Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30185 del 15/12/2017


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 30185 Anno 2017
Presidente: CHINDEMI DOMENICO
Relatore: STALLA GIACOMO MARIA

ORDINANZA
sul ricorso 4242-2013 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente contro

MAYA SRL, elettivamente domiciliato in ROMA P.ZA COLA
2017
2690

DI RIENZO 92, presso lo studio dell’avvocato
ELISABETTA NARDONE, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato GIOVANNI PATTAY;

controricorrente

avverso la sentenza n. 29/2011 della COMM.TRIB.REG. di
GENOVA, depositata il 27/12/2011;

Data pubblicazione: 15/12/2017

udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 08/11/2017 dal Consigliere Dott. GIACOMO
MARIA STALLA;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero in
persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ricorso.

UMBERTO DE AUGUSTINIS che ha chiesto il rigetto del

Rilevato che:
§ 1.

L’agenzia delle entrate propone un motivo di ricorso per la cassazione

della sentenza n. 29 del 27 dicembre 2011 con la quale la commissione
tributaria regionale della Liguria, in riforma della prima decisione, ha
ritenuto illegittimo l’avviso di rettifica e liquidazione per imposta di registro
notificato a Maya Sri in relazione all’atto 16 aprile 2003, con il quale
quest’ultima aveva acquistato un fabbricato ad uso albergo, con terreno

299.000,00) risultante dal criterio automatico del moltiplicatore della
rendita catastale, ex art. 52, 4^ co., d.P.R. 131/86.
La commissione tributaria regionale, in particolare, ha ritenuto illegittima
la rettifica di valore (euro 620.000,00) operata dall’amministrazione
finanziaria in ragione del mutamento di destinazione d’uso del fabbricato
(da albergo a residenza per anziani), posto che il valore dichiarato
corrispondeva alla rendita catastale attribuita all’immobile al momento del
trasferimento, con conseguente preclusione legale di rettifica; né tale
valore poteva essere disatteso, in assenza di effettiva e già attuata
modificazione del fabbricato, per il solo fatto che in relazione a quest’ultimo
fosse stata rilasciata, poco prima del trasferimento, concessione edilizia per
lavori di ristrutturazione ed ampliamento.
Resiste con controricorso Maya srl, la quale eccepisce preliminarmente la
tardività del ricorso per cassazione, in quanto non proposto nel termine
‘lungo’ di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza di appello.
Il Procuratore Generale ha concluso per il rigetto del ricorso.
§ 2.

L’eccezione di tardività così proposta è infondata.

Il termine lungo dimezzato di sei mesi per la proposizione
dell’impugnazione, come introdotto dall’art. 327 cod. proc. civ., modificato
dall’art. 46 della legge 18 giugno 2009, n. 69, opera infatti per i soli giudizi
instaurati – in primo grado – dopo la sua entrata in vigore (4 luglio 2009); il
necessario riferimento alla data di introduzione del giudizio ‘in primo grado’
rende, per ciò solo, del tutto ininfluente il momento dell’instaurazione delle
successive fasi o gradi del giudizio medesimo (Cass. 15741/13; 19969/15;
20102/16).

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Ric.n.4242/13 rg. – Adunanza in cam.cons. delr8 novembre 2017

circostante; fabbricato al quale era stato dalle parti attribuito il valore (euro

Nel caso di specie (giudizio introdotto in primo grado il 7 aprile 2003,
mediante notificazione del ricorso in opposizione all’avviso di rettifica e
liquidazione) era dunque ancora applicabile, per la proposizione del ricorso
per cassazione, il termine lungo di un anno dalla pubblicazione della
sentenza impugnata, oltre sospensione feriale; termine qui rispettato
(ricorso notificato il 31 gennaio 2013).

§ 3.1 Con l’unico motivo di ricorso l’agenzia delle entrate lamenta – ex

dell’articolo 52, quarto comma, d.P.R. 131/86 (anche in relazione al divieto
di abuso del diritto in materia fiscale). Per non avere la commissione
tributaria regionale considerato che, nel caso di specie, l’atto di
compravendita era stato stipulato quando la concessione edilizia era già
stata ottenuta dal proprietario; il che costituiva elemento sufficiente ad
incrementare il valore dell’immobile, ed a rendere inadeguata la rendita
catastale utilizzata in applicazione del criterio automatico. Rendita catastale
che, infatti, era stata successivamente variata in conformità alla
destinazione d’uso ‘casa di riposo’ (cl.D4).

§ 3.2 II motivo è infondato.
L’adozione del criterio di determinazione automatica del valore
dell’immobile, ex articolo 52, quarto comma, d.P.R. 131/86, stabilisce un
limite al potere di accertamento dell’amministrazione finanziaria. Tale limite
trova la sua giustificazione nella presunzione legale di corrispondenza del
valore dichiarato dalle parti, in applicazione dei criteri catastali, a quello
venale.
Presupposto per l’applicazione di tale criterio è che la rendita catastale
attribuita sia conforme allo stato di fatto dell’immobile al momento dell’atto
sottoposto a registrazione. Infatti, allorquando la situazione di fatto
dell’immobile sia mutata rispetto a quella considerata ai fini
dell’attribuzione della rendita catastale, la suddetta presunzione di
conformità viene privata del suo fondamento logico. In tale situazione
l’amministrazione finanziaria è legittimata a stabilire, con diverso criterio, il
valore venale dell’immobile il quale deve, a tal fine, essere considerato
come privo di rendita.

