Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30180 del 20/11/2019

Cassazione civile sez. trib., 20/11/2019, (ud. 25/09/2019, dep. 20/11/2019), n.30180

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –

Dott. CROLLA Cosmo – rel. Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. CIRESE Marina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso 12280-2017 proposto da:

D.N.A., elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA SAN LORENZO

IN LUCINA 4, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO FANO, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERATE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, UFFICIO PROVINCIALE DI (OMISSIS) TERRITORIO;

– intimata –

avverso la sentenza n. 513/2017 della COMM. TRIB. REG. DI ROMA,

depositata il 13/02/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

25/09/2319 dal Consigliere Dott. COSMO CROLLA.

Fatto

RITENUTO

che:

1. N.A., proprietario di due unità immobiliari site in (OMISSIS) (foglio (OMISSIS) particella (OMISSIS) sub (OMISSIS)) e via (OMISSIS) (foglio (OMISSIS) particella (OMISSIS) sub (OMISSIS)), entrambi ricompresi nella Microzona (OMISSIS) – Centro storico, impugnava davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma l’avviso di accertamento catastale ai sensi dell’art. 1, comma 335, con il quale venivano innalzate le precedente classi da 5 a 13 e da 4 a 10 con conseguente aumento della rendita catastale da Euro 1.117,66 a Euro 3.743,54 e da Euro 5.763,97 ad Euro 14.277,45.

2. La CTP accoglieva il ricorso ritenendo legittimo l’operato dell’Ufficio.

3. La sentenza veniva impugnata dal ricorrente e la Commissione Tributaria Regionale del Lazio rigettava l’appello rilevando che l’avviso era sufficientemente motivato in quanto dava conto della normativa applicata (L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335) ispirata a finalità perequative, del procedimento seguito e della circostanza che l’immobile si trovava in una zona della città che si era rivalutata per effetto della sua espansione e della presenza di infrastrutture.

4. Avverso la sentenza della CTR ha proposto ricorso per Cassazione la parte privata affidandosi a tre motivi; l’Agenzia delle Entrata si è costituita depositando controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. I motivi articolati dal ricorrente denunciano violazione e falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 97 Cost., della L. n. 311 del 2004, art. 1, nn. 335 e 336, della L. n. 212 del 2000, artt. 7 e 10, degli artt. 2697 e 2698 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Le censure mosse all’impugnata sentenza possono così riassumersi a) errato riconoscimento della conformità a legge, contrariamente al costante insegnamento del Supremo Collegio, del procedimento di revisione catastale seguito dall’Agenzia del Territorio fondato sull’asserita rivalutazione della microzona nel suo complesso senza tener conto dei caratteri specifici delle singole unità immobiliari ed in particolare delle modifiche di tipo edilizie intervenute; b) omesso rilievo dei vizi dell’atto di accertamento relativi all’unità immobiliare con particolare riferimento al difetto di istruttoria, alla mancanza assoluta di motivazione ed alla omessa valutazione e comunicazione al contribuente dei documenti rilevanti ai fini del riclassamento; c) erronea ripartizione dell’onere probatorio; d) mancata rilevazione nell’impugnata sentenza di un adeguato termine di comparazione.

2. Vanno disattese le eccezioni di inammissibilità dei motivi del ricorso in quanto il contribuente, pur in modo non lineare e indicando in qualche caso non appropriate norme processuali asseritamente violate, ha comunque posto il giudice di legittimità in grado di comprendere il significato e la portata delle censure rivolte alle specifiche argomentazioni della sentenza impugnata.

3. Le censure contenute nei motivi di impugnazione possono essere scrutinate congiuntamente in quanto strettamente connesse vertendo tutte sulla questione della legittimità del provvedimento di revisione parziale del classamento delle unità immobiliari di proprietà privata site in microzone comunali sia sotto il profilo della violazione delle specifiche norme di settore sia sotto quello della violazione del più generale principio, sancito dalla L. n. 241 del 1990, art. 3, comma 1 e della L. n. 212 del 2000, art. 7, dell’obbligo di motivazione.

3.1 I motivi sono inammissibili per carenza di specificità ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6.

3.2 Con riguardo all’avviso di accertamento -questa Corte ha costantemente affermato che: “In base al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, sancito dall’art. 366 c.p.c., nel giudizio tributario, qualora il ricorrente censuri la sentenza di una commissione tributaria regionale sotto il profilo del vizio di motivazione nel giudizio sulla congruità della motivazione dell’avviso di accertamento, che non è un atto processuale ma amministrativo, è necessario che il ricorso riporti testualmente i passi della motivazione di detto avviso, che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi, al fine di consentire la – verifica della censura esclusivamente mediante l’esame del ricorso” (cfr. tra le tante Cass. n. 24510/2018, 16147/2017). Lo stesso principio vale anche per le doglianze di violazioni di legge che involgono direttamente l’avviso di accertamento (cfr. Cass. 25917/2017). Nella fattispecie in esame il ricorrente non solo non ha provveduto a trascrivere nel ricorso, a corredo dei motivi, come era suo onere ai fini dell’autosufficienza, i passi dell’avviso di accertamento nei suoi contenuti ma non ha neanche richiamato una sua eventuale allegazione all’interno del fascicolo di parte in tal modo impedendo a questa di Corte di verificare le dedotte carenze motivazionali e violazioni di legge.

4. Ne consegue che il ricorso va dichiarato inammissibile.

5. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che si liquidano in Euro 2.050, oltre ad eventuali spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 25 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 novembre 2019

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