Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30187 del 15/12/2017


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 30187 Anno 2017
Presidente: CHINDEMI DOMENICO
Relatore: STALLA GIACOMO MARIA

ORDINANZA

sul ricorso 21435-2013 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente contro

FIDIA SRL, MODELLI PAOLA, GUERZI ENRICO, GUERZI ELISA,
elettivamente domiciliati in ROMA VIA F. DENZA 20,
presso

lo

rappresentati

studio
e

dell’avvocato

difesi

LAURA

dall’avvocato

ROSA,

CHRISTIAN

CALI FANO;

controricorrenti

avverso la sentenza n. 10/2013 della COMM.TRIB.REG. di

Data pubblicazione: 15/12/2017

BOLOGNA, depositata 1’08/02/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 08/11/2017 dal Consigliere Dott. GIACOMO

MARIA STALLA.

Rilevato che:
§ 1. L’agenzia delle entrate propone due motivi di ricorso per la cassazione
della sentenza n.10/20/13 dell’8 febbraio 2013 con la quale la commissione
tributaria regionale dell’Emilia Romagna, in riforma della prima decisione,
ha ritenuto illegittimi gli avvisi di liquidazione, e relative cartelle, notificati
a Fidia srl ed agli eredi di Maurizio Guerzi con riguardo all’atto 13 dicembre
2007 con il quale quest’ultimo aveva venduto a Fidia Sri la quota di

il corrispettivo di euro 1.614.900,00.
La commissione tributaria regionale, per quanto qui rileva, ha ritenuto
che l’evidente divergenza tra il valore attribuito alla quota così alienata, e
quello invece attribuito dalle parti (euro 1.714.900,00) alla ben minor
quota di comproprietà (366/1000) del medesimo immobile
contestualmente venduto dal Guerzi a tal Diego Cusumano, non fosse
suscettibile di ripresa a tassazione. Ciò perché le due porzioni immobiliari,
ancorché ubicate nello stesso sito, presentavano caratteri quantitativi e
qualitativi differenti; posto che la quota venduta al Cusumano (il cui prezzo
era stato determinato con contratto preliminare del 9 novembre 2007) era
stata fatta oggetto di sensibili miglioramenti rispetto alla quota venduta
alla Fidia srl (dedotta in un contratto preliminare risalente al 26 ottobre
2006, e sottoposto a condizione risolutiva dell’ottenimento delle
concessioni edilizie di ristrutturazione ed ampliamento). Sicchè il valore
della quota venduta al Cusumano non poteva fungere da valido elemento di
comparazione per il valore attribuibile alla quota venduta alla Fidia srl.
Fidia srl e gli eredi Guerzi resistono con controricorso e memoria.

§ 2.1 Con il primo motivo di ricorso si lamenta – ex art.360, 1^ co. n. 3
cod.proc.civ. – violazione e falsa applicazione degli articoli 43, 51 e 52
d.P.R. 131/86, nonché 1100 seguenti cod.civ. Per avere la commissione
tributaria regionale omesso di considerare che, ai sensi della normativa
tributaria citata, rilevava il valore venale attribuibile all’immobile alla data
del trasferimento, allorquando il valore attribuibile alla quota di
comproprietà venduta a Fidia ben poteva trovare comparazione, trattandosi
di quote indivise dello stesso immobile, nel valore attribuito dalle parti alla
quota di comproprietà veduta al Cusumano. Da qui derivava la legittimità

