Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30183 del 15/12/2017


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 30183 Anno 2017
Presidente: CHINDEMI DOMENICO
Relatore: STALLA GIACOMO MARIA

ORDINANZA
sul ricorso 13686-2012 proposto da:
PROMIVIT SRL, elettivamente domiciliato in ROMA VIA
GIAMBATTISTA VICO 22, presso lo studio dell’avvocato
BENEDETTO SANTACROCE, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato SALVATORE MILETO;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;

controricorrente

avverso la sentenza n. 319/2011 della COMM.TRIB.REG.
di ROMA, depositata il 28/11/2011;

Data pubblicazione: 15/12/2017

udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 08/11/2017 dal Consigliere Dott. GIACOMO

MARIA STALLA.

Rilevato che:
§ 1.

La Promivit srl propone due motivi di ricorso per la cassazione della

sentenza n. 319/29/11 del 28 novembre 2011 con la quale la commissione
tributaria regionale del Lazio, in riforma della prima decisione, ha ritenuto
legittimo l’avviso di liquidazione notificatole dall’agenzia delle entrate per
imposta di registro, ipotecaria e catastale su atto di compravendita del 26
gennaio 2006; atto con il quale essa ricorrente aveva acquistato da Cinque

euro, oltre Iva 20%.
La commissione tributaria regionale, in particolare, ha ritenuto che la tesi
dell’amministrazione finanziaria – volta a sostenere l’esistenza, in capo alla
società acquirente, di un intento elusivo finalizzato al pagamento dell’Iva in
luogo dell’imposta di registro altrimenti dovuta nel caso di acquisto da
privato non soggetto Iva – fosse fondata.
Resiste con controricorso l’agenzia delle entrate.

§ 2.1 Con il primo motivo di ricorso la società lamenta – ex art.360, 1^ co.
n. 4 cod.proc.civ. – nullità della sentenza per mancanza di motivazione,
ovvero per motivazione meramente apparente. Ciò per avere la
commissione tributaria regionale ritenuto apoditticamente fondata la tesi
dell’amministrazione finanziaria, senza farsi carico né delle puntuali
considerazioni con le quali il primo giudice (CTP Viterbo 11/02/2010) aveva
invece escluso, nella specie, un intento elusivo ad essa imputabile; né delle
controdeduzioni da essa opposte all’atto di appello dell’ufficio.
Con il secondo motivo di ricorso la società lamenta – ex art.360, 1^ co.
n. 5 cod.proc.civ. – omessa o insufficiente motivazione in ordine a fatto
controverso e decisivo per il giudizio; costituito dall’esistenza, ovvero
inesistenza, di un intento elusivo in capo alla società acquirente. Intento
elusivo che essa ricorrente aveva smentito in forza di molteplici argomenti
e prove, che la commissione tributaria regionale non aveva preso
minimamente in considerazione.

§ 2.2 E’ fondato, con assorbimento della seconda doglianza, il primo
motivo di ricorso; da ritenersi avulso, in quanto adeguatamente
circostanziato nella ricostruzione dei fatti di causa e nella indicazione dei
documenti rilevanti ai fini della decisione, dalla censura di genericità e

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Ric.n.13686/12 rg. – Adunanza in cam.cons. dell’8 novembre 2017

Immobiliare Srl un terreno edificabile per il corrispettivo di 4 milioni di

difetto di autosufficienza mossagli in controricorso dall’agenzia delle
entrate.
Ciò posto, va premesso che la causa di nullità della sentenza (art.360,
1^ co. n. 4 cod.proc.civ.) per difetto del requisito essenziale costituito dalla
motivazione (art.132, 1^ co., n.4 cod.proc.civ.) si riscontra non soltanto in
caso di totale assenza ‘materiale’ o ‘fisica’ della motivazione, ma anche
allorquando quest’ultima si riveli apparente; perché apodittica e priva

sostenere – in fatto ed in diritto – la decisione assunta. Al punto da
precludere l’individuazione della esatta ragione decisoria accolta dal giudice
e, al contempo, l’esercizio di qualsivoglia controllo sulla sua correttezza in
rapporto alla fattispecie dedotta in giudizio. Questa premessa di ordine
generale vale anche per le sentenze del giudice tributario le quali, per
quanto ispirate anch’esse a concisione ed essenzialità (art.32 n.4 d.lgs.
546/92), devono purtuttavia contenere una sufficiente e chiara esposizione
dei motivi in fatto e diritto che sorreggono la decisione.
L’orientamento di questa corte di legittimità è consolidato nell’affermare
che la motivazione deve considerarsi apparente (con conseguente nullità
della sentenza per error in procedendo) quando essa “benché graficamente
esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione,
perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il
ragionamento seguito dal giudice nella formazione del proprio
convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla
con le più varie, ipotetiche congetture” (SSUU 22232/16).
E’ su tale presupposto che è stata ritenuta omessa, perché puramente
apparente, la motivazione ‘per relationem’

allorquando il richiamo al

diverso atto processuale preso a riferimento (come l’atto di impugnazione)
sia svolto “mediante mera adesione acritica”, e senza indicazione né della
tesi in esso sostenuta nè delle ragioni della sua condivisione da parte del
giudicante (Cass. 20648/15).
Analogamente, è stata ritenuta affetta da nullità la sentenza contenente
una motivazione che si limiti a dichiarare sufficienti i motivi addotti da una
parte ed i, non meglio precisati, documenti da questa allegati,

