Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30183 del 30/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 30/12/2011, (ud. 12/12/2011, dep. 30/12/2011), n.30183

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. AMENDOLA Adelaide – rel. Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

A.P.M. (OMISSIS), A.B.

(OMISSIS), P.M.G. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA MAZZINI 27, presso lo

studio dell’avvocato VALENTI CARLO, che li rappresenta e difende,

giusta procura speciale che viene allegata in atti;

– ricorrenti –

contro

L.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI

SCIPIONI 237, presso lo studio dell’avv. GEMMA SURACI, rappresentata

e difesa dagli avvocati POLIMENI FRANCESCO e NATALE POLIMENI, giusta

procura a margine del controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 177/2010 della CORTE D’APPELLO di REGGIO

CALABRIA del 6.5.2010, depositata il 13/05/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/12/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ADELAIDE AMENDOLA;

udito per i ricorrenti l’Avvocato Carlo Valenti che si riporta agli

scritti;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. CARLO DESTRO

che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione, regolarmente comunicata al P.G. e notificata ai difensori delle parti.

“Il relatore, cons. Adelaide Amendola esaminati gli atti, osserva:

1. L.G. convenne innanzi al Tribunale di Reggio Calabria, sezione specializzata agraria, A.B. e P.M.G. chiedendo che gli stessi, che abusivamente detenevano un fondo di sua proprietà, venissero condannati a rilasciarlo o, in subordine, che il rapporto di colonia, ove in ipotesi ritenuto sussistente, fosse dichiarato cessato al 10 novembre 1989.

I convenuti, costituitisi in giudizio, eccepirono, tra l’altro, il proprio difetto di legittimazione passiva, deducendo che il fondo in contestazione era stato da essi donato ai figli P., E. M. e P.M..

L’attrice chiese ed ottenne allora di chiamare in causa i pretesi donatari.

Il giudice adito, ritenuto che tra le parti si fosse instaurato un rapporto di colonia, in accoglimento della domanda, lo dichiarò cessato al 10 novembre 1993, conseguentemente ordinando ai resistenti e ai terzi chiamati il rilascio del terreno. Avverso tale decisione proposero separatamente appello A.P.M., da una parte, e A.B. e P.M.G. dall’altra.

Riuniti i gravami, la Corte d’appello ordinò l’integrazione del contraddittorio nei confronti di P. ed A.E.M., ai quali nessuno dei due atti di appello era stato notificato; nei confronti di A.B. e di P.M.G., quanto all’impugnazione proposta da A.P.M.; nei confronti di A.P.M., quanto a quella di A.B. e di P.M.G.. Con sentenza del 13 maggio 2010 la Corte d’appello, rilevato che l’ordine era rimasto inottemperato, ha dichiarato improcedibili gli appelli, compensando per intero tra le parti le spese processuali.

2. A.P.M., A.B. e M.G. P. hanno impugnato per cassazione detta pronuncia, formulando due motivi.

Ha resistito con controricorso L.G., proponendo altresì ricorso incidentale affidato a un unico mezzo.

3. I ricorsi, dei quali va preliminarmente disposta la riunione, ex art. 335 cod. proc. civ., sono soggetti, in ragione della data della sentenza impugnata, successiva al 4 luglio 2009, alla disciplina dettata dall’art. 360 bis, inserito dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, comma 1, lett. a).

Essi possono pertanto essere trattati in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 cod. proc. civ. per esservi rigettati.

4 I due motivi del ricorso principale, con i quali si denunciano:

violazione degli artt. 101 e 102 cod. proc. civ. (primo motivo);

nonchè degli artt. 331 e 332 cod. proc. civ. (secondo motivo) ruotano intorno a un unico assunto di fondo: l’insussistenza nella fattispecie di un’ipotesi di litisconsorzio necessario, sia sostanziale che processuale, in ragione della scindibilità delle cause, segnatamente argomentata con l’inidoneità della eccezione di carenza della condizione di procedibilità dell’azione, ai sensi della L. n. 203 del 1982, art. 46 nonchè delle altre eccezioni sollevate in sede di gravame, quali quelle di carenza di legittimazione attiva e passiva e di litispendenza, ad alterare o a modificare la posizione delle parti rimaste assenti nel giudizio di appello.

Trattasi di deduzioni gravemente carenti sotto il profilo dell’autosufficienza, e comunque oscure e contraddittorie, posto che non si comprende come doglianze volte a riproporre le questioni della legittimazione attiva dell’appellata, di quella passiva dei convenuti, nonchè l’eccezione di litispendenza in relazione ad altro giudizio avente ad oggetto la proprietà del terreno, possano non dar luogo a giudicati contrastanti, tenuto conto che, come innanzi ricordato, la sentenza di primo grado, ritenuto cessato al 10 novembre 1993 il rapporto di colonia tacitamente instauratosi tra la L. e la famiglia A. – P., ordinò ai resistenti e ai terzi chiamati il rilascio del fondo. Si ricorda, in proposito, che l’obbligatorietà dell’integrazione del contraddittorio nella fase dell’impugnazione, al fine di evitare giudicati contrastanti nella stessa materia e tra soggetti già parti del giudizio, sorge non solo quando la sentenza di primo grado sia stata pronunciata nei confronti di tutte le parti tra le quali esiste litisconsorzio necessario sostanziale e l’impugnazione non sia stata proposta nei confronti di tutte, ma anche nel caso di cosiddetto litisconsorzio necessario processuale, quando l’impugnazione non risulti proposta nei confronti di tutti i partecipanti al giudizio di primo grado, sebbene non legati tra loro da un rapporto di litisconsorzio necessario, sempre che si tratti di cause inscindibili o tra loro dipendenti (art. 331 cod. proc. civ.), posto che in tal caso la necessità del litisconsorzio in sede di impugnazione è imposta dal solo fatto che tutte le parti sono state presenti nel giudizio di primo grado (confr. Cass. civ. 26 gennaio 2010, n. 1535; Cass. civ. 13 aprile 2007, n. 8854).

5 Infondato è anche l’unico motivo del ricorso incidentale, col quale l’impugnante si duole della compensazione delle spese di giudizio, denunciando la non conformità di siffatta statuizione a diritto e segnatamente al disposto dell’art. 92 c.p.c., comma 2.

E’ sufficiente in proposito osservare che il giudice di merito ha motivato, ancorchè in maniera succinta, la scelta operata in dispositivo, richiamando il carattere assolutorio dal rito della pronuncia adottata, di talchè la censura ha in definitiva ad oggetto una decisione di stretto merito, insindacabile in sede di legittimità”. Il collegio condivide le argomentazioni e le conclusioni della relazione, che non sono in alcun modo infirmate dalle deduzioni svolte nella memori di parte ricorrente.

Entrambi i ricorsi vanno pertanto rigettati. L’esito complesso del giudizio impone la compensazione delle spese.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta entrambi. Compensa integralmente tra le parti le spese di giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 12 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2011

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