Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30181 del 15/12/2017


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 30181 Anno 2017
Presidente: CHINDEMI DOMENICO
Relatore: STALLA GIACOMO MARIA

ORDINANZA
sul ricorso 29779-2010 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente contro

LUNGARELLA GIOVANNI, elettivamente domiciliato in ROMA
2017
2686

VIA DI SANTA TERESA 23, presso lo studio dell’avvocato
FABRIZIO PIETROSANTI, che lo rappresenta e difende;

avverso

la

sentenza

COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST.
26/10/2009;

di

controricorrente

n.
LATINA,

539/2009

della

depositata

il

Data pubblicazione: 15/12/2017

udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 08/11/2017 dal Consigliere Dott. GIACOMO

MARIA STALLA.

Rilevato che:
§ 1. L’agenzia delle entrate propone un motivo di ricorso per la cassazione
della sentenza n. 539/40/09 del 26 ottobre 2009 con la quale la
commissione tributaria regionale del Lazio, a conferma della prima
decisione, ha ritenuto illegittima la cartella di pagamento notificata a
Giovanni Lungarella per imposta di successione 1999 relativa al decesso del
padre Michele Lungarella.

cartella non potesse più basarsi su alcun efficace atto impositivo
prodromico, dal momento che gli avvisi di liquidazione (entrambi con n.
9900456000052) in data 4 ottobre 2001 (di recupero dell’imposta
principale sul valore globale del compendio ereditario, tenuto conto delle
donazioni effettuate in vita dal de cujus le quali, ancorché regolarmente
dichiarate nella denuncia di successione, non erano state conteggiate
dall’ufficio nell’originario avviso di liquidazione 29 settembre 2000) e 9
ottobre 2001 (di recupero della maggiore imposta complessiva a seguito di
rettifica di maggior valore dei beni oggetto delle suddette donazioni) erano
stati annullati dall’amministrazione finanziaria con provvedimento di
accoglimento dell’istanza di autotutela presentata dal contribuente il 6
novembre 2001; provvedimento con il quale l’agenzia delle entrate aveva
così disposto: “si revoca l’accertamento e si dichiarano congrui i valori.
Nulla è dovuto”.
Resiste con controricorso il Lungarella.

§ 2.1 Con l’unico motivo di ricorso l’agenzia delle entrate lamenta – ex
art.360, 1 A co. n. 5 cod.proc.civ. – motivazione insufficiente,
contraddittoria ed illogica. Per avere la commissione tributaria regionale
riferito l’annullamento in autotutela anche all’avviso del 4 ottobre 2001
(integrativo dell’avviso originario del 29 settembre 2000 che aveva omesso
di considerare nell’asse ereditario globale altresì i beni donati in vita dal de
cujus), nonostante che la logica e corretta ricostruzione della vicenda
inducesse a riferire tale annullamento esclusivamente all’avviso di
liquidazione (concernente il maggior valore rettificato dei beni donati) del 9
ottobre 2001.

§ 2.2 Il motivo è fondato.

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Ric.n.29779/10 rg. – Adunanza in cam.cons. dell’8 novembre 2017

La commissione tributaria regionale, in particolare, ha ritenuto che tale

La commissione tributaria regionale ha ritenuto di poter riferire de plano
l’annullamento in autotutela all’intera pretesa impositiva
dell’amministrazione, come dedotta nella cartella di pagamento opposta.
In particolare, il giudice regionale ha incluso nel provvedimento di
annullamento in autotutela anche l’avviso di liquidazione sull’asse globale
in data 4 ottobre 2001, assumendo che tale inclusione emergesse in
maniera “chiara ed incontrovertibile”; così da non potersi dare ingresso alle

“soltanto un inutile, estremo, disperato e temerario tentativo di difesa”.
A sostegno logico-motivazionale del proprio convincimento, la
commissione tributaria regionale ha osservato (sent. pag.4) che
l’estensione onnicomprensiva dell’autoannullamento scaturiva dai seguenti
elementi: – la riferibilità dell’istanza di autotutela, così accolta, ad entrambi
gli avvisi in questione (4 ottobre e 9 ottobre 2001); – l’anteriorità
cronologica di tali avvisi all’istanza medesima, nonché l’allegazione ad essa
degli stessi; – l’espresso riferimento di quest’ultima a tutti indistintamente i
cespiti caduti in successione, compresi quelli donati.
Queste argomentazioni appaiono effettivamente illogiche e contrastanti
con gli elementi di causa.
Fermo restando che il contribuente aveva inizialmente pagato quanto
liquidato dall’ufficio senza tenere conto dell’inclusione nell’asse globale di
taluni cespiti donati in vita dal

de cujus,

risultava ancora aperta la

questione della tassazione altresì di questi ultimi. Tassazione che l’ufficio
aveva, in un primo tempo (avviso 4 ottobre 2001), richiesto a titolo di
imposta principale sul valore dichiarato, ma che successivamente (avviso 9
ottobre 2001), aveva poi richiesto a titolo di imposta complementare previa
rettifica di valore.
Ora, la motivazione della commissione tributaria regionale non dà conto
di un elemento essenziale, costituito dal fatto che il provvedimento di
autoannullamento ha recepito un’istanza di autotutela che:

a. faceva

testuale riferimento unicamente all’avviso del 9 ottobre 2001, di cui
soltanto chiedeva l’invalidazione; b. esponeva unicamente, quale materia
di autotutela, il problema del valore attribuibile ai cespiti donati,