“senza

riprodurne le parti idonee a giustificare la valutazione espressa, né indicare

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Ric.n.13686/12 rg. – Adunanza in cam.cons. dell’8 novembre 2017

dell’indicazione di qualsivoglia reale vaglio critico in grado di chiarire e

la ragione giuridica o fattuale che, come emergente dall’oggetto del rinvio,
il giudice abbia ritenuto di condividere”

(Cass. 7402/17; v. anche

Cass.2861/17).
§ 2.3 Il caso di specie si connota quale esempio tipico di motivazione
apparente, laddove il giudice di appello – pur dopo aver puntualmente e
diffusamente ricostruito il fatto di causa, così come le rispettive tesi
difensive di parte – ha poi sorretto la propria decisione soltanto sulla base
“il collegio giudicante ritiene che le

argomentazioni e le verifiche effettuate dall’ufficio abbiano sufficientemente
dimostrato ed accertato che ‘solo una volontà elusiva poteva giustificare
questo triplice passaggio di proprietà dei terreni’ con la finalità di non
effettuare il pagamento della giusta percentuale di imposte di registro e di
Iva prevista”.
Si tratta di affermazione che – al di là della sua laconicità – non dà conto
di quali “argomentazioni e verifiche effettuate dall’ufficio” siano state dal
giudicante prese in considerazione e ritenute dirimenti ai fini decisori; né in
quali termini tali ‘argomentazioni e verifiche’ avrebbero comprovato
l’effettiva sussistenza, nella specie, sia di un intento elusivo in sè, sia soprattutto – della sua imputabilità alla società contribuente.
La mancata doverosa specificazione di questi elementi essenziali di causa
– imprescindibili nella valutazione della corretta riqualificazione dell’atto
che l’amministrazione aveva operato ex art.20 d.P.R. 131/86 – appare
tanto grave da risolversi, non già in una motivazione semplicemente
insufficiente ed inadeguata (eventualmente rilevante ex art.360, 1^ co. n.
5 cod.proc.civ.), bensì in una motivazione senz’altro mancante. Il che è
reso tanto più evidente dalla apoditticità dell’argomento secondo cui
l’intento elusivo traeva nella specie esaustivo sostegno (riproducendosi
testualmente, in ciò, un’affermazione dell’ufficio appellante) dal ‘triplice
passaggio di proprietà dei terreni’.
Argomento, quest’ultimo, già disatteso, all’esito di una articolata
motivazione, dal giudice di primo grado; e, inoltre, fatto oggetto di
specifiche critiche da parte della società contribuente in sede di
controdeduzioni all’appello dell’amministrazione finanziaria (come la stessa

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Ric.n.13686/12 rg. – Adunanza in cam.cons. dell’8 novembre 2017

del seguente ragionamento:

sentenza qui impugnata, nell’esposizione dei fatti e dell’iter processuale,
evidenzia).
In particolare, dovevano costituire materia di valutazione ed oggetto di
motivazione tutti quegli elementi che erano già stati ritenuti dal primo
giudice idonei a confutare la prova dell’intento elusivo, così come offerta
dall’agenzia delle entrate a fondamento dell’avviso di liquidazione opposto.
Elementi che la società contribuente aveva ripreso in appello al fine di

enucleabili: – la sussistenza nell’operazione di un interesse economico
esulante il solo risparmio fiscale (individuato dall’ufficio nel pagamento
dell’Iva deducibile, in luogo dell’imposta di registro alternativamente
dovuta in caso di acquisto da privato); – l’opzione irrevocabile di vendita
concessa a Promivit nell’ottobre 2005 dalla acquirente intermedia Enne srl;
– l’asserita estraneità di Promivit al ‘triplice passaggio di proprietà dei

terreni’ (dal fiduciario Delfino alla Enne srl; da questa alla Cinque
Immobiliare srl; infine da questa alla ricorrente); – l’affermata imputabilità
dell’eventuale disegno elusivo, o forse anche evasivo, alla sola famiglia
Rossi-Priscini, reale proprietaria del terreno e delle società immobiliari
interposte (una delle quali, la Enne srl, sarebbe poi stata ceduta ad un
prestanome, e risultata inadempiente agli obblighi fiscali derivanti
dall’operazione, fatti su di essa convergere).
Ebbene, si tratta di aspetti che il primo giudice aveva specificamente
considerato, e che il giudice di appello – stante la finalità di ‘revisione’ della
prima decisione attribuita dall’ordinamento al giudizio di gravame – ben
avrebbe potuto, com’è ovvio, disattendere (in riforma della prima decisione
e nell’ambito dei proposti motivi di impugnazione), dandone però una
motivazione circostanziata, reale e critica.
Al contrario, dalla ‘motivazione’ adottata, si evince che il giudice di
appello ha infine condiviso la tesi dell’amministrazione finanziaria, ma non
è dato comprendere le ragioni di tale condivisione.
La sentenza va dunque cassata, con rinvio alla commissione tributaria
regionale del Lazio in diversa composizione; la quale riesaminerà la
fattispecie decidendo motivatamente l’appello. Il giudice di rinvio
provvederà anche sulle spese del presente procedimento.

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Ric.n.13686/12 rg. – Adunanza in cam.cons. dell’8 novembre 2017

contrapporli ai motivi di impugnazione formulati dall’ufficio, così

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La Corte

accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo;
cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla

commissione tributaria regionale del Lazio in diversa composizione.
Così deciso nella camera di consiglio della quinta sezione civile in data

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5 D I C 2017
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rg. – Adunanza in cam.cons. dell’8 novembre 2017
Ric.n.13686/1 2

8 novembre 2017.

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