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Ric.n.21435/13 rg. – Adunanza in cam.cons. dell’8 novembre 2017

comproprietà di 634/1000 di un fabbricato ad uso abitativo in Bologna, per

dell’accertamento, il quale si era limitato a proporzionalmente attribuire
alla quota Fidia lo stesso valore attribuito (dalle parti) alla quota
Cusumano.
Con il

secondo motivo

di ricorso l’agenzia delle entrate lamenta

insufficiente e contraddittoria motivazione e, comunque, ‘omesso esame di
un fatto decisivo’ (secondo quanto disposto dalla nuova formulazione ex
art.360, 1^ co. n. 5 cod.proc.civ.). Per avere la commissione tributaria

valori stabiliti nei due contratti preliminari, salvo poi contraddittoriamente
trarre argomento di congruità del valore dichiarato dalle parti proprio nel
divario quantitativo e qualitativo asseritamente intervenuto, tra le due
quote, nell’arco temporale intercorso tra il preliminare e l’atto definitivo. In
ogni caso, la commissione tributaria regionale aveva omesso di considerare
che si verteva, nella specie, di quote di un immobile indiviso le quali non
potevano che rappresentare proporzionalmente un medesimo valore.
§ 2.2 E’ fondato, con effetto assorbente della seconda censura, il primo
motivo di ricorso.
In base all’articolo 43, primo comma, lettera a) d.P.R. 131/86, per i
contratti traslativi di diritti reali la base imponibile ai fini dell’imposta di
registro è costituita dal valore venale del bene al momento dell’atto
sottoposto a registrazione. Tale valore può essere determinato, con
riguardo ai beni immobili, con metodo comparativo riferito ad analoghi atti
traslativi intercorsi nel triennio precedente; con ricorso altresì ad ogni altro
elemento utile di valutazione (art.51 3^ co. d.P.R. 131/86).
L’avviso di accertamento in oggetto, contrariamente a quanto affermato
dalla commissione tributaria regionale, poteva dunque legittimamente
avvalersi – quale atto di comparazione – del trasferimento della quota
Cusumano, e del valore dalle parti ad essa attribuito.
Tale metodologia risultava anzi del tutto razionale e confacente ad una
fattispecie nella quale la quota oggetto di rettifica veniva venduta
contestualmente all’altra, insistendo del resto (a parte taluni cespiti
secondari ed accessori non oggetto di accertamento) su un medesimo
compendio immobiliare indiviso.

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Ric.n.21435/13 rg. – Adunanza in cam.cons. dell’8 novembre 2017

regionale, da un lato, correttamente affermato l’irrilevanza estimativa dei

Si trattava, pertanto, di un elemento di comparazione addirittura
privilegiato per l’identità della parte venditrice, dell’immobile e del
momento traslativo.
La decisione qui censurata si pone dunque in conflitto con la disciplina
legislativa di determinazione del valore venale dell’immobile dedotto
dell’atto traslativo assoggettato a registro; segnatamente là dove ha posto
a sostegno dell’illegittimità dell’avviso di rettifica elementi di

preliminari (sempre con riguardo all’intero immobile), ma non più tali al
momento dell’atto definitivo di trasferimento (unico momento da
assumere, come detto, a discrimine temporale dirimente per l’applicazione
dell’imposta); allorquando lo stato di fatto e di diritto nel quale l’immobile
veniva venduto non ammetteva scissioni sulla base, non già di porzioni
distinte, ma soltanto di quote indivise.
Si tratta infatti di una diversificazione valutativa che non può essere
condivisa non soltanto sul piano strettamente temporale, ma anche su
quello dell’oggetto del trasferimento. Nel senso che il giudice di merito ha
evidenziato la differenza tra la porzione dedotta nel preliminare Cusumano
e quella dedotta nel preliminare Fidia, assumendo che quest’ultimo
(antecedente di oltre un anno) era stato stipulato allorquando la porzione
immobiliare risultava priva dei permessi di costruire (tanto da venire
sottoposto a condizione risolutiva del loro rilascio); e, inoltre, quando
ancora non erano state realizzate né opere incrementative di
ristrutturazione, né interventi di urbanizzazione primaria e secondaria
(realizzazioni, queste, invece tutte presenti nel momento in cui venne
stipulata la promessa di vendita Cusumano).
Questo ragionamento non dà però conto del fatto che – come è pacifico
in causa – le due quote ebbero ad oggetto un immobile indiviso: “diritto di

comproprietà del fabbricato di vecchia costruzione ad uso abitativo, da
cielo a terra, disposto su quattro livelli (interrato, terra, primo e sottotetto)
sito in via Bel/ombra 18” a Bologna; come tale identificato con gli stessi
estremi catastali.
Su tale presupposto, un’eventuale divergenza di valore poteva concepirsi
con riguardo alla differente appetibilità commerciale suscitata da tale