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Ric.n.29779/10 rg. – Adunanza in cam.cons. dell’8 novembre 2017

opposte argomentazioni dell’agenzia delle entrate, le quali costituivano

assumendo la correttezza del valore denunciato perché corrispondente ai
certificati catastali, allegati all’istanza.
Quest’ultima, in definitiva, non conteneva alcun elemento di
contestazione del fatto che l’imposizione dovesse effettivamente
riguardare, sull’asse globale, anche i cespiti donati (del resto regolarmente
denunciati dagli eredi, anche se inizialmente non conteggiati dall’ufficio);
concentrandosi invece unicamente sul valore attribuibile a tali cespiti.

dell’istanza in esame andava circoscritto al riconoscimento della correttezza
del valore catastale indicato nella denuncia di successione; senza poter
essere esteso al riconoscimento che nulla fosse più dovuto sull’asse globale
comprensivo dei beni donati.
Sicché l’affermazione contenuta nel provvedimento di autoannullamento
(‘nulla è dovuto’) andava logicamente attribuita alla sola rettifica di valore

dei beni donati (contenuta nell’avviso 9 ottobre 2001); non anche alla
debenza in sé dell’imposta sul valore globale dei beni ereditari, comprensivi
di quelli donati (avviso del 4 ottobre 2001). Il che risultava del resto
confermato dal fatto che la revoca in autotutela dell’accertamento si
associasse ad una espressa dichiarazione di ‘congruità dei valori’ dichiarati;
così rimarcando che la rinuncia da parte dell’amministrazione finanziaria
concerneva unicamente quest’ultimo profilo.
Nessuno degli elementi presi in esame dalla commissione tributaria
regionale (l’anteriorità temporale degli avvisi di accertamento rispetto
all’istanza di autotutela; l’avvenuta allegazione a quest’ultima di entrambi
gli avvisi; la menzione, nell’istanza, dei beni donati) è dunque in grado di
dare congruamente conto della conclusione da essa adottata; che, in tal
modo, risulta priva di razionale fondamento.
Tanto più considerato che l’allegazione all’istanza altresì dell’avviso di
liquidazione del 4 ottobre 2001, lungi da risultare dirimente nel senso
voluto dalla CTR, rispondeva ad una basilare esigenza di completezza nella
ricostruzione del rapporto impositivo di cui si sollecitava la revisione; e che
la riferibilità dell’istanza di autotutela alla sola questione del valore
rettificato dei beni donati doveva desumersi dalla stessa allegazione dei
certificati catastali mirati a dimostrare la correttezza del valore denunciato.

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Ric.n.29779/10 rg. – Adunanza in cam.cons. dell’8 novembre 2017

Correlativamente, il provvedimento di accoglimento in autotutela

Correttezza infine riconosciuta dall’amministrazione finanziaria mediante
espressa attestazione di conformità dei valori.
Si è stabilito (Sez. U., n. 24148 del 25/10/2013; Cass. n.12799 del
6/6/2014 ed altre) che la motivazione omessa o insufficiente (ex art.360,
1^ co. n. 5 cod.proc.civ.) è configurabile qualora dal ragionamento del
giudice di merito, come risultante dalla sentenza impugnata, emerga la
totale obliterazione di elementi che dovrebbero o potrebbero condurre ad

complesso della medesima sentenza, del procedimento logico che lo ha
indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento.
Si tratta di situazione qui effettivamente riscontrabile, risultando che il
giudice di merito sia pervenuto a decisione senza considerare – da un lato elementi imprescindibili di esatta delimitazione dell’oggetto dell’istanza di
autotutela poi accolta; ed invece reputando decisivi – dall’altro – fattori
secondari e comunque alternativamente spiegabili.
Ne segue pertanto la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio
alla commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione;
quest’ultima dovrà valutare gli ulteriori motivi di opposizione proposti dal
contribuente avverso la cartella di pagamento in oggetto (inesistenza della
notifica della cartella; omessa sottoscrizione da parte del funzionario
responsabile; difetto di motivazione), e già ritenuti assorbiti dalla sentenza
qui impugnata. Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese del
presente giudizio.
Pqm
La Corte

accoglie il ricorso;

cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla

commissione tributaria regionale del Lazio in diversa composizione.
Così deciso nella camera di consiglio della quinta sezione civile in data
8 novembre 2017.

una diversa decisione; ovvero quando sia evincibile l’obiettiva carenza, nel

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