provvedimento ablativo e, quindi, anche il deprezzamento subito dalle parti residue del bene espropriato. Tale risultato può essere conseguito detraendo dal valore venale che l’intero cespite aveva prima dell’esproprio il valore successivamente attribuibile alla parte residua (non espropriata), oppure accertando e calcolando detta diminuzione di valore, anzichè attraverso tale comparazione diretta, mediante il computo delle singole perdite, ovvero aggiungendo al valore dell’area espropriata quello delle spese e degli oneri che, incidendo sulla parte residua, ne riducono il valore (Cass. 18 novembre 2011, n. 24304).

Da tale premessa, non discendono le conseguenze auspicate dalla ricorrente principale e dalla ricorrente incidentale (OMISSIS), dal momento che, nel quadro dei sopra ricordati criteri, legittimamente il giudice di merito ha fatto riferimento a quello del valore differenziale, avendo riguardo alla data del decreto d’esproprio.

Il riferimento sintetico nella sentenza impugnata al momento dell’apposizione del vincolo è evidentemente strumentale non ad alterare il criterio cronologico di determinazione dei valori (che ha esplicitamente riguardo al momento dell’esproprio), ma ad illustrare le ragioni della ritenuta natura espropriativa (e non conformativa) del vincolo medesimo.

Le modalità poi di individuazione di siffatta differenza di valore attengono al merito della stima e la ritenuta recessività dei dati valorizzati dai menzionati ricorrenti non integra l’omesso esame di un fatto decisivo di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ma solo una valutazione divergente da quella auspicata.

3. Con il secondo motivo di entrambi i ricorsi si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 1224 c.c., comma 2, e dell’art. 1 del Protocollo I della Convenzione dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, per avere la Corte territoriale escluso la rivalutazione richiesta a titolo di maggior danno, in ragione del pregiudizio sofferto per i maggiori oneri finanziari derivati dal ritardato pagamento.

Sotto distinto profilo, la ricorrente prospetta la rivisitazione del tradizionale orientamento che qualifica le obbligazioni indennitarie delle quali si tratta come debiti di valuta, alla luce della funzione pacificamente risarcitoria del ristoro previsto dal legislatore in caso di occupazione e di ablazione dei beni, la cui determinazione richiede il ricorso a criteri non certi o prestabiliti.

Con riguardo alla seconda articolazione – logicamente preliminare – si osserva che la consolidata giurisprudenza di questa Corte ritiene le obbligazioni di pagare l’indennità di espropriazione e di occupazione legittima debiti di valuta e non di valore (Cass. 18 agosto 2017, n. 20178).

Quanto alla prima articolazione, essa è inammissibile dal momento che non indica l’obiettivo fondamento processuale che dimostrerebbe il ricorso al credito bancario nè indica i dati rilevanti dello stesso, nè, infine, il momento in cui tali profili sarebbero stati ritualmente e tempestivamente introdotti nel processo.

4. Con il primo motivo del ricorso incidentale di Cepav si lamenta violazione e falsa applicazione del D.L. n. 33 del 1992, art. 5 bis conv. con L. n. 359 del 1992, nonchè della L. n. 2359 del 1865, art. 40 e D.P.R. n. 753 del 1980, art. 49 rilevando che l’ampliamento orizzontale dello stabilimento era stato impedito non dall’espropriazione, ma dal vincolo conformativo discendente dalla variante al piano regolatore generale, attuato con la Delib. consiglio comunale di Sorbello 31 luglio 1997, n. 37 di ratifica dell’atto di assenso espresso sul progetto esecutivo nella conferenza dei servizi del 23 luglio 1997. Si sostiene che, anche se l’area non fosse stata espropriata, la previsione della linea ferroviaria avrebbe comunque impedito qualunque edificazione sul terreno di proprietà della (OMISSIS) ricadente nella fascia di rispetto.

Il motivo è infondato.

In linea generale, infatti, la giurisprudenza di questa Corte ritiene rilevante il pregiudizio economico sofferto dalla parte residua per effetto della creazione o dell’avanzamento di una fascia di rispetto (proprio per quest’ultima ipotesi, v., in motivazione, Cass. 17 dicembre 2012, n. 23210), dal momento che l’inedificabilità prevista per tale fascia comporta un evidentemente deprezzamento per quella residua.

5. Con il secondo motivo dello stesso ricorso incidentale si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., nonchè omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione, per avere la Corte territoriale omesso di valutare il fatto, evidenziato da Cepav sin dagli atti introduttivi del giudizio, che la deroga ottenuta, ai sensi del D.P.R. n. 753 del 1980, art. 49 da (OMISSIS) per la costruzione dell’impianto in verticale aveva comportato la rinuncia a qualsiasi indennizzo derivante dalla presenza dell’opera.

La critica è infondata, per l’assorbente ragione che la rinuncia alla richiesta di risarcimenti “per danni ed inconvenienti di qualsiasi natura, diretti e indiretti, causati o temuti… che possano ricondursi alle funzioni che caratterizzano l’esercizio ferroviario di futura istituzione” (in questi termini il solo brano riprodotto in ricorso), ha letterale e non equivoco riguardo ai pregiudizi che sarebbero potuti derivare dal “futuro” esercizio dell’attività ferroviaria e non dalla “attuale” esistenza della fascia di rispetto.

6. Con il terzo motivo dello stesso ricorso incidentale si lamenta: violazione e falsa applicazione della L. n. 2359 del 1865, artt. 40 e 43; violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c.; omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte territoriale, senza impegnarsi nel dimostrare i presupposti oggettivi dell’espropriazione parziale, recepito la stima formulata dalla commissione provinciale, calcolando il deprezzamento della porzione residua nella indimostrata percentuale del 13%, applicata non sul valore dell’immobile ma su quello – peraltro errato dell’azienda.

Il motivo è inammissibile.

La Corte territoriale ha razionalmente affrontato il tema dei presupposti dell’espropriazione parziale, sottolineando la circostanza che l’ampio insediamento industriale era stato privato, per effetto del procedimento ablativo, di una parte funzionale al movimento di mezzi ed era stato esposto alle conseguenze derivanti dalla interferenza con l’opera pubblica.

Da tale angolo visuale, la critica è di assoluta genericità.

Quanto ai profili che censurano i parametri di valutazione, la doglianza ricade negli stessi limiti evidenziati supra, a proposito del primo motivo del ricorso principale e del ricorso incidentale Cepav, in quanto, nella sostanza, aspira ad una rivisitazione degli apprezzamenti di merito.

7. Con il quarto motivo dello stesso ricorso incidentale si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 112,163 e 183 c.p.c., per avere la Corte territoriale riconosciuto, in favore di (OMISSIS), l’indennità di occupazione legittima, che non era mai stata oggetto di domanda giudiziale.

La critica è infondata, giacchè l’oggetto della domanda di (OMISSIS), ancorchè identificato con il sostantivo singolare, è stato rettamente inteso dalla Corte d’appello, in quanto la richiesta criticava il contenuto dell’offerta del Consorzio, che riguardava “l’indennità complessiva” che, nella stessa comunicazione di quest’ultimo, veniva descritta come “comprensiva di quella d’occupazione d’urgenza”.

In sostanza si trattava di una espressione sintetica che, tuttavia, era inequivocamente diretta a coprire le due voci indennitarie.

8. In conclusione, sia il ricorso principale che i ricorsi incidentali vanno rigettati.

La reciproca soccombenza giustifica la compensazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

Rigetta il ricorso principale e i ricorsi incidentali. Compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e dei ricorrenti incidentali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e quelli incidentali, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 9 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 novembre 2019

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