Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30184 del 22/11/2018

Cassazione civile sez. III, 22/11/2018, (ud. 18/10/2018, dep. 22/11/2018), n.30184

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22983-2016 proposto da:

G.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA OSLAVIA

30, presso lo studio dell’avvocato FABRIZIO GIZZI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato CARLO ZAULI giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

INTESA SAN PAOLO VITA SPA, in persona del Respons. Affari Legali e

Societari, Avv. M.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

VENTI SETTEMBRE 118, presso lo studio dell’avvocato ANDREA COLLETTI,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato FRANCOISE MARIE

PLANTADE giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1211/2016 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 07/07/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/10/2018 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI.

Fatto

RILEVATO

che:

B.G. convenne in giudizio Assiba s.p.a. (poi Intesa Sanpaolo Vita s.p.a.) innanzi al Tribunale di Forlì chiedendo declaratoria di inefficacia della clausola n. 7 di polizza assicurativa, denominata “Più Pensione”, nella parte in cui prevedeva che il mancato pagamento anche di una sola rata del premio dei primi due anni determinasse la risoluzione del contratto, con conseguente acquisizione alla società dei premi già corrisposti, nonchè la condanna alla restituzione del premio già versato ed in subordine, il riconoscimento del diritto di pagare i premi relativi agli anni 2000 e 2001 e di avvalersi del diritto di riscatto. Eccepì la convenuta che non ricorreva la vessatorietà della clausola in quanto riproduttiva dell’art. 1924 c.c., comma 2. Il Tribunale adito rigettò la domanda, escludendo la vessatorietà della clausola in quanto riproduttiva di norma di legge, con compensazione delle spese. Fu disatteso anche l’appello proposto da G.A. quale procuratrice speciale di B.G., con condanna dell’appellante alla rifusione delle spese. Con sentenza n. 17360 di data 18 agosto 2011 di questa Corte, in accoglimento del primo motivo di ricorso con cui si deduceva difetto di motivazione ed assorbimento degli ulteriori otto motivi, fu cassata la sentenza con rinvio al giudice di appello.

Considerò in particolare la Corte che il giudice di merito aveva “errato: a) nel non valutare il nomen iuris del contratto in questione sulla base della considerazione della causa dell’accordo tra la società e l’odierna ricorrente quale “sintesi degli interessi concreti” dei soggetti contraenti anzichè, come avvenuto, sulla base di disposizioni formalistiche e testuali; b) nell’escludere apoditticamente la vessatorietà della clausola in questione innanzitutto non valutando l’inserimento della stessa in una chiara ipotesi di c.d. contratto di consumo (caratterizzato dalla mera adesione di un consumatore, quale contraente debole, a un contenuto contrattuale unilateralmente predisposto da una società, quale contraente forte) e inoltre sulla base di una semplicistica e immotivata equazione secondo cui una disposizione normativa riprodotta esclude di per sè detta vessatorietà”.

Con sentenza di data 7 luglio 2016 la Corte d’appello di Bologna rigettò l’appello, disponendo la compensazione delle spese del giudizio di Cassazione e del grado di appello. Osservò la corte territoriale che non poteva prescindersi dal dato formale della denominazione di “(OMISSIS)” in quanto il riferimento alla “vita” aveva un preciso significato, sia nel caso di corresponsione di una rendita al termine del contratto, sia nel caso di restituzione ai beneficiari, in caso di decesso dell’assicuratore, dei premi pagati (oltre il riferimento alla normativa comunitaria in materia di assicurazione sulla vita) e che, come affermato da Cass. n. 8676 del 2000, in caso di mancato esercizio del diritto di riscatto il contratto manteneva l’originaria natura di contratto di assicurazione sulla vita con fine previdenziale. Aggiunse che la circostanza che l’assicurato potesse contare su una prestazione certa e determinata escludeva la natura di investimento finanziario e che, quanto all’aleatorietà, il contratto di assicurazione lo era per definizione collegando la causa dell’operazione al verificarsi di un evento legato alla durata della vita; quanto alla vessatorietà questa era da escludere trattandosi di clausola riproduttiva di norma di legge. Osservò inoltre che lo squilibrio di diritti e obblighi doveva presumersi escluso dalla clausola normativa riprodotta e che sia l’oggetto del contratto che l’adeguatezza del corrispettivo dei beni e servizi individuati in modo chiaro escludevano la vessatorietà della clausola.

Ha proposto ricorso per cassazione G.A. quale procuratrice speciale di B.G. sulla base di quattordici motivi e resiste con controricorso Intesa Sanpaolo Vita s.p.a.. E’ stato fissato il ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c.. E’ stata presentata memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo si denuncia error in procedendo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Osserva la ricorrente che la Corte di appello in sede di rinvio ha omesso di esaminare i motivi dichiarati assorbiti dalla Corte di Cassazione, nonostante dovessero essere considerati in sede di rinvio, e che sia nell’atto di riassunzione che in sede di comparsa conclusionale si era insistito per l’accoglimento degli altri motivi. Aggiunge che con il secondo motivo del ricorso di cassazione si era affermato che l’esclusione della vessatorietà di clausole riproduttive di norme trova applicazione solo quando ne venga trasposto il nucleo precettivo.