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Ric.n.4242/13 rg. – Adunanza in cam.cons. dell’8 novembre 2017

art.360, 1^ co. n. 3 cod.proc.civ. – violazione o falsa applicazione

Perché il criterio automatico non esplichi il suo effetto preclusivo
dell’azione accertatrice dell’ufficio occorre dunque – come detto – una
divergenza tra stato di fatto e rendita attribuita; e tale divergenza,
trattandosi di imposizione d’atto, non può che essere verificata alla data del
trasferimento oggetto di registrazione, non già in epoca successiva.
E’ vero che l’ultima parte del quarto comma dell’articolo 52 cit. esonera
espressamente dal criterio automatico i terreni per i quali gli strumenti

può estendersi anche ai fabbricati, il cui apprezzamento è già insito nella
classificazione catastale conseguita in esito all’avvenuto esercizio dello jus

aedificandi normalmente inerente la proprietà del bene.
Si tratta di principi già affermati da questa corte di legittimità, la quale
ha ritenuto ammissibile la rettifica di valore – in contrasto con il criterio
automatico – solo in assenza di una rendita catastale certa, ovvero in
presenza di un accertato mutamento, alla data del trasferimento, dello
stato di fatto e giuridico dell’immobile; mutamento idoneo a rendere
inadeguata la rendita catastale attribuita (Cass.nn. 11325/01; 11279/03
12021/08).
Cass.n.14785/01 ha inoltre ritenuto legittimo il ricorso al criterio
automatico anche quando, all’atto del trasferimento, la facoltà del
proprietario di operare l’intervento edilizio “sia stata consacrata da una

concessione già rilasciata”. Sicchè ai fini dell’adeguamento catastale rileva
non che il fabbricato iscritto sia astrattamente suscettibile di conseguire un
diverso classamento, bensì che esso sia già concretamente stato
assegnato, al momento dell’atto, alla diversa destinazione.
§ 3.3 Applicando questi principi al caso di specie, si evince la correttezza
della decisione impugnata.
Va infatti considerato che – come è pacifico in causa – alla data del rogito
di trasferimento (8 aprile 2003) l’immobile in questione si trovava ancora in
una situazione di fatto e giuridica in tutto corrispondente a quella risultante
dalla classificazione catastale attribuitagli (albergo). Se è vero che la
proprietà aveva già ottenuto (24 marzo 2003) la concessione edilizia per la
ristrutturazione ed il cambio di destinazione, altrettanto indubbio è che tali
interventi vennero intrapresi (permesso di costruire del 26 giugno 2004)

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Ric.n.4242/13 rg. – Adunanza in cam.cons. dell’8 novembre 2017

urbanistici prevedono la destinazione edificatoria; ma tale esenzione non

solo successivamente al trasferimento, per poi venire conclusi nel luglio
2004 (con rilascio del certificato di abitabilità del maggio 2006).
Risulta dunque che il mutamento dello stato di fatto – conformemente
alla variazione della condizione giuridica di classamento catastale intervenne successivamente al trasferimento; e che, di conseguenza, al
momento della compravendita, la rendita attribuita all’immobile era non
solo ‘certa’, ma anche ‘conforme’ allo stato di fatto in cui si trovava il

Non rileva che la rendita sia poi stata effettivamente variata in
adeguamento con la nuova destinazione d’uso (casa di riposo); poiché ciò
avvenne, appunto, successivamente all’atto, ed in esito all’avveramento di
tutta una serie di presupposti di effettiva realizzazione dell’intervento
edilizio. Effettiva realizzazione dalla quale soltanto scaturiva la necessità
legale – con obbligo di denuncia in capo al privato, ovvero per attivazione
ufficiosa dell’amministrazione – di adeguamento alla nuova realtà della
classificazione e della relativa rendita catastale; e dalla quale soltanto,
inoltre, potevano emergere le concrete caratteristiche dell’immobile da
porre a fondamento, secondo parametri di ‘realità’ e di ‘effettività’, del
nuovo classamento conseguente alla trasformazione (art.1 co.336
1.311/04).
Quanto, poi, alla prospettata violazione del divieto di abuso del diritto,
non si ritiene che ne sussistano i presupposti né in fatto né in diritto;
tanto più considerando l’inapplicabilità al caso di specie del principio
generale sopravvenuto di cui all’art.10 bis legge 212/00 introdotto dal
d.lgs. 128/15. Rileva infine l’estraneità della presente fattispecie
all’esercizio, da parte dell’amministrazione finanziaria, di qualsivoglia
potestà di riqualificazione giuridica dell’atto ex art.20 d.P.R. 131/86; con
conseguente inapplicabilità dei principi affermati con riguardo alla – ben
diversa – ipotesi di vendita di un terreno agricolo già connotato dai
presupposti di futura edificabilità.

Pq m
La Corte

rigetta il ricorso;

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Ric.n.4242/13 rg. – Adunanza in cam.cons. dell’8 novembre 2017

fabbricato.

condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del
giudizio di cassazione, che liquida in euro 5.600,00; oltre
rimborso forfettario spese generali ed accessori di legge.
Così deciso nella camera di consiglio della quinta sezione civile in data
8 novembre 2017.
1 Il Presidente

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