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Ric.n.21435/13 rg. – Adunanza in cam.cons. dell’8 novembre 2017

diversificazione valutativa fors’anche esistenti al momento dei contratti

immobile in occasione dei due – distanziati – contratti preliminari; non
anche, però, con riferimento alla data dell’atto definitivo di vendita.
Allorquando il valore delle due quote non poteva che esprimere la
ripartizione del medesimo ed unitario valore venale dell’intero immobile.
Sicchè la diversificazione operata dal giudice di merito non poteva
giustificarsi sulla base di una diversa connotazione fattuale ed estimativa di
porzioni distinte quanto, al più, in ragione del diverso apprezzamento

in un momento che si è visto essere irrilevante ai fini della determinazione
della base imponibile. Né doveva risultare influente, ai fini di causa, che il
prezzo indicato nel definitivo non potesse che rispecchiare, nel rapporto
interno tra le parti stipulanti, quello già indicato nel preliminare; posto che
l’amministrazione finanziaria, soggetto terzo rispetto a quel rapporto, era
comunque tenuta a commisurare l’imposta al prezzo dichiarato dalle parti
solo se, ed in quanto, effettivamente corrispondente al valore venale del
bene al momento del trasferimento.
Da ciò deriva che del tutto legittimo era il criterio posto
dall’amministrazione finanziaria a motivato fondamento dell’avviso di
rettifica e liquidazione, così indicato: “si è preso a riferimento lo stesso
atto, in considerazione del fatto che per l’acquisto del diritto di
comproprietà nella misura di 366/1000 è stato dichiarato un corrispettivo
di euro 1.714.900,00, mentre per l’acquisto del diritto di comproprietà nella
misura di 634/1000, è stato dichiarato un corrispettivo inferiore, pari ad
euro 1.614.900,00 benché, rispetto al primo, quest’ultimo diritto sia
superiore di oltre il 40%”.
Si trattava infatti di un criterio conforme a quanto disposto dagli articoli
51 e 52 d.P.R. 131/86, dal momento che – alla data della vendita l’incremento di valore derivante dal interventi edilizi di miglioramento e di
ampliamento di superficie non potevano che riverberarsi, stante il carattere
indiviso delle quote di comproprietà trasferite, sull’immobile considerato
nella sua unitarietà; così da poter essere correttamente ripartito sulle due
vendite sulla base del solo criterio proporzionale di quota-parte.
Il ricorso va dunque accolto, con la cassazione della sentenza impugnata.

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Ric.n.21435/13 rg. – Adunanza in cam.cons. deli’8 novembre 2017

attribuibile all’ (intero) immobile alle date dei contratti preliminari; dunque,

Poiché non sono necessari ulteriori accertamenti in fatto, né sono state
dedotte altre questioni controverse, sussistono

i

presupposti per la

decisione nel merito ex art.384 cod.proc.civ., mediante rigetto dei ricorsi
introduttivi riuniti della parte contribuente.
Le spese del presente giudizio di legittimità vengono poste a carico
dei controricorrenti in ragione di soccombenza; compensate le spese dei
gradi di merito.

La Corte

accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo;

cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito ex
art.384 cod.proc.civ., respinge i ricorsi introduttivi riuniti di
parte contribuente;

pone le spese del presente giudizio di legittimità a carico di
quest’ultima, liquidate in euro 7.800,00 oltre spese prenotate a
debito; compensa le spese del giudizio di merito.

Così deciso nella camera di consiglio della quinta sezione civile in data
8 novembre 2017.

Pqm

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