Con il secondo motivo si denuncia error in procedendo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Osserva la ricorrente che con il terzo motivo del ricorso per cassazione, dichiarato assorbito e di cui il giudice di rinvio ha omesso l’esame, è stato denunciato che l’affermazione secondo cui il diritto di riscatto sarebbe l’unico elemento in condizioni di snaturare la finalità previdenziale della polizza sulla vita non ha nessuna base.

Con il terzo motivo si denuncia error in procedendo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Osserva la ricorrente che con il quarto motivo del ricorso per cassazione, dichiarato assorbito e di cui il giudice di rinvio ha omesso l’esame, è stato denunciato che l’intenzione delle parti era quella di effettuare un investimento finanziario e che la volontà delle parti non era stata adeguatamente indagata.

Con il quarto motivo si denuncia error in procedendo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Osserva la ricorrente che con il quinto motivo del ricorso per cassazione, dichiarato assorbito e di cui il giudice di rinvio ha omesso l’esame, è stato denunciato che, potendosi accedere a più ipotesi interpretative, le clausole devono essere interpretate a favore del contraente più debole.

Con il quinto motivo si denuncia error in procedendo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Osserva la ricorrente che con il sesto motivo del ricorso per cassazione, dichiarato assorbito e di cui il giudice di rinvio ha omesso l’esame, è stato denunciato che il contratto doveva essere interpretato secondo buona fede e che era privo dell’alea tipica dei contratti assicurativi.

Con il sesto motivo si denuncia error in procedendo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Osserva la ricorrente che con il settimo motivo del ricorso per cassazione, dichiarato assorbito e di cui il giudice di rinvio ha omesso l’esame, è stato denunciato che le espressioni con più sensi devono essere interpretate secondo l’interesse logico del contraente, il quale non può compiere atti a proprio danno.

Con il settimo motivo si denuncia error in procedendo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Osserva la ricorrente che con l’ottavo motivo del ricorso per cassazione, dichiarato assorbito e di cui il giudice di rinvio ha omesso l’esame, è stato denunciato che l’omessa pronuncia sull’eccezione di difetto di capacità ad processum del soggetto costituitosi come legale rappresentante comporta nullità della sentenza.

Con l’ottavo motivo si denuncia error in procedendo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Osserva la ricorrente che con il nono motivo del ricorso per cassazione, dichiarato assorbito e di cui il giudice di rinvio ha omesso l’esame, è stato denunciata la non conformità all’art. 47 Cost. dell’interpretazione di un contratto nel senso della possibilità per l’assicurazione, ovvero l’ente finanziario, di incamerare l’intera somma versata nell’ipotesi di sopravvenuta impossibilità di pagare le successive rate.

Con il nono motivo si denuncia omessa motivazione su fatto decisivo e controverso, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osserva la ricorrente, in via subordinata rispetto ai precedenti motivi, che vi è omessa motivazione su fatti decisivi.

I motivi, dal primo al nono, sono inammissibili. Le questioni costituenti oggetto dei motivi di ricorso per Cassazione espressamente dichiarati assorbiti debbono ritenersi, per definizione, non decise e possono essere, quindi, riproposte, essendo impregiudicate, all’esame del giudice di rinvio (fra le tante da ultimo Cass. 30 novembre 2017, n. 28751). Incorre nel vizio di omessa pronuncia la sentenza emessa dal giudice di rinvio che non decida sulla questione che, essendo stata espressamente dichiarata assorbita dalla sentenza di cassazione, sia stata ritualmente riproposta al suo esame (Cass. 2 settembre 2010, n. 19015; 4 luglio 2003, n. 10567; 15 novembre 2001, 14206). L’obbligo del giudice di rinvio di pronunciare sulle questioni dichiarate assorbite dalla sentenza di cassazione presuppone che esse siano state espressamente riproposte davanti a lui (Cass. 8 gennaio 2007, n. 90). Le questioni infatti che non sono state investite dalla pronuncia della Cassazione, anche qualora dichiarate soltanto assorbite, devono essere specificamente riproposte dalle parti, restando altrimenti coperte da giudicato (Cass. 24 ottobre 2013, n. 24093).

Erra pertanto la ricorrente nell’affermare che sussiste l’obbligo comunque del giudice di rinvio di pronunciare sulle questioni assorbite. Incombe sulla parte l’onere di riproposizione delle dette questioni. Circa l’avvenuta riproposizione la ricorrente si è limitata ad affermare che sia nell’atto di riassunzione che in sede di comparsa conclusionale si era insistito per l’accoglimento “degli altri motivi”. In tal modo non risulta però assolto l’onere processuale, riconducibile all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, di specifica indicazione, trattandosi di generico richiamo a ciò che sarebbe stato dedotto nell’atto riassunzione del giudizio innanzi al giudice del rinvio (si parla soltanto di “altri motivi”) e non di puntuale riferimento ai motivi proposti, con indicazione del contenuto del motivo nell’atto di citazione in riassunzione e della relativa localizzazione nel medesimo atto. La ricorrente si è limitata ad indicare il contenuto del motivo di ricorso per cassazione, con l’indicazione della relativa pagina nel ricorso, ma ha mancato di riportare, sia pure nelle sue linee fondamentali, il motivo così come riproposto nell’atto di riassunzione, con l’indicazione della relativa pagina in quest’ultimo atto. Il mancato assolvimento dell’onere di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 non consente a questa Corte di accedere agli atti del processo di merito, come pure sarebbe consentito dalla natura processuale della violazione denunciata (cfr. fra le tante Cass. 30 settembre 2015, n. 19410).

Il nono motivo è inoltre inammissibile in quanto formulato sulla base della disposizione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non più vigente.

Con il decimo motivo si denuncia omesso esame del fatto decisivo e controverso, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osserva la ricorrente che il giudice di appello non aveva considerato le circostanze, risultanti dalla documentazione prodotta, della rivalutazione annua della rendita, del carattere fruttifero del capitale erogato e della facoltà di optare per la liquidazione immediata del capitale maturato, circostanze che deponevano per la natura finanziaria dell’operazione e per l’esclusione dell’alea tipica dell’assicurazione. Aggiunge che sulla presenza della componente finanziaria vi è stata omessa motivazione.

Il motivo è inammissibile. La censura non attiene a circostanze di fatto di cui sarebbe stato omesso l’esame da parte del giudice di merito, ma ad una diversa valutazione di quelle circostanze, che è profilo come tale riservato al giudice di merito e non sindacabile nella presente sede di legittimità (peraltro nel motivo si richiama anche l’omessa motivazione quale vizio motivazionale, secondo la disposizione non più vigente). In ogni caso, con riferimento alle circostanze indicate nel motivo, non risulta specificatamente indicato il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esse risultino esistenti, e il “come” e il “quando” tali circostanze siano stato oggetto di discussione processuale tra le parti (cfr. Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8053), essendosi la ricorrente limitata alla generica indicazione di documenti in cui le circostanze in discorso, secondo l’assunto della parte, sarebbero menzionate.

Con l’undicesimo motivo si denuncia violazione del T.U.F. e dell’art. 1923 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osserva la ricorrente che nella comparsa conclusionale in sede di rinvio era stata menzionata della giurisprudenza di merito non considerata dalla corte territoriale (e con la quale si era posta in contrasto) e che nella medesima comparsa conclusionale era stata evidenziata la prevalenza della finalità di investimento finanziario rispetto al profilo assicurativo, con assunzione del rischio in capo all’assicurato.

Il motivo è inammissibile. La censura difetta di specificità in relazione alla decisione impugnata, e dunque è inidonea al raggiungimento dello scopo dell’atto processuale, in quanto per un verso si limita a rilevare il contrasto fra la decisione della Corte d’appello e taluni precedenti della giurisprudenza di merito, per l’altro consta della trascrizione di parte del contenuto della comparsa conclusionale nel quale si svolgono alcune considerazione di carattere generale sulla differenza fra prodotto finanziario e prodotto assicurativo.

Con il dodicesimo motivo si denuncia omessa pronuncia in relazione alle spese processuali, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la ricorrente che la corte territoriale ha omesso di provvedere in ordine alle spese processuali delle fasi di merito (primo grado e di appello).

Con il tredicesimo motivo si denuncia violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. La ricorrente riformula la censura di cui al precedente motivo come violazione di norma di diritto.

Con il quattordicesimo motivo si denuncia violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. La ricorrente riformula la censura di cui al precedente motivo come violazione della norma indicata in rubrica.

I motivi, dal dodicesimo al quattordicesimo, sono infondati. Il giudice del rinvio, al quale la causa sia rimessa dalla Corte di cassazione anche perchè decida sulle spese del giudizio di legittimità, è tenuto a provvedere sulle spese delle fasi di impugnazione, se rigetta l’appello, e su quelle dell’intero giudizio, se riforma la sentenza di primo grado, secondo il principio della soccombenza applicato all’esito globale del giudizio, piuttosto che ai diversi gradi dello stesso ed al loro risultato (Cass. 13 giugno 2018, n. 15506). Essendo stato rigettato l’appello il regolamento delle spese riguardava solo le fasi dell’impugnazione. La corte territoriale ha correttamente disposto la compensazione delle spese del giudizio di Cassazione e del grado di appello. Ove si ritenga che in tale pronuncia non sia compreso il regolamento delle spese per il giudizio di appello antecedente quello di legittimità, la ricorrente, quale parte soccombente tenuta al rimborso delle spese in favore della controparte (salvo il provvedimento di compensazione), non ha interesse a proporre la relativa impugnazione.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1 – quater al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 18 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 22 novembre 2